Piero della Francesca
Piero della Francesca (Sansepolcro (1415/20-1492) fu una figura cardine della pittura rinascimentale per il rigore della stesura prospettica e la geometrica e quasi astratta perfezione dei volumi, immersi in una luminosità diffusa e sottile. Per primo in Italia utilizzò la tecnica della pittura a olio, importata dagli artisti fiamminghi.
Le prime opere
Compì un lungo soggiorno a Firenze dove completò la sua formazione collaborando, nel 1439, con Domenico Veneziano, agli affreschi perduti del coro di S. Egidio. Le prime opere, collocabili prima del 1450 (S. Gerolamo e un devoto, Venezia, Gallerie dell'Accademia; Battesimo di Cristo, Londra, National Gallery; i pannelli con la Crocifissione e i SS. Sebastiano e Giovanni Battista, facenti parte del Polittico della Misericordia, Sansepolcro, Pinacoteca, commissionato nel 1445, ma compiuto solo nel 1462), dimostrano da un lato l'assimilazione del plasticismo di Masaccio, del rigore prospettico di F. Brunelleschi e L.B. Alberti, della luminosità cromatica del Beato Angelico e di Domenico Veneziano, dall'altro lato l'emergere del personale modo espressivo dell'artista.
I soggiorni presso le corti signorili
Intorno al 1450 l'attività di Piero si fece particolarmente intensa: fu prima a Ferrara, dove la sua opera, perduta, influenzò nettamente la cultura locale, poi a Rimini, dove lasciò nel Tempio Malatestiano l'affresco votivo col ritratto di Sigismondo Pandolfo Malatesta (1451). Nel 1452 subentrò nella decorazione ad affresco del coro di S. Francesco ad Arezzo, con vicende della Leggenda della vera Croce. Intorno a questi anni si collocano i rapporti di Piero con la corte di Federico da Montefeltro a Urbino, uno degli ambienti più colti e aperti d'Italia, nel quale l'artista lasciò, nel giro di un ventennio, alcune delle sue opere di maggior prestigio: la tavoletta con la Flagellazione di Cristo (1455-60) e la più tarda Madonna di Senigallia, risalente al 1470 (ambedue conservate a Urbino, Galleria nazionale delle Marche); lo straordinario dittico coi Ritratti dei duchi di Montefeltro (1465, Firenze, Uffizi), con scene dei Trionfi dei duchi dipinte sul retro delle tavole; infine la Sacra conversazione (ca 1472-74, Milano, Brera). In queste opere la straordinaria finezza della stesura pittorica e l'acutezza descrittiva dei particolari rivelano l'attenzione con cui Piero guardò alle esperienze fiamminghe, con le quali entrò in contatto alla corte di Urbino, e che più intensamente rievocò nella tarda Natività (ca 1475, National Gallery di Londra). Lungo l'arco dei soggiorni urbinati si collocano altre opere, in particolare, per la città natale, la Madonna del parto (ca 1460, Monterchi, cappella del cimitero) e la Risurrezione di Cristo (1463-65, Sansepolcro, Pinacoteca). Svolse anche attività di teorico, scrivendo il trattato De prospectiva pingendi (1490 ca) e il libretto De quinque corporibus regularibus (dopo il 1492).