Libertà e sperimentalismo del Rinascimento
La libertà, l'autonomia, il vivace sperimentalismo con cui vennero interpretati i termini fondamentali della cultura rinascimentale determinarono una molteplicità di espressioni dell'arte fiorentina, che a rigorose esperienze prospettiche (Andrea del Castagno) affiancò tendenze più moderate (Lorenzo Ghiberti, i Della Robbia, Michelozzo, Beato Angelico), o anche varianti eterodosse (Paolo Uccello). Tutte le meditazioni e le conquiste attuate dai creatori dell'arte fiorentina trovarono una codificazione nell'opera teorica di Leon Battista Alberti, tra i maggiori promotori della prestigiosa diffusione dei modi dell'arte fiorentina in tutta Italia.
Lorenzo Ghiberti
Lorenzo Ghiberti, vissuto a Firenze (1378-1455), fu scultore, orafo, architetto, pittore e scrittore d'arte. Svolse la sua attività di scultore principalmente nei cantieri artistici fiorentini dando vita a una propria bottega; ma compì anche viaggi a Pisa (1416) a Roma (1416 e 1429-30), Venezia (1424-25) ed eseguì due formelle per il fonte battesimale di Siena. Come architetto partecipò al concorso per la cupola di S. Maria del Fiore, vinto da Brunelleschi ; come pittore, secondo le fonti, eseguì cartoni per le vetrate del Duomo di Firenze. Il suo esordio ufficiale come scultore avvenne al concorso per la seconda porta del Battistero di Firenze (1402), in cui riuscì vittorioso su Brunelleschi, perché il suo stile si ricollegava in parte a quello della prima porta, realizzata da Andrea Pisano. In quell'occasione il programma artistico di Ghiberti era già pienamente delineato su una linea riformista e non rivoluzionaria: il classicismo ghibertiano appare come evoluzione del naturalismo tardogotico fiorentino. Lo sviluppo è evidente nel confronto tra le sue due porte per il Battistero: la prima, quella a nord (1404-23), divisa in 28 riquadri entro formelle polilobate; la seconda, detta "del Paradiso" (1425-52), scompartita in 10 pannelli quadrati su cui si stendono con ampiezza le narrazioni sacre. Analogamente nelle statue bronzee (S. Giovanni Battista, 1412-15; S. Matteo, 1419-22; S. Stefano, 1425-29) per Orsanmichele, prima espressione della rinascita della statuaria classica, si animano di nuova vita le forme più evolute del gotico internazionale. La coscienza del momento storico in cui agiva è evidentissima nella sua opera letteraria, i Commentari, iniziata nel 1447.
Luca Della Robbia
Il nome Della Robbia è legato a una famiglia di scultori e ceramisti fiorentini alla quale appartennero Andrea (1435-1525), Giovanni (1469-1529) e Gerolamo (1488-1566). Ma tra loro Luca (Firenze ca 1400-82) fu di gran lunga il più significativo. Nelle sue sculture in marmo (Cantoria del Duomo di Firenze, 1431-38; Le arti liberali, rilievi alla base del campanile del Duomo, 1437; tomba Federighi in S. Trinità a Firenze, 1554), in bronzo (portale della sagrestia vecchia del Duomo, 1446-69) e nelle raffinate terrecotte invetriate (Madonna della mela, Madonna del roseto al Bargello di Firenze) sono presenti gli stimoli più vivi dell'arte rinascimentale risolti con armoniosa e composta purezza di forme.
Filippo Lippi
Il pittore Filippo Lippi (Firenze ca 1406 - Spoleto 1469), pronunciati i voti nel convento del Carmine nel 1421, si formò sugli esempi del plasticismo di Masaccio e della chiara luminosità cromatica di Masolino (affresco con la Conferma della regola, ca 1432, nel Chiostro del Carmine; Madonna Trivulzio, Milano, Museo del Castello Sforzesco). Dopo un soggiorno padovano (1434-37), realizzò la Madonna di Corneto Tarquinia (1437, ora a Roma, Museo di Palazzo Barberini), che nel risalto linearistico della forma rivela l'influsso di Donatello. Dopo l'Annunciazione di S. Lorenzo, che ha tocchi di fiamminga finezza, e l'Incoronazione della Vergine (1441-47, Firenze, Uffizi), Lippi si accostò al linearismo decorativo di Beato Angelico. Questa fase matura annovera gli affreschi della cappella maggiore del Duomo di Prato (1452-64) e una serie di opere popolarissime (il tondo con la Madonna col Bambino e storie della Vergine, 1452, Firenze, Pitti; la Madonna di Palazzo Medici; la Madonna col Bambino e angeli degli Uffizi). L'ultima sua impresa, gli affreschi nell'abside del Duomo di Spoleto (1467), lo mostrano ancora capace di rinnovarsi, questa volta in direzione botticelliana.
Domenico Veneziano
Domenico di Bartolomeo, detto Veneziano perché forse nato a Venezia (ca 1405), si trovò giovanissimo (1422-25) a Firenze, lì probabilmente conobbe personalmente Masaccio e comprese la portata rivoluzionaria della sua arte, come è possibile notare nell'impianto prospettico e nella struttura dell'Adorazione dei Magi (ca 1430-35, Berlino, Staatliche Museen) e della Madonna del Canto dei Carnesecchi (affresco riportato su tela, ca 1438, Londra, National Gallery). I pochi resti degli affreschi in S. Egidio a Firenze (1439-45), andati distrutti nel Settecento, documentano la concezione monumentale che fu poi sviluppata da Piero della Francesca , suo aiuto nel 1439. Secondo le fonti Domenico Veneziano dipinse numerosi ritratti (l'unico forse a lui attribuibile è il Ritratto di giovane, Monaco, Alte Pinakothek) e molti quadretti di devozione. Fra questi ultimi, gli vengono attribuiti due Madonne (Firenze, collezione Berenson; Washington, National Gallery) e il dittico di Monaco (Alte Pinakothek) raffigurante San Francesco e la povertà e l'Imposizione dell'Ordine. Databile fra il 1440 e il 1450 è la pala per S. Lucia de' Magnoli, con al centro la Madonna in trono con il Bambino e santi (Firenze, Uffizi). Ultima sua opera è l'affresco con i Santi Giovanni Battista e Francesco per S. Croce (ora al Museo dell'Opera di S. Croce a Firenze).
Paolo Uccello
Il pittore Paolo di Dono, detto Paolo Uccello (Pratovecchio, Casentino, 1397 - Firenze 1475) si formò nel gusto di L. Ghiberti e poi a Venezia nell'ambiente dell'ultimo gotico internazionale (1425-30). Realizzò una personale interpretazione del linguaggio di Donatello, Masaccio e Brunelleschi, fondendo in una sintesi irripetibile la semplificazione geometrica delle forme, il rigore matematico delle prospettive e un gusto prezioso del colore. Nel 1425 lavorò come mosaicista in S. Marco a Venezia, ma le sue opere sono perdute. Tornato a Firenze nel 1430, realizzò varie opere di valore: affreschi con Storie della Creazione (Chiostro Verde di S. Maria Novella); affresco a monocromo del Monumento equestre di Giovanni Acuto (1436, Duomo), nel quale l'uso sapiente della prospettiva riesce a dare l'illusione, di una statua equestre reale; S. Giorgio e il drago (1456 ca, Parigi, Musée Jacquemart-André, con altra versione alla National Gallery di Londra); decorazione dell'orologio del Duomo fiorentino (1443) con poderose teste di profeti; affreschi con Storie del Diluvio e di Noè (1447-48, Chiostro Verde di S. Maria Novella); Natività di S. Martino alla Scala (ca 1446) e i tre pannelli celebranti la Battaglia di S. Romano (ca 1456) per Palazzo Medici (ora divisi tra gli Uffizi di Firenze, il Louvre di Parigi e la National Gallery di Londra) che rappresenta la battaglia vinta dai fiorentini sui senesi a S. Romano in un moderno stile cortese, che rispecchiava il gusto in auge negli anni della restaurazione medicea.
Andrea del Castagno
Formatosi nell'orbita di Paolo Uccello e Domenico Veneziano, Andrea del Castagno (Castagno, S. Godenzo, ca 1421 - Firenze 1457) derivò molto da Donatello, accentuando nella sua pittura il plasticismo dei corpi e sottolineando il rude carattere popolare dei suoi personaggi. Documentano la sua prima attività gli affreschi del 1442 nella cappella di S. Tarasio in S. Zaccaria a Venezia. Tra il 1445 e il 1450 eseguì a Firenze l'affresco del refettorio del Convento di S. Apollonia con la Crocifissione, la Resurrezione e la Deposizione di Cristo nel registro superiore e l'Ultima Cena in quello inferiore. Dal 1450 Andrea decorò una loggia della villa Pandolfini a Legnaia, presso Firenze, con una serie di figure di donne e uomini illustri: anche in questi affreschi, ora agli Uffizi, la geometrica spartizione cromatica del fondo fa uscire le figure potenziandone il gesto e l'azione. L'ultima opera di Andrea è l'affresco col monumento equestre a Niccolò Tolentino (1456) in S. Maria del Fiore, che ricorda molto quello di Giovanni Acuto trattato da Paolo Uccello e presenta un accentuato studio lineare in funzione del movimento.