miniatura
IndiceLessico
sf. [sec. XVI; da miniare].
1) L'arte di dipingere ritratti e paesaggi di piccolissimo formato; in origine, l'illustrazione di manoscritti. Concretamente, il dipinto così eseguito; pagina miniata: codice ricco di miniature.
2) Per estensione: A) qualsiasi lavoro eseguito con estrema precisione e raffinata minuzia: quell'intaglio è una miniatura; anche fig., riferito a oggetti, parti del corpo, figure dai lineamenti aggraziati e armoniosi: un viso che pare una miniatura. B) Dimensione ridotta di un oggetto reale rispetto agli altri della stessa specie o di un modello che riproduce in piccolo un oggetto reale (specialmente nella loc. in miniatura): una casa, un aereo in miniatura; un'azienda in miniatura, che, in proporzioni estensivamente limitate, dispone di tutto il necessario alla sua attività.
Arte: dalle origini ai codici miniati
Usata dagli Egizi (tecnica a colori ad acqua su fogli di papiro) accanto ai geroglifici (come “traduzione” per gli illetterati) nel Libro dei morti e nei papiri magici, erotici e satirici (i primi esempi risalgono al sec. XXI a. C.), la miniatura divenne con i Greci illustrazione e decorazione del testo come la intese per secoli la cultura occidentale. Il mondo greco-romano (acquerello su pergamena) illustrò fin dal sec. II a. C. opere di letteratura e trattati scientifici, oltre ai manuali di disegni ornamentali e, dalla fine del sec. IV d. C., i testi biblici ed evangelici. Il primo sviluppo autonomo di una figurazione bidimensionale, raffigurante il divino e stilizzata fino alla staticità iconografica, si ebbe, a partire dai sec. V-VI, a Bisanzio e nelle aree culturali a essa collegate (Siria, Palestina, Armenia, Georgia, centri copti e russo-balcanici), che nel corso dei secoli accolsero spesso numerosi influssi dalla miniatura orientale (Codice Purpureo, Rossano Calabro, Museo diocesano; Omelie di S. Gregorio, Parigi, Bibliothèque Nationale). Pressappoco contemporanea a quella della miniatura bizantina fu infatti la vicenda di quella islamica e indiana. I più antichi esemplari miniati dell'Islam sono copie del Corano trascritte in caratteri cufici, con le testate dei capitoli, terminanti a forma di rosette, decorate dapprima in oro e poi anche con tocchi in altri colori; in seguito, antichi testi di favole, di astronomia, di storia, di medicina vennero illustrati con tecnica abilissima e affascinante cromatismo nei centri di Mosul, Baghdad, Tabriz, Herāt, Shiraz; in India fu particolarmente pregevole la produzione della scuola Moghūl. Un caso a sé rappresenta la miniatura ebraica (sec. X-XV), che raffigurò quasi esclusivamente oggetti e simboli sacri e decorò i suoi codici con arabeschi, foglie, fiori e animali, riferendosi spesso, specie nel periodo spagnolo, all'arte islamica. In Europa, fra i sec. VI e VIII, si svilupparono numerose scuole di miniatura (merovingica, lombarda, visigotica) che si limitavano alla decorazione della pagina e dell'iniziale con motivi zoomorfi di gusto barbarico disegnati a penna e colorati con una ristretta gamma di tinte. Una splendida fioritura ebbe, in Irlanda e in Inghilterra, la cosiddetta miniatura iberno-sassone, che decorava iniziali, bordi e intere pagine con intrecci complicati di motivi anche geometrici, in cui si inseriscono talvolta raffinatissime stilizzazioni di animali e figure umane (Evangeliario di Kells, Libro di Durrow, Dublino, Trinity College Library; Evangeliario di Lindisfarne, Londra, British Museum). Il codice miniato, eseguito fino a quel momento da monaci e destinato ai riti sacri del convento o a qualche alto prelato, per l'impulso diretto della corte carolingia (e in misura minore di quella ottoniana) fu un importante veicolo di diffusione nella cultura medievale. Evangeliari, bibbie e salteri venivano illustrati con scene dell'Antico e del Nuovo Testamento, spesso inscritte nelle iniziali riccamente decorate, con una gamma di colori sempre più ricca e brillante; ma è soprattutto importante la riesumazione della figurazione classica abbinata a quella bizantina: una sintesi che portò a grandiosi effetti di monumentalità, specie nelle miniature tedesche dell'età ottoniana (sec. X-XI). Ai vari centri franchi e germanici (Aquisgrana, Treviri, Reims, Reichenau, Fulda, Colonia, Ratisbona, ecc.) si aggiunsero gli scriptoria dell'area piemontese-lombarda, che più direttamente si rifecero alla figurazione del mondo romano classico. I vari stili regionali tuttavia si differenziarono nettamente durante il periodo romanico, a iniziare dal sec. XI, in diretto rapporto con lo sviluppo della pittura murale e dell'arte delle vetrate. Comune a tutte le scuole fu la netta preponderanza dell'illustrazione delle scene e degli episodi del testo (secondo una precisa funzione didascalica avallata dalla Chiesa), mentre scomparvero i motivi decorativi. Accanto ai testi per le funzioni sacre (messali, commenti ai testi biblici, omelie, vite dei santi, ecc., spesso di dimensioni enormi) apparvero i primi libri devozionali per privati e i primi codici profani (testi classici, trattati), la cui diffusione provocò la costituzione delle prime botteghe laiche. Nonostante la precisa differenziazione degli stili, le varie scuole miniatorie denotano numerosi influssi reciproci (per esempio a Winchester gli elementi fantastici iberno-sassoni si fondono con le figure allungate tipiche dello stile carolingio); gli scambi culturali ebbero infatti nella miniatura il loro più importante strumento. "Per approfondire Vedi Gedea Arte vol. 3 pp 210-217; 4 pp 122-123" "Per approfondire Vedi Gedea Arte vol. 3 pp 210-217; 4 pp 122-123"
Arte: le scuole miniatorie europee
Nell'età gotica (sec. XIII-XV) la miniatura raggiunse in Europa il suo massimo splendore: i codici miniati, di soggetto sacro e profano, divennero oggetti preziosi (anche nelle rilegature) destinati a un'élite di amatori costituita dai nobili e dai grandi borghesi delle corti; principi come Jean de Berry e Filippo di Borgogna mantenevano al loro servizio interi ateliers di miniatori. La decorazione divenne sempre più ricca e raffinata, basata su complessi intrecci di foglie e fiori; l'iniziale istoriata comprendeva spesso una scena, mentre le sue terminazioni potevano incorniciare l'intera pagina; nelle scene illustrate apparve una sempre maggior ricerca di realismo, assieme all'uso di colori brillanti e vivaci in raffinati accostamenti, impreziositi spesso dall'oro. Delle numerose scuole miniatorie si ricorda quella di Parigi, con Jean Pucelle, A. Beauneveu, J. de Hesdin, che lavorarono anche a Bourges per Jean de Berry, il mecenate dei fratelli Limbourg, considerati i massimi miniatori di tutti i tempi. La miniatura francese e fiamminga della seconda metà del sec. XV rappresenta il diretto antecedente della grande pittura rinascimentale da cavalletto, sia per le ricerche prospettiche sia per la ricerca naturalistica, che si esplica soprattutto nel paesaggio (si ricordano ancora la prima attività dei Van Eyck, Jean Fouquet, Jean Bourdichon, Simon Marmion, il Maestro di Maria di Borgogna). In Italia, dal sec. XIII, furono soprattutto i comuni a dare impulso alla miniatura con le commissioni di registri pubblici e di raccolte di leggi, con una decorazione legata ancora in parte a Bisanzio e soprattutto all'evoluzione della pittura. Le grandi corti rinascimentali ne furono poi gli ultimi, splendidi mecenati. Oltre ai vari pittori che si dedicarono anche alla miniatura. come Lorenzo Monaco e il Beato Angelico, o i vari autori delle tavolette di biccherna, si ricordano Attavante degli Attavanti a Firenze, T. Crivelli a Ferrara, A. Aspertini a Bologna, Giovannino De Grassi. Michelino da Besozzo, C. De Predis e G. A. De Predis a Milano, Giulio Clovio a Roma. Con l'invenzione della stampa, tuttavia, nel sec. XVI l'arte della miniatura decadde rapidamente: dopo un breve periodo in cui alcuni libri stampati, di particolare pregio, vennero ancora decorati a mano, specie in Germania, il rapido diffondersi dell'incisione sostituì definitivamente la miniatura nell'illustrazione e decorazione del libro. Si sviluppò invece il genere della miniatura-ritratto che, dalla metà del sec. XVI, venne eseguita a olio su lastre di rame o altro metallo. In Italia quasi tutti i maggiori pittori manieristi si dedicarono anche a tale genere, iniziato in Francia da Jean Clouet; in Inghilterra, in Germania e nei Paesi Bassi profonda fu l'influenza della ritrattistica di Holbein, di Cranach e poi di Van Dyck. La massima fortuna della miniatura-ritratto, generalmente ad acquerello su avorio (procedimento inventato da Rosalba Carriera), e del paesaggio su oggettini di porcellana si ebbe però per tutto il Settecento e nel periodo neoclassico. Numerosissimi furono i pittori e le pittrici che si dedicarono a questo genere: oltre alla Carriera si ricordano G.B. Lampi, Fragonard, Elisabetta Vigée-Le Brun, G.B. Huet, R. Cosway, F.H. Füger. Anche durante il Romanticismo rimase viva la moda del ritratto in miniatura (in Francia J.B. Isabey e L.A.Z. de Mirbel; in Belgio la scuola di Bruxelles; in Inghilterra E. Miles; in Italia P. Bagatti-Valsecchi) ma il diffondersi della fotografia dopo la metà dell'Ottocento ne soppiantò definitivamente l'uso.
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