Léga Nòrd
movimento politico federalista sorto, inzialmente con la denominazione di Lega lombarda, in opposizione ai partiti tradizionali italiani. In occasione delle elezioni regionali del 1990 la Lega Nord riusciva a cogliere in Lombardia un'importante affermazione. Il suo leader, Umberto Bossi, unico eletto al Senato nel 1987, si faceva portavoce della protesta nei confronti del potere centrale, accusato di penalizzare il Nord a favore delle altre regioni, agitando la bandiera di una revisione costituzionale che dichiarasse conclusa l'esperienza unitaria per dare vita a una forma istituzionale di tipo federativo. Il successo registrato in Lombardia portava il movimento a unirsi ad altre formazioni locali con il simbolo della Lega Nord che alle elezioni politiche del 1992 otteneva un clamoroso successo superando l'8% dei voti a livello nazionale e il 20% nella regione lombarda. Ancora più consistente l'affermazione nelle politiche del marzo 1994 svoltesi con il sistema maggioritario. Nell'occasione la Lega Nord stringeva un accordo con S. Berlusconi e accettava di partecipare a una maggioranza di governo con Forza Italia e il MSI-Alleanza Nazionale. Alcuni contrasti portavano, dopo alcuni mesi, la Lega Nord fuori della maggioranza e provocavano la crisi e le dimissioni dell'esecutivo. Bossi decideva così di appoggiare il governo tecnico di L. Dini, succeduto a Berlusconi nella carica di Presidente del Consiglio. Presentatasi da sola alle amministrative del 1995 la Lega Nord subiva una flessione netta in termini di voti e vedeva molti suoi candidati esclusi dai ballottaggi anche nelle tradizionali roccaforti del Nord. La necessità di recuperare consensi induceva così Bossi a proporre la secessione delle regioni settentrionali (la cosiddetta “Padania”) in caso di mancata riforma in senso federalista dello Stato ed a creare, a Mantova, un Parlamento dell'Italia del Nord in contrapposizione a quello di Roma. Politicamente isolata a causa delle sue posizioni secessionistiche, la Lega Nord si presentava così da sola alle elezioni legislative del 1996 ottenendo una netta affermazione soprattutto nelle regioni del Nord-Est. Timoroso di rimanere schiacciato tra i due schieramenti nazionali, il leader leghista aveva rilanciato per ricompattare il suo elettorato, un'operazione riuscita a giudicare dal fatto che la Lega Nord conquistava un discreto 10,1% (media nazionale). La linea del partito fu confermata dal rifiuto di partecipare ai lavori della Commissione bicamerale per le riforme istituzionali, istituita nel febbraio 1997 per fornire alla Repubblica un assetto di tipo presidenziale, favorendone il bipolarismo e, in prospettiva, lo stesso federalismo, seppure in forme meno radicali di quelle richieste dai leghisti. Gli sbandierati propositi secessionisti e l'autonomia rivendicata, ai limiti dell'isolamento, non sembravano produrre effetti soddisfacenti sul piano elettorale: alle elezioni amministrative parziali dell'aprile-maggio e del novembre 1997, infatti, la Lega Nord risultava esclusa quasi ovunque dai governi cittadini locali. I leghisti, tuttavia, continuavano a godere nel Settentrione di una notevole quantità di consensi dovuti alla frustrazione dei ceti produttivamente attivi, colpiti dalla pressione fiscale dello Stato, favorevoli al federalismo, e piuttosto chiusi, nonostante l'ampio ricorso ai lavoratori provenienti dai paesi poveri dell'Asia, dell'Africa e dell'Est europeo, alla prospettiva di società multirazziale. L'oggettiva convergenza su alcuni temi con Forza Italia, induceva Bossi ad offrire nel 1998 possibili alleanze al Polo delle Libertà, accentuando la polemica contro la sinistra, accusata di nazionalismo e centralismo, e chiedendo in cambio la devolution, ossia la piena autogestione politico-amministrativa del Nord. La strategia di Bossi, spesso sfuggente ed elettoralmente poco remunerativa, faceva crescere il malcontento della base, in particolare dopo il deludente risultato delle elezioni europee del giugno 1999 (4,5% dei voti). L'unica via d'uscita sembrava essere l'alleanza con Forza Italia, di cui la Lega Nord apprezzava il tiepido sostegno al referendum, sostenuto anche da Alleanza Nazionale, per l'abrogazione del metodo elettorale proporzionale nell'attribuzione del 25% dei seggi alla Camera dei deputati (aprile 1999). I leghisti giudicavano positivamente il fallimento, per mancato raggiungimento del quorum, di questa consultazione referendaria ed ancor più l'analogo fallimento di quella del maggio 2000, che vedeva Alleanza Nazionale affiancare i radicali di Marco Pannella nella richiesta di un maggioritario di stampo anglosassone e Forza Italia invece ormai apertamente schierata per il proporzionale. A questa data l'alleanza tra la Lega Nord e il Polo delle Libertà si era in effetti già realizzata, superando le ultime diffidenze del leader di AN Gianfranco Fini e delle formazioni moderate del centrodestra, ed aveva dato prova della sua efficacia alle elezioni regionali dell'aprile 2000, nettamente vinte dal Polo in gran parte grazie al contributo di voti portato dai leghisti. Questo successo elettorale reintegrava appieno i leghisti nella dialettica politica nazionale ed apriva la strada ad un'alleanza strategica Polo-Lega Nord. L'accordo aveva al suo centro la promessa di una rapida devoluzione di poteri alle regioni in caso di vittoria elettorale e di nascita di un governo presieduto da Berlusconi. Nonostante la netta affermazione del centrodestra alle elezioni (maggio 2001), la Lega Nord subiva una pesante flessione; ciò non impediva al partito di impegnarsi in responsabilità ministeriali nel nuovo esecutivo presieduto da Berlusconi. Alle elezioni legislative del 2006 si presentava insieme al Movimento per l'autonomia (Mpa), formazione di liste locali del sud, ottenendo il 4,6% alla Camera e il 4,5% al Senato, mentre alle elezioni di aprile 2008 ottenne un grande successo elettorale con più dell'8%. Nel 2011 cadeva il quarto governo Berlusconi, si insediava il governo Monti e la Lega passava all’opposizione. Nel 2012 il segretario di partito Umberto Bossi si dimetteva a causa di uno scandalo giudiziario che vedeva coinvolta la sua famiglia, e veniva temporaneamente sostituito da R. Maroni, R. Calderoli e M. Dal Lago. Nel luglio 2012 il congresso eleggeva Roberto Maroni segretario di partito. Mel dicembre 2012 Maroni veniva sostituito da Matteo Salvini.
Nel 2013 la lega partecipava alle elezioni politiche coalizzata con il Popolo della libertà e otteneva il 4% dei voti. Alle regionali del 2013 il leghista Roberto Maroni veniva eletto presidente della Regione Lombardia. Nel 2017 Salvini veniva riconfermato segretario di partito. Alle politiche del 2018 la Lega si presentava in una coalizione di centrodestra con Forza Italia, Fratelli d’Italia e Insieme con l’Italia. La Lega otteneva il 17% dei voti, confermandosi primo partito della coalizione, che nel suo complesso otteneva il 37% dei voti, non sufficienti per governare il Paese. La Lega decideva allora di formare un governo con il Movimento Cinque Stelle, guidato da Giuseppe Conte. All’inteno del governo giallo-verde il segretario della Lega Salvini ricopriva la carica di ministro degli Interni. Nel maggio 2019 la Lega otteneva un altro grande successo elettorale alle europee, risultando il partito più votato d’Italia con il 34,4% dei consensi. Nell’agosto 2019, a causa di alcune divergenze con il Movimento Cinque Stelle, Salvini presentava, e poi ritirava, mozione di sfiducia al Presidente del Consiglio Conte. Nel settembre 2019 nasceva un governo formato da Movimento Cinque Stelle e Partito Democratico, guidato ancora da Giuseppe Conte, e la Lega passava all’opposizione. In seguito alla caduta del governo Conte bis avvenuta nel gennaio 2021, la Lega decideva di sostenere il nuovo governo presieduto da Mario Draghi, insediatosi il 13 febbraio 2021.