Aztèchi
IndiceStoria e società
Denominazione storica di una popolazione dell'antico Messico appartenente al gruppo etnico Nahua di lingua nahuatl, i cui discendenti, largamente meticciati con altri gruppi etnici (specie spagnoli), costituiscono la maggioranza dei peones del Messico centrale. Gli Aztechi entrarono nella valle dell'Anáhuac, corrispondente alla parte centrale dell'odierno Messico, nel corso di quelle invasioni dal Nord che intorno al 1100 travolsero la civiltà tolteca e diedero origine al periodo tolteco-chichimeco. Questo, durato circa due secoli, fu caratterizzato dalla formazione di varie città-Stato, quasi tutte nella zona dei laghi Texcoco, Xochimilco e Chalco; ricordiamo tra le più importanti Culhuacán, Texcoco, Azcapotzalco, Tlacopán e infine Tenochtitlán, sede dei Tenochi, o Aztechi veri e propri "La cartina storica Il grande impero azteco ( sec. XIV-XVI) è a pag. 276 del 3° volume." . "Per il periodo del grande impero azteco (sec.XIV-XVI) vedi il lemma del 3° volume." Questa città fu costruita verso il 1325 (secondo Vaillant) o il 1345 (secondo Herring), dopo che gli Aztechi avevano dovuto abbandonare la residenza di Chapultepec, dove si erano sistemati dal 1248. Consci che il futuro della loro comunità sarebbe dipeso da un'oculata scelta di alleanze, sullo sfondo delle rivalità fra le città-Stato della regione, i capi aztechi, associatisi nel 1367 con i Tepanechi di Azcapotzalco, riuscirono a sconfiggere Culhuacán. Primo monarca di cui abbiamo notizia è Acamapixtli (m. 1396), che riuscì a rafforzare il potere degli Aztechi di Tenochtitlán e a dare una prima organizzazione al regno. Trovatisi più tardi a fronteggiare i loro antichi alleati, che agli inizi del sec. XV rappresentavano praticamente la massima potenza dell'Anáhuac, gli Aztechi, sconfitti nel 1418, seppero, grazie a un'abile politica di concessioni, scoraggiare nei Tepanechi ogni interesse a continuare la lotta. Nel 1428, quando Chimalpopoca venne fatto assassinare da Maxtla (o si uccise), gli Aztechi si allearono a Texcoco e Tlacopán e, guidati dal loro nuovo re Itzcoatl (1428-40), mossero guerra ai Tepanechi, distrussero Azcapotzalco e uccisero il loro re (1429). Quel successo militare e politico segnò l'ascesa della potenza azteca. Montezuma I (1440-69) e Axayacatl (1469-81) estesero il dominio, conquistando quelle che oggi sono le città di Puebla e Tehuantepec e, con l'aiuto di Nezahualcoyotl (1431-72), re di Texcoco, mantennero operante la triplice alleanza con quest'ultima e Tlacopán. La struttura interna dell'impero venne ad assumere una più precisa fisionomia, nettamente differenziata dal tribalismo primitivo delle epoche precedenti. Lo Stato era di tipo monarchico, il sovrano era eletto fra gli appartenenti agli strati sociali più elevati, la designazione veniva fatta dai dignitari di corte e successivamente approvata dal popolo di Tenochtitlán. Il re aveva il titolo di tlacatecuhli (capo, signore), che spettava anche al titolare delle maggiori cariche, nei vari settori della pubblica amministrazione, della magistratura, delle forze armate, del clero. Le cariche, in linea di principio personali e non trasmissibili per via ereditaria, passavano spesso dal padre al figlio. La società presentava un impianto verticale: all'apice stavano il re e le supreme gerarchie, alla base i plebei e gli schiavi, fra i due estremi i ceti che oggi sarebbero definiti medi. Ogni uomo era catalogato per il mestiere che svolgeva e, se in teoria poteva aspirare a tutti gli uffici, in pratica era condizionato dalle stratificazioni sociali. Le donne, pur nell'ambito di uno status inferiore a quello degli uomini, godevano di molti diritti. All'istruzione si attribuiva grande valore; funzionavano due modelli di scuole: il telpuchalli, o scuola aperta a tutti, e il calmecac, o scuola di specializzazione per diventare sacerdoti. Importantissima era la categoria dei pochtechi, ossia dei commercianti-viaggiatori, che, specie attraverso le esportazioni e le importazioni, alimentavano i rapporti con il mondo esterno. Ogni città era divisa in distretti (calpulli) e ogni distretto era amministrato da un funzionario di governo (calpullec), eletto o nominato, responsabile di fronte all'autorità centrale. La proprietà era collettiva, nel senso che ciascun calpulli disponeva della terra e degli altri mezzi necessari alla vita della propria collettività, ma veniva riconosciuta anche la proprietà privata. Il re e i dignitari di grado più elevato godevano di privilegi al riguardo e ricevevano inoltre, a titolo di omaggio, beni e servigi ed erano esenti da qualsiasi tributo. L'economia era basata prevalentemente sull'agricoltura e sull'artigianato; il commercio si svolgeva soltanto mediante baratto, la moneta infatti non era conosciuta come mezzo di scambio e il mercato assumeva perciò un ruolo fondamentale, anche ai fini delle reciproche conoscenze. La società azteca seppe esprimere, al culmine del suo splendore, capolavori artistici e letterari, soprattutto nel campo poetico; in essa rimase tuttavia dominante il carattere rigido, militare, che trovò conferma nell'esaltazione del comandante in capo dell'esercito (tlacochcalcatl) e del sovrintendente agli arsenali (tlacateccatl). Militare era, il più delle volte, il primo consigliere del sovrano (ciuacoatl), una specie di viceré dotato di vasti poteri, personaggio che divenne determinante sotto il regno di Montezuma I (il famoso Tlacaélel). Dopo Montezuma I e Axayacatl, con il regno di Tizoc (1481-86) ebbe inizio il processo di decadenza dell'impero: fattore determinante fu il fatto che gli Aztechi non trasformarono la loro entità politico-territoriale in un regno unitario, ma conservarono la struttura dei rapporti di vassallaggio. Ahuitzotl (1486-1502), fratello e successore di Tizoc, tentò invano di introdurre un principio di autorità accentrata e dovette impegnarsi in varie campagne militari per impedire alle genti soggiogate di distaccarsi dal contesto azteco. Quando salì al potere Montezuma II (1502-20) il potere azteco era già minato dalle ribellioni dei vassalli e gli Spagnoli, approdati in Messico nel 1519 al comando di Hernan Cortés, poterono sfruttare la situazione instabile ed ebbero perciò la Conquista facilitata. Montezuma II venne ucciso agli inizi del 1520, per pochi mesi lo sostituì Cuitlahuac, poi lo scettro passò nelle mani di Cuauhtemoc, che difese eroicamente, ma con sfortuna, Tenochtitlán dagli assalti dei conquistadores iberici: cadde prigioniero di Cortés e fu da questi fatto trucidare nel 1525 durante una marcia di trasferimento verso l'Honduras.
Aztechi. Tempio di Tenayuca.
De Agostini Picture Library / G. Dagli Orti
Aztechi. Statua della dea Caotlicue, sec. XV (Città di Messico, Museo Nazionale di Archeologia).
De Agostini Picture Library / G. Dagli Orti
Aztechi. Maschera in alabastro da Tenochtitlán, sec. XV (Città di Messico, Museo Nazionale di Archeologia).
De Agostini Picture Library / A. De Gregorio
Aztechi. Pietra del Calendario (Città di Messico, Museo Nazionale di Antropologia).
De Agostini Picture Library / G. Dagli Orti
Aztechi. Anfora del dio Tlaloc, sec. XV (Città di Messico, Museo Nazionale di Archeologia).
De Agostini Picture Library / A. De Gregorio
Religione: caratteri generali
Il tratto più saliente della religione azteca, quello che più impressionò i cronisti spagnoli, è senza dubbio il sacrificio umano. Un'importante divinità, Xipe, sembrerebbe personificare l'idea stessa del sacrificio umano tipicamente azteco (ossia con esclusione dei sacrifici di bambini agli dei della pioggia, comuni alle regioni andina e mesoamericana). In questo genere di sacrificio si è voluto vedere una specie di mortificazione della materia in vista di una rinascita “spirituale”; e Xipe, in verità, estendeva la sua azione anche alla “liberazione” penitenziale, ottenuta di solito con le scarificazioni. Il tutto è espresso con un simbolismo che accoglieva in modo analogo la sorte della pannocchia di mais, quando, spogliata – o “scorticata” come Xipe, il cui nome significa appunto lo Scorticato, o come la vittima sacrificale umana – mostra l'oro interiore dei grani maturi. Durante le feste di Xipe avvenivano carneficine sacrificali: prigionieri di guerra (di guerre sostanzialmente “rituali”, distinte dalle guerre di conquista), decapitati e scuoiati, erano i “sostituti” dei catturatori che danzavano tenendo in mano le loro teste, mentre le pelli venivano indossate da altri che rappresentavano la condizione migliore ottenuta con la morte. Le carni della vittima erano ritualmente mangiate in un banchetto offerto dal catturatore ai suoi amici. L'identificazione tra catturatore e vittima è rilevata da vari fatti, tra cui: nella formula di cattura il vincitore si dichiarava “padre” del vinto; egli non partecipava al pasto cannibalico (“Dovrei mangiare me stesso?”, diceva); era compianto, quasi fosse colui che doveva morire, e nel corso del rito veniva ornato di paramenti propri delle vittime sacrificali. In tal modo il catturatore subiva, attraverso la vittima, l'esperienza sublimatrice di morte e rinascita. E d'altro canto ai prigionieri sacrificati si prospettava una sorte privilegiata nell'aldilà, pari a quella dei caduti in guerra. Insomma il catturatore otteneva una sua salvezza personale con una cerimonia che affonda le sue radici nella pratica primitiva della caccia di teste e dell'antropofagia rituale. C'è in più l'esperienza politeistica, rivelata dalla presenza di Xipe.
Religione: una " teologia" solare
Un ulteriore sviluppo della pratica in senso politeistico si può chiaramente scorgere a livello del culto pubblico, fondato su una “teologia” solare (equazione di base: Sole=Stato, come presso gli Inca e altrove), nella quale non sono più gli uomini i “cannibali”, ma “cannibale” è il dio Sole a cui è offerto il cuore e il sangue delle vittime. Né le vittime sono più “sostituti” di altri uomini, ma diventano i “sostituti” di divinità che, a turno, come è narrato in un drammatico mito cosmogonico, si sacrificano per dare forza (“movimento”) al Sole. E anche il Sole, in questo stesso mito, è assurto alla sua attuale splendida condizione soltanto dopo essere “morto” volontariamente, gettandosi in un rogo; prima era un dio malato, sifilitico e scabbioso, come talvolta veniva rappresentato anche quel Xipe di cui si è detto sopra. Per dare “movimento” al Sole cade in una festa annuale Tezcatlipoca, grande dio mago, rappresentato per lo spazio di un anno da un giovane scelto nella riserva dei prigionieri nobili. Cade Huitzilopochtli, il dio tribale che avrebbe guidato gli Aztechi alle sedi storiche, anch'egli impersonato per un anno dalla vittima che realizzava il suo sacrificio. Cade la “dea del Sole”, impersonata, durante una cerimonia riservata alle donne, da una fanciulla che viene poi sacrificata. Cade la “Madre degli dei”, rappresentata da una donna costretta a morire lietamente “come se andasse a nozze”; la sua pelle veniva indossata da un giovane che poi celebrava riti nel tempio di Huitzilopochtli; un frammento di coscia serviva a un altro giovane per personificare Centleot, il dio-mais. Insomma tutte le divinità del pantheon azteco venivano idealmente immolate al Sole. Unica eccezione era Quetzalcoatl, il Serpente Piumato. Ma questi più che un dio era un antico eroe cultuale assurto a condizione divina per adattamento al sistema politeistico. Insieme a Tezcatlipoca egli è l'eroe delle azioni cosmogoniche che danno al mondo l'assetto attuale (per esempio la separazione del cielo e della terra). In altre imprese i due si presentano come antagonisti e allora su Quetzalcoatl si polarizzano la saggezza e la benevolenza mentre su Tezcatlipoca la forza bruta (era rappresentato come giaguaro) e il potere magico. D'altra parte sono proprio queste sue qualità “dinamiche” che fanno di Tezcatlipoca una vittima del Sole che ha bisogno della sua forza e dei suoi poteri, ma non ha bisogno della saggezza di Quetzalcoatl. Il dio tribale Huitzilopochtli dona al Sole le sue facoltà guerriere e il suo calore (è il dio dell'estate e del sud); e il Sole che incorpora Huitzilopochtli diventa esso stesso un grande guerriero che scaccia dal cielo la Luna e le stelle. In questa identificazione del tribale Huitzilopochtli con l'universale Sole sta forse il nucleo dell'ideologia azteca che portò questa nazione alla fondazione di un impero e dunque di un universo superetnico dominato dalla loro supremazia etnica. Tale supremazia, sorretta dalle armi, parrebbe il punto di arrivo logico di un popolo cui la religione comandava di far guerra di continuo per procurare vittime umane sacrificali. Si sarebbe avuto così un passaggio dalla guerra rituale alla guerra imperialistica vera e propria, che trovava una società e una cultura perfettamente rispondenti allo scopo. A questo proposito c'è da notare che quando gli Aztechi, consolidata la loro potenza, conclusero trattati di pace con alcuni popoli vicini, si riservarono tuttavia la facoltà di intraprendere guerre al solo scopo di procurarsi vittime sacrificali.
Letteratura
Ultimi venuti sull'altopiano del Messico ed eredi di civiltà anteriori, anche notevolmente sviluppate (Toltechi e Mixtechi, in particolare), gli Aztechi diedero opere originali, sia alle lettere sia alle arti. Il nahuatl era ed è tuttora una lingua agile e ricca, adatta per la sua struttura grammaticale e la fonologia ai parallelismi, alle assonanze e alla retorica “fiorita” e pertanto ai discorsi e alla poesia. Inoltre gli Aztechi, che possedevano un'acuta sensibilità musicale, associarono sempre la musica e la danza alla recitazione dei poemi (il termine cuicaní designava al tempo stesso il poeta e il cantore). Esistevano “case del canto” destinate alla formazione dei poeti-cantori e concorsi di poesia dotati di ricchi premi. Comune era l'uso di declamare poemi alla fine dei banchetti, alla corte e presso le famiglie aristocratiche; molto praticata era anche la poesia corale, a più voci, con prefigurazioni di dialogo drammatico. Alti personaggi, come Nezahualcoyotl, re di Texcoco, non disdegnavano di comporre versi e musiche. Di molta stima godeva anche l'arte oratoria, e tutte le cerimonie pubbliche e private erano sempre accompagnate da discorsi, ammonimenti degli anziani, esortazioni morali, ecc.; e pure largamente coltivate furono la prosa storica (annali pittografici) e quella didattico-narrativa, con particolare predilezione per la favola, l'aneddotica umoristica e il racconto mitologico. Resti di questa ricca tradizione esistono tuttora presso molte tribù indigene messicane, e le ricerche di studiosi come A. M. Garibay hanno riportato in luce molti testi dell'antica letteratura azteca: poemi religiosi e cosmogonici, spesso oscuri perché irti di metafore e di allusioni, espressione comunque di un pensiero teologico ricco ed evoluto; poemi epici in cui si fondevano dati storici e mitologia (particolarmente importanti quelli intorno a Quetzalcoatl, il Serpente Piumato); poemi lirici di ogni genere, che cantavano l'amore, la bellezza della natura e della donna, i fiori, la guerra, la morte, spesso con eleganza e originalità ammirevoli. Particolarmente belle le “elegie” di Nezahualcoyotl, che è stato definito il “Leopardi messicano”. Molti altri testi di grande interesse storico e artistico sono stati trascritti o messi in prosa da cronisti e missionari cristiani subito dopo la Conquista; in particolare da Bernardino de Sahagún, Toribio de Benavente e Bartolomé de las Casas.
Arte
Già nei primi trent'anni del sec. XV gli Aztechi costruivano templi di pietra e alla fine di quel secolo essi erano alla pari, almeno per quanto riguarda l'architettura, con le civiltà che li avevano preceduti. Gli edifici religiosi erano certamente più imponenti rispetto a quelli civili, poiché anche i palazzi in fondo non erano che l'ampliamento del tipo comune di abitazione e rispettavano uno schema con camere rettangolari che si aprono su di un cortile interno. I templi erano costruiti su grandi piramidi tronche terrazzate, in cima alle quali si arrivava per mezzo di una ripida scalinata, fiancheggiata o divisa in due rampe da balaustre, che terminavano nella parte inferiore con la testa del Serpente Piumato. Numerose altre sculture, rappresentanti serpenti o crani umani, ornavano la piattaforma superiore della piramide. Il vero e proprio tempio era costituito da una cella che ospitava la statua del dio e da un'altra cella che serviva agli officianti, davanti alla quale era un altare di pietra. I più importanti templi aztechi si trovano a Tenayuca, Xochicalco e Malinalco; quelli della capitale Tenochtitlán, distrutti dagli Spagnoli all'epoca della Conquista, sono individuabili dalle fondamenta, ritrovate in alcuni casi sotto le abitazioni di Città di Messico. Malgrado la grandiosità degli edifici, l'architettura azteca non presenta particolari elementi di originalità, mentre la scultura a tutto tondo e il bassorilievo sono di livello molto elevato. L'arte scultorea era una produzione a carattere fortemente esoterico, riservata agli iniziati, sacerdoti o divinità. Gli scultori aztechi usarono ogni tipo di materiale ed ebbero un senso della proporzione tale da conferire alla loro produzione una severa monumentalità. Le figure di divinità sono statiche, in posizione eretta o seduta , scolpite con una grande cura dei particolari (quasi sempre legati a simboli di morte) e un certo amore per il macabro e il grottesco. In contrasto con queste rappresentazioni simboliche di divinità (Statua della dea Caotlicue, Città di Messico, Museo Nazionale di Antropologia) vi sono esempi di straordinario realismo in figure animali o umane (Statuetta della dea Tlazolteotl partoriente, Washington, collezione Robert Wood Bliss). Per quanto riguarda i bassorilievi, essi dimostrano una grande maestria compositiva, come si può osservare nella Pietra del Calendario e nella Pietra di Tizoc (Città di Messico, Museo Nazionale di Antropologia), che hanno l'una un significato religioso e l'altra un valore storico (vi sono rappresentate simbolicamente le vittorie di Tizoc). Il disegno e la pittura sono modesti e anche gli affreschi di Tizatlán e Malinalco non sono di qualità superiore ai disegni che si vedono nei codici, che però hanno una certa attrattiva e molti caratteri umoristici. La pittura denota una preferenza per i colori forti, e un tipo di disegno secco e convenzionale. Gli artigiani aztechi fecero anche notevoli lavori nel campo dell'oreficeria, della ceramica (in genere decorata a motivi neri su fondo rosso o arancione), della glittica e dell'arte plumaria (scudi, ventagli, acconciature), ma l'architettura e la scultura costituiscono le manifestazioni artistiche più rappresentative della loro cultura. "Per approfondire Vedi Gedea Arte vol. 10 pp 148-165" "Per approfondire Vedi Gedea Arte vol. 10 pp 148-165"
Per la storia
G. C. Vaillant, Aztecs of Mexico, New York, 1962; G. Silvini (a cura di), L'impero degli Aztechi nella sua tradizione storica, Cinisello Balsamo, 1985.
Per la religione
L. Séjourné, Burning Water. Thought and Religion in Ancient Mexico, Londra, 1958; W. Krickeberg-H. Trimborn-W. Müller, Religioni dell'America precolombiana, Milano, 1966; C. A. Burland, The Gods of Mexico, Londra, 1967; C. A. Burland, W. Forman, Aztechi: mito, storia, civiltà, Novara, 1976.
Per la letteratura
A. M. Garibay, Historia de la Literatura Nahuatl, 2 voll., Città di Messico, 1953; J. Alcina, Floresta literaria de la América indígena, Madrid, 1957.
Per l'arte
J. Soutelle, L'arte dell'antico Messico, Bologna, 1967; G. C. Vaillant, La civiltà azteca, Torino, 1970; J. Bernal, G. Pimentel, M. Simoni Abbat, Il Messico dalle origini agli Aztechi, Milano, 1987; M. E. Miller, L'arte della Mesoamerica. Olmechi, Maya, Aztechi, Milano, 1988; Autori Vari, L'arte del Messico prima di Colombo, Milano, 1988; M. Coe, D. Snow, E. Benson, Atlante dell'antica America, Novara, 1989.