Cortés, Hernán

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conquistatore spagnolo (Medellín 1485-Castilleja de la Cuesta 1547). Figlio di piccoli hidalgos d'Estremadura, studiò a Salamanca; nel 1501 lasciò gli studi con l'intenzione di cercar fortuna in America; stabilitosi nel 1504 a La Española (Santo Domingo), dove divenne encomendero (proprietario di terre e di indios), partecipò (1511) alla conquista di Cuba. Nel 1518 ricevette da Velázquez, governatore di Cuba, l'incarico di guidare una spedizione nel Messico; venuto ben presto in lite con lui per il suo spirito indisciplinato e ardito, Cortes nel febbraio del 1519 partì per la conquista del Messico con ca. 700 uomini. Sbarcato a San Juan de Ulúa il 21 aprile, nelle sue vicinanze fondò Villa Rica di Veracruz, dal cui ayuntamiento (nominato da lui stesso) si fece acclamare capitano generale, sottraendosi così all'autorità di Velázquez. Dopo aver ricevuto gli emissari dell'imperatore Montezuma II, per evitare diserzioni tra i suoi uomini fece affondare (non bruciare, come vuole la leggenda) le navi, arruolò Indios ausiliari e da carico tra i nemici degli Aztechi e partì per la capitale azteca, Tenochtitlán (futura Città di Messico), dove, giunto l'8 novembre, fu ben accolto. Agendo con somma astuzia, conseguì enormi ricchezze e si impose al debole Montezuma. Nel maggio 1520 batté a Cempoala le truppe spagnole mandate contro di lui da Velázquez. Nel frattempo però il malcontento degli Indios era sfociato in un'insurrezione, durante la quale fu ferito lo stesso Montezuma, che morì poco dopo. Cortes, sopraggiunto, non poté salvare la situazione e la notte tra il 30 giugno e il 1º luglio 1520 (la Noche Triste) fu costretto a ritirarsi precipitosamente con gravi perdite. Operando da consumato stratega, egli, nonostante il valore con cui il nuovo imperatore Cuauhtémoc difese la capitale, il 13 agosto 1521 riconquistò Tenochtitlán. Ulteriori e facili spedizioni gli assicurarono il controllo di tutto l'ex impero azteco, ribattezzato Nuova Spagna, di cui riuscì a farsi nominare governatore da Carlo V (1522). Dopo altre imprese nell'America Centrale, Cortes tornò in Spagna (1528) per difendersi dai molti nemici che si era fatto alla corte, e ne ripartì praticamente esautorato, sebbene col titolo di marchese della Valle di Oaxaca e riconosciuto proprietario di 22 paesi e 23 000 vassalli (1530). Nel 1535 esplorò le regioni del golfo di California, poi visse da gran signore fino al 1540, anno in cui tornò in Spagna, dopo nuove e violente liti con il viceré Mendoza (per diminuire il potere di Cortes era stato infatti istituito nel 1535 il vicereame della Nuova Spagna) e altre autorità della colonia; nel 1541 prese parte alla disgraziata spedizione di Carlo V contro Algeri; non ottenne però alcun beneficio e rimase appartato fino alla morte. Per sua volontà, i suoi resti mortali vennero riportati nel Messico. Lasciò quattro Cartas de relación (Rapporti) a Carlo V (1520-26), che sono state paragonate ai Commentari di Cesare, per la loro cauta e incisiva semplicità; ma le polemiche intorno alla sua favolosa conquista, cominciate quando Cortes era ancora vivo, continuano tuttora, fra storici anti- e procortesiani, che mettono in luce le molte, e talora contraddittorie, qualità del conquistatore: l'astuzia, il coraggio, il dominio di sé, la religiosità, la crudeltà (l'esecuzione “a freddo” di Cuauhtémoc ha ben pochi difensori), l'arroganza nella buona come nella cattiva sorte.

Bibliografia

S. De Madariaga, Hernán Cortés, Conquerer of Mexico, New York, 1955; H.-D. Disselhoff, Cortés in Mexico, Monaco, 1957; P. de Boisdeffre, Hernán Cortés, Parigi, 1960; B. Diaz del Castillo, Vera storia della scoperta e conquista del Messico, Madrid, 1965; E. Colombo, Fernando Cortés il conquistatore del Messico, Milano, 1989.

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