Gli imperi coloniali del Sei-Settecento
America Latina
L'Impero coloniale spagnolo possedeva gran parte dell'America meridionale con esclusione dei territori appartenenti ai portoghesi, il Messico e molte isole caraibiche (Cuba, Porto Rico). I domini erano retti da viceré sulla cui attività vigilava il Consiglio delle Indie. L'attività commerciale faceva capo alla Casa de la Contratacion di Siviglia che la gestiva in regime di monopolio. L'attività principale era quella mineraria ed estrattiva che utilizzava il lavoro degli schiavi, importati dall'Africa. Il Portogallo dall'inizio del '500 controllava parte dell'Uruguay e il Brasile (amministrativamente diviso in 12 capitanias) sotto la guida di un governatore generale residente a Bahia e poi di un viceré. La coltura della canna da zucchero, che vi aveva trovato un terreno ideale, aveva portato all'importazione di schiavi africani molto più resistenti alle fatiche degli indios, creando un vario crogiolo razziale. La scoperta delle miniere d'oro, all'inizio del '700 aveva aperto la via alla colonizzazione più intensiva dell'interno. I possessi inglesi nelle Americhe comprendevano anche la presenza nelle maggiori isole caraibiche Barbados e Giamaica utilizzate per la coltura della canna da zucchero e del cotone. La Francia dal canto suo controllava le Piccole Antille: Martinica e Guadalupa nelle cui piantagioni si coltivava zucchero e tabacco con l'impiego di manodopera africana.