La musica strumentale nel XIX secolo
In sintesi
Redazione De Agostini
Mendelssohn | Eclettico e straordinariamente duttile nell'assimilazione di stili disparati, Mendelssohn fu sempre attento all'eleganza formale, incline a un'ispirazione di aerea levità, come emerge nelle musiche di scena per il Sogno di una notte di mezza estate (1842) da W. Shakespeare, o nelle evocazioni paesistiche della Terza sinfonia "Scozzese" (1842). Assai celebre in campo sinfonico è inoltre la Quarta sinfonia "Italiana" (1830-33). Nel campo della musica corale Mendelssohn ha lasciato prove significative con la cantata profana La prima notte di Valpurga (1841; dal Faust di Goethe) e, soprattutto, con i due oratori Paulus (1832-36) ed Elijah (1837-46). Nella produzione pianistica sono particolarmente noti i Lieder ohne Worte (1829-45) e le Variations sérieuses (1841). Da ricordare, inoltre, i 2 concerti per pianoforte e orchestra e soprattutto il celebre Concerto in mi minore per violino (1844). |
Bruckner | Lo spirito pienamente romantico di Bruckner si manifestò compiutamente nel sinfonismo, nel quale diede espressione a slanci eroici e patetici abbandoni lirici, al suo sempre presente misticismo cattolico. Bruckner scrisse in tutto 11 sinfonie, di cui soprattutto le ultime si segnalano per il cromatismo delle soluzioni armoniche e le dilatatissime dimensioni temporali. Fra le composizioni sacre, particolare rilievo assumono le 7 messe (ma importanti sono le ultime 3, le uniche numerate), il Te Deum (1883; 2ª versione 1884), il Salmo CL per soprano, coro e orchestra (1892). |
Brahms | La musica di Brahms, nata da una sorta di ripiegamento rispetto agli slanci eroici e agli ideali della prima generazione romantica, ha come nucleo la forma sonata. Però, rispetto al modello beethoveniano, l'accento non è più posto sulla dialettica tematica, ma sullo spirito della variazione: il discorso fluisce continuo, apparentemente uniforme, e pone in luce ogni sfumatura del materiale tematico, variandolo costantemente. A proposito delle sinfonie, vanno osservati il colore orchestrale, caratterizzato da una densa e suggestiva opacità, e il carattere composito di ciascuna, ricco di chiaroscuri e sfumature. Culmine del sinfonismo brahmsiano è la Sinfonia n. 4 op. 98 (1885), in cui esigenze espressive e rigore costruttivo si fondono più compiutamente. Altri lavori orchestrali della maturità sono il Concerto per violino e orchestra op. 77 (1878), il Concerto n. 2 per pianoforte e orchestra op. 83 (1882), il Concerto op. 102 per violino, violoncello e orchestra (1887) e il Quintetto con clarinetto op. 115. Una chiave essenziale per comprendere il mondo poetico di Brahms è fornita dalle maggiori opere corali: la Rapsodia op. 53 per contralto, coro e orchestra (1869) e il Requiem tedesco op. 45 (1857-68), laica meditazione sulla sorte dell'uomo, analogamente al Canto del destino op. 54 (1868-71). A questi lavori si ricollegano idealmente i Quattro canti seri op. 121 (1896), per voce grave e pianoforte. |
Berlioz | La ricerca di nuove sonorità è alla base delle composizioni di Berlioz, nelle quali la straordinaria invenzione timbrica si impone come gesto di straordinaria eloquenza: ciò è evidentissimo, per esempio, nella celeberrima Sinfonia fantastica (1830). Sono da ricordare inoltre: la "sinfonia in 4 parti" Aroldo in Italia (1834), la sinfonia drammatica Roméo et Juliette (1839), la Grande messa dei morti (1837), la Grande sinfonia funebre e trionfale (1840), il Te Deum (1849), la Dannazione di Faust (1846), le liriche, fra cui in particolare le deliziose Notti d'estate su testi di T. Gautier (1840-41). Di grande influenza sul pensiero musicale ottocentesco fu, inoltre, il fondamentale Grande trattato di strumentazione e orchestrazione moderne, pubblicato da Berlioz nel 1844. |
Franck | Largamente influenzato da R. Wagner e da F. Listz nel campo del poema sinfonico, si mantenne fedele alle forme cameristiche e sinfoniche classiche, sviluppandone i principi costruttivi. A tale scopo adottò la tecnica del procedimento ciclico, consistente nell'utilizzazione di un unico tema convenientemente sviluppato e variato, in forme a più movimenti. Nell'ambito della sua produzione strumentale si ricordano le Variazioni sinfoniche per pianoforte e orchestra (1885), le due pagine pianistiche della maturità, il Preludio corale e fuga (1884) e il Preludio aria e finale (1887), nonché alcuni brani organistici nei quali meglio si realizzò l'equilibrio fra una sensibilità formale di forte impronta classica e accademica e l'istintivo e spesso enfatico abbandono romantico: Grande pièce symphonique, op. 17 (1862), Trois pièces pour grand orgue (1878) e soprattutto Trois chorales (1890). |
Saint-Saëns | Sensibile all'influenza della musica tedesca, si abbandonò tuttavia frequentemente all'effetto e a certo clima salottiero. Fra i suoi lavori teatrali: Sansone e Dalila (1877), considerato il suo capolavoro, Henry VIII (1883) e Déjanire (1911). Compose inoltre musiche di scena, 4 oratori, pezzi vocali-strumentali sacri e profani, poemi sinfonici, tra cui Le rouet d'Omphale (1871), Phaéton (1873) e Danse macabre (1874), 3 sinfonie, 5 concerti per pianoforte, 3 per violino e 2 per violoncello, oltre a molta musica da camera, tra cui Il carnevale degli animali (1886). |
Smetana | Considerato il più grande musicista boemo, pose le basi di un linguaggio musicale nazionale che, pur nel riferimento a moduli formali di H. Berlioz e di Liszt, seppe valorizzare il patrimonio etnico locale. Famoso per il notissimo ciclo sinfonico La mia patria (1874-79), Smetana va ricordato altresì per le opere teatrali I brandeburghesi in Boemia (1866) e La sposa venduta (1866), il primo quartetto d'archi Dalla mia vita (1876-79), i pezzi per violino e pianoforte intitolati Dal mio paese (1878), i Lieder del ciclo Canti della sera (1879). |
Dvorák | La musica di Dvorák si ispirò a diverse componenti: nelle opere migliori, l'equilibrio che si instaurò fra i vari influssi determinò un linguaggio immediato ed espansivo, ma sorretto da un sicuro senso formale. La copiosa produzione di Dvorák ottenne in Europa un crescente successo. Dal 1892 al 1895 diresse il conservatorio di New York: nelle opere scritte durante il soggiorno americano (principalmente la sinfonia Dal nuovo mondo), si avverte la curiosità nei confronti del folclore locale, sia indiano, sia negro. Sono da ricordare inoltre: le 9 sinfonie, le 2 Serenate, la Suite ceca, le due serie di Danze slave, il Concerto per pianoforte op. 33, quello per violino op. 53 e quello per violoncello op. 104. |
Janácek | Cercò nel canto popolare del proprio paese una fonte per rinnovare il linguaggio tardoromantico, assimilando quanto nelle melodie popolari era estraneo alle convenzioni melodiche e armoniche del linguaggio colto europeo. Janácek pervenne alla maturità soprattutto con l'opera Jenufa (1896-1903), che inaugurò la serie dei capolavori teatrali. Soprattutto i lavori dell'ultimo decennio segnarono la conquista di un linguaggio sempre più vicino all'espressionismo, e chiarirono i contenuti essenziali della poetica di Janácek: il suo pessimismo nei confronti della società e il suo anelito a una liberazione in senso panico della natura. Tale tematica è evidente anche nel ciclo di Lieder intitolato Diario di uno scomparso (1917-19). Altre opere fondamentali sono i 2 quartetti (1923, 1928), la rapsodia per orchestra Taras Bulba (1918), la Sinfonietta (1926), la Messa glagolitica (1926). |
Cajkovskij | Tentò una mediazione fra il gusto occidentale e l'ispirazione popolare russa, ma si mantenne sempre fedele a un concetto di bellezza musicale universale. Fra le composizioni degli anni giovanili, quelle più vicine ai temi popolari, svetta l'ouverture-fantasia Romeo e Giulietta (1869-70). Successivamente nacquero il notissimo Concerto n. 1 per pianoforte e orchestra (1874-75), il balletto Il lago dei cigni (1877), la Sinfonia n. 3 op. 29 (1875) e altri lavori. La crisi esistenziale del 1877-78 si accompagnò alla composizione della Sinfonia n. 4 op. 36, dominata da un cupo pessimismo, del Concerto per violino e orchestra op. 35 e dell'opera teatrale Eugenio Onegin (1879). Manfred, sinfonia in 4 quadri da G. Byron (1885), fu la composizione che segnò il pieno recupero da parte di Cajkovskij della propria personalità artistica e della forza espressiva; seguirono le Sinfonie n. 5 e n. 6 (op. 64, 1888; op. 74, 1893) che, insieme alla n. 4, rappresentano i vertici dell'espressione sinfonica di Cajkovskij. Fra le ultime composizioni: i balletti La bella addormentata nel bosco (1888-89) e Lo schiaccianoci (1892). |
Skrjabin | Influenzato nei suoi esordi da Chopin, Wagner e Liszt, ne superò e disgregò il linguaggio nelle composizioni della maturità. Skrjabin giunge alla rottura delle gerarchie tonali mediante un'organizzazione del proprio linguaggio armonico-melodico sulla base di sovrapposizioni di quarte (che formavano l'"accordo mistico"); ma anche per altri aspetti le sue ultime opere parteciparono del clima espressionista. Vanno ricordate soprattutto le 10 Sonate (e numerose altre composizioni) per pianoforte; il Poema dell'estasi (1905-07) e Prometeo o Il poema del fuoco (1909-10) per orchestra, più significativi delle precedenti 3 sinfonie (tra cui il Poema divino, 1905). |