Antonín Dvořák
Di umili origini, il ceco Antonín Dvorák (Nelahozeves, Kralupy 1841 - Praga 1904) fu avviato alla musica dal padre, ma poté compiere studi regolari solo a partire dal 1857, grazie all'aiuto finanziario di uno zio. Dopo essersi guadagnato da vivere suonando la viola in orchestrine e, più tardi, nell'orchestra del teatro nazionale ceco diretta da B. Smetana, nel 1874, per intervento di E. Hanslick e J. Brahms, colpiti dal suo grande talento, Dvorák ottenne una borsa di studio dal governo austriaco. Contemporaneamente, le sue composizioni si vennero liberando dagli influssi wagneriani, mentre, accanto all'amore per i classici, il musicista sviluppò un'azione di recupero del folclore slavo. La copiosa produzione di Dvorák ottenne in Europa un crescente successo, fino al trionfo conseguito nel 1884 in Inghilterra, quando andò a dirigervi il suo Stabat Mater. Da allora, i viaggi si fecero sempre più frequenti. Considerato uno dei massimi compositori del suo tempo, Dvorák ebbe un gran numero di riconoscimenti e, dal 1892 al 1895, l'incarico di dirigere il conservatorio di New York. Nelle opere scritte durante il soggiorno americano (principalmente la sinfonia Dal nuovo mondo op. 95, il quartetto op. 96 e il quintetto op. 97), si avverte la curiosità nei confronti del folclore locale, sia indiano, sia negro. Il ritorno in patria (1895) segnò l'inizio dell'ultima fase della sua produzione, caratterizzata da un preminente interesse per il teatro musicale e il poema sinfonico. Insignito della laurea honoris causa dalle università di Praga e Cambridge, fu membro della London Philharmonic Society e, dal 1901, direttore del conservatorio di Praga.
Le opere vocali
Nelle 11 opere teatrali (fra cui Dimitri, Il diavolo e Caterina e soprattutto Rusalka) egli seguì il solco tracciato da Smetana, riesumando temi patriottici e melodie contadine, non senza aderire, tuttavia, alle novità proposte dal grand-opéra francese. Assai apprezzate dai contemporanei furono le sue opere religiose: oltre al citato Stabat Mater op. 58, l'oratorio Santa Ludmilla op. 71, la Messa in re maggiore op. 86, il Requiem op. 89, il Te Deum op. 103 e il Salmo 149 per coro e orchestra; la produzione vocale annovera, inoltre, composizioni profane per coro a cappella, ovvero con accompagnamento orchestrale o pianistico, e una nutrita serie di Lieder e duetti, spesso su poesie ceche, slovacche, serbe, lituane e morave.
La produzione strumentale
Le 9 sinfonie occupano a giusto titolo il primo posto nell'abbondante panorama orchestrale di Dvorák: soltanto le ultime 5 (opp. 60, 70, 76, 88 e 95) vennero numerate, mentre le prime 4 furono pubblicate postume (ne consegue che la popolarissima n. 9, nota come Dal nuovo mondo, è tutt'oggi conosciuta anche come Quinta). Completano il filone sinfonico le 2 Serenate op. 22 e 44, la Suite ceca op. 39, le due serie di Danze slave op. 46 e 72 (originariamente per pianoforte a 4 mani), 5 ouverture (fra cui Husitská op. 67 e Carnevale op. 92), 5 poemi sinfonici e alcuni lavori per strumenti solisti e orchestra, fra cui emergono il Concerto per pianoforte op. 33, quello per violino op. 53 e il celeberrimo Concerto per violoncello op. 104. Quanto alla produzione cameristica, essa comprende trii con pianoforte (celebre l'op. 90 Dumky), quartetti con pianoforte o per soli archi, quintetti con o senza pianoforte e un sestetto per archi. Sono da ricordare, infine, le composizioni per violino o violoncello e pianoforte e quelle per pianoforte solo, per lo più in forma di danza o di pezzo caratteristico, come i Furianty op. 42, i Valzer op. 54, le Umoresche op. 101 e le Leggende a 4 mani, poi trascritte per orchestra.