Pëtr Il'ič Čajkovskij
Pëtr Ilic Cajkovskij (Kamsko-Votkinsk, Vjatka 1840 - San Pietroburgo 1893) iniziò presto gli studi musicali sotto la guida della madre, buona pianista dilettante, ma fu avviato dal padre agli studi di diritto. Abbandonato l'impiego presso il ministero della giustizia, nel 1861 si iscrisse ai corsi della Società Musicale Russa, divenendo allievo di A.G. Rubinstein, e si mantenne dando lezioni private fino al 1866, quando, diplomatosi, ebbe la cattedra di armonia presso il conservatorio di Mosca, appena fondato. Lasciò l'insegnamento nel 1877, quando una sua fervente ammiratrice, con cui ebbe un intenso carteggio, gli offrì un assegno annuo che gli permise di dedicarsi liberamente alla composizione. Nello stesso periodo tentò il matrimonio con una giovane alunna del conservatorio, ma l'unione fallì entro breve tempo per le invincibili tendenze omosessuali di Cajkovskij che, disperato, tentò il suicidio e si riprese con grande fatica da uno stato di profonda prostrazione. Negli anni successivi visse spesso all'estero, fra l'altro anche in Italia. Dedicatosi, inoltre, alla direzione d'orchestra, svolse fortunate tournée in Europa e, nel 1891, compì un viaggio negli Stati Uniti. Morì nel 1893, durante un'epidemia di colera, ma la sua fine fu molto probabilmente dovuta a suicidio.
Le composizioni giovanili
Formatosi in un clima musicale dominato da M.I. Glinka e A.S. Dargomizskij, fu inizialmente influenzato soprattutto da quest'ultimo. Fino al 1874 Cajkovskij utilizzò abbondantemente melodie popolari russe e ucraine e temi della storia e della letteratura russa. Questo periodo di impegno nello stile nazionale culminò nell'ouverture-fantasia Romeo e Giulietta (1869-70), in cui il soggetto shakespeariano, suggerito a Cajkovskij da M.A. Balakirev, è sintetizzato musicalmente con incisività e forte passionalità, ma senza eccessi, con una maestria armonica e di strumentazione che rivelano il grande compositore.
La polemica con i compositori nazionali
I rapporti fra Cajkovskij e i compositori nazionalisti del Gruppo dei Cinque furono spesso tesi, malgrado alcune dimostrazioni di stima reciproca, e giunsero all'aperta polemica soprattutto con M.P. Musorgskij, che vedeva in Cajkovskij il tipico esponente del cosmopolitismo musicale moscovita, aristocratico e salottiero. In effetti, Cajkovskij tentò una mediazione fra il gusto occidentale e l'ispirazione popolare russa, ma si mantenne sempre fedele a un concetto di bellezza musicale universale, poggiata su canoni oggettivizzati dalla tradizione, e le potenzialità di innovazione linguistica insite nell'idioma popolare gli rimasero sostanzialmente estranee.
Gli anni di transizione
Gli anni 1874-76 videro il progressivo allontanarsi di Cajkovskij dall'utilizzazione dei temi popolari e la nascita di alcuni dei suoi lavori più noti e riusciti. Del 1874-75 è il Concerto n. 1 per pianoforte e orchestra op. 23, il migliore dei 3 scritti da Cajkovskij per il continuo confronto fra solista e orchestra e per l'instabilità tonale che caratterizza il primo movimento; vi vengono ancora utilizzate due melodie ucraine. Dell'anno successivo è il balletto Il lago dei cigni, rappresentato a Mosca nel 1877 con esiti negativi: la potenza drammatica della musica di Cajkovskij non fu, infatti, capita dal pubblico e solo con la riedizione postuma, nel 1895, per opera del coreografo M. Petipa, ottenne il meritato successo. In quegli anni nacquero ancora la Sinfonia n. 3 op. 29 (1875), la fantasia sinfonica Francesca da Rimini (da Dante, 1876), il Secondo e il Terzo quartetto per archi (op. 22, 1874; op. 30, 1876).
Le opere della maturità
La crisi esistenziale del 1877-78 si accompagnò alla composizione della Sinfonia n. 4 op. 36, dominata da un cupo pessimismo, del Concerto per violino e orchestra op. 35 e dell'opera teatrale Eugenio Onegin, su libretto tratto da A.S. Puskin, rappresentata a Mosca nel 1879, che presenta composite influenze russe, italiane e francesi, in cui si innesta un'abile e convincente caratterizzazione psicologica dei personaggi.
Seguì un periodo di stasi creativa, in cui l'aspirazione a una perfezione formale aulica prese spesso il sopravvento sull'invenzione, che resta rimarchevole laddove l'espressione assume toni elegiaci. Sono di questo periodo la Grande sonata per pianoforte op. 37, il Concerto n. 2 per pianoforte e orchestra op. 44, il Trio con pianoforte op. 50 (1882) e le opere La pulzella d'Orléans, da F. Schiller (1881), e Mazeppa, da Puskin (1885), oltre ad altre composizioni per orchestra e per pianoforte.
La composizione che segnò il pieno recupero da parte di Cajkovskij della propria personalità artistica e della sua forza espressiva può essere considerata Manfred, sinfonia in 4 quadri da G. Byron (1885). Seguirono la Sinfonia n. 5 op. 64 (1888) e la Sinfonia n. 6 op. 74 "Patetica" (1893) che, insieme alla n. 4, rappresentano i vertici dell'espressione sinfonica di Cajkovskij; la loro struttura melodica è continuamente attraversata da violenti contrasti: la musica è a volte violenta, a volte lamentosa.
Il ritorno all'opera produsse La dama di picche, ancora da Puskin (1892), di livello pari all'Onegin; nel campo del balletto nacquero La bella addormentata nel bosco (1888-89) e Lo schiaccianoci (1892), non dissimili per stile e struttura dal giovanile Lago dei cigni. Fra le ultime composizioni sono ancora da annoverare l'opera in 1 atto Jolanta (1892), il Concerto n. 3 per pianoforte e orchestra op. 75 (1893), le musiche di scena per Amleto di W. Shakespeare (1891), la ballata sinfonica Il voivoda da A. Mickiewicz (1891) e il sestetto per archi Souvenir de Florence op. 70 (1890).