Art Tatum, funambolo dell'improvvisazione
Semicieco dalla nascita, Art Tatum (Toledo, Ohio 1910 - Los Angeles 1956) trascorse la giovinezza dedicandosi a uno studio ossessivo. Formatosi nei tardi anni Venti, quindi in pieno classicismo jazzistico, Tatum oltrepassò in breve i canoni propri di quel tipo di pianismo (pur rimanendo sempre debitore, per sua stessa ammissione, verso Fats Waller), costruendo un proprio classicismo personale, non tale, tuttavia, da impedirgli di intuire e prefigurare alcuni elementi poi sviluppati dal maggior pianista bop, cioè Bud Powell. A 15 anni era già un formidabile virtuoso, ma si perfezionò ancora, fino a padroneggiare la più stupefacente tecnica che mai pianista jazz abbia posseduto. La sua concezione armonica era, già all'epoca delle sue prime esibizioni all'Onyx Club, sulla 52a, di gran lunga più avanzata di qualunque altro pianista jazz. La straordinaria padronanza tecnica della tastiera con entrambe le mani gli consentiva di intersecare più linee melodiche parallele, convergenti o incrociate, così come arpeggi estremamente complessi, il tutto a una velocità impressionante. Molto efficace anche sotto il profilo ritmico, di raffinata eleganza, Art Tatum dischiudeva al pianoforte orizzonti fino a quel momento insospettabili anche per temi che parevano consunti dalle mille e mille riletture, il che lo poneva al centro di un'ammirazione senza riserve da parte dei colleghi, che, di conseguenza, non amavano troppo esibirsi in sua presenza. Lo stesso Fats Waller, che pure lo adorava, evitava di suonare di fronte ad Art Tatum. Nel 1932 incise i primi dischi con la cantante A. Hall. Da allora si esibì sempre da solo, con rare eccezioni, tra cui un fortunato trio stabile (1943) con il chitarrista Tiny Grimes in seguito sostituito da Everett Barksdale e con il contrabbassista Slam Stewart, inventore del celebre talkin' bass, fondato sul curioso effetto ottenuto doppiando, in assolo, con la voce ma un'ottava sopra, il suono dello strumento ottenuto usando l'archetto. Su alcuni canovacci prediletti (Yesterdays, Begin the Beguine, Someone to Watch over Me) pervenne nel tempo a un'improvvisazione ideale, sintesi delle precedenti, che poi ripeté sempre a memoria. Amò anche suonare alcuni classici (A. Dvorák, Humoresque n. 7; J. Massenet, Elégie), del tutto trasfigurati dal suo genio creativo. Compose pochissimo: esercitò, piuttosto, su materiale altrui la sua arte. In ultima analisi, la figura di Tatum si pone come la presenza più illustre sotto il profilo estetico e al tempo stesso come una delle più sfuggenti sul piano stilistico, nella sua adesione a questa o a quella scuola. Dotato di un'immaginazione incomparabile, Tatum fece spesso ricorso all'interruzione del ritmo di base, come già faceva Hearl Hines, ma realizzò ciò con maggiore maestria tecnica, sospendendo la pulsazione, ma sempre presupponendola come un respiro, un soffio interno alle sue spesso acrobatiche evoluzioni, che conducevano a effetti di grande raffinatezza e originalità. Un senso ritmico mai ovvio, la densità e la ricchezza sul piano armonico e la capacità veramente sorprendente nell'intersecare più linee melodiche simultaneamente ci consegnano un improvvisatore di grandissima statura. La sua improvvisazione non si dipana semplicemente attraverso sequenze di accordi più o meno lontane dal reticolato previsto dalla partitura originaria del tema: egli crea una struttura armonica nuova, che in ogni caso non tradisce mai la logica e la coerenza interna all'evoluzione tematica e armonica.