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- Roth, il romanzo
Roth, il romanzo
L'itinerario di Roth comincia con la fine di una guerra perduta, con la dissoluzione di un impero e con la disgregazione di una coralità umana e religiosa, quella dell'ebraismo orientale; la sua narrativa inizia idealmente dopo quel diluvio biblico e insieme squallidamente moderno con quale egli, nel suo tardo romanzo Die Kapuzinergruft (La cripta dei cappuccini, 1938), ha raffigurato simbolicamente l'esordio della grande guerra: “Cominciò a piovere. Era un giovedì. Il giorno seguente, dunque venerdì, il proclama era già affisso a tutti gli angoli delle strade. Era il manifesto del nostro vecchio imperatore Francesco Giuseppe, e cominciava: 'Ai miei popoli'”. [...] L'immagine di quell'opaca pioggia che cancella le parole si pone [...] come l'ideale punto di partenza di Roth, il cui narrare comincia dunque quando non si possono più raccontare storie, quando l'epica è tramontata e la vita non si lascia più ridurre e salvare nel filo del racconto. [...]
La grande guerra, e cioè la dissoluzione dell'impero asburgico identificata a sua volta con la disgregazione dello shtetl ebraico-orientale, non costituisce soltanto il centro della narrativa di Roth, cui egli si rifà per descrivere lo squallore successivo o per rievocare una precedente armonia che finisce tuttavia per rivelarsi anch'essa illusoria e chimerica. Accanto al normale trauma per la fine di un mondo, che implica abbastanza ovviamente la legittima ricerca di un tempo perduto e l'aggressivo confronto col tempo presente, per Roth la caduta iniziale comporta delle conseguenze più profonde. Nella fine alla quale egli è sopravvissuto per raccontarla egli scorge la fine di un imperium, di una ecumene di legami e rapporti che consentiva la comunicazione di affetti e sentimenti e la trasmissione di valori, che permetteva quindi l'epica come gerarchia di significati, ordine di vicende e mediazione di tale patrimonio nell'armonia del racconto.
Claudio Magris, Lontano da dove. Joseph Roth e la tradizione ebraico-orientale, Einaudi, Torino 1982, pp. 15-16.