Un'eterogeneità di voci
Verso la fine dell'Ottocento una nuova immigrazione si riversò sulle coste americane. Fino ad allora le popolazioni immigrate, seppur diverse per lingua e religioni, appartenevano tutte al comune ceppo anglosassone (irlandesi, scozzesi e tedeschi); la nuova ondata era invece composta da italiani, ebrei dell'Europa Orientale, slavi, greci, turchi, cioè da popolazioni assai lontane da quelle anglosassoni. Era quindi inevitabile che questo incredibile afflusso di persone (tra il 1880 e il 1910 entrarono negli Stati Uniti più di 17 milioni e mezzo di immigrati) portasse a tensioni di tipo sociale e culturale. In molti settori di questa composita realtà apparve evidente (e lo è ancora oggi) la ricerca di un'identità socio-culturale e la conquista di uno stile.
I trent'anni a cavallo fra Ottocento e Novecento segnarono così una svolta decisiva nella nascita di un'identità ebraica in America. Il più abile portavoce della cultura ebraica formatasi negli Stati Uniti fu Abraham Cahan (1860-1951), giornalista, scrittore, sindacalista attorno al quale, soprattutto nel Lower East Side di New York, operò un ambiente artistico assai vivace di drammaturghi, giornalisti, militanti socialisti o anarchici. Dopo Cahan molti furono gli scrittori ebraici americani a riscuotere una certa popolarità, fino a Henry Roth negli anni Trenta.
Si delineò, soprattutto negli stati del Sud e tra difficoltà enormi, un'intellighenzia fra la popolazione nera, liberata dai vincoli dello schiavismo ma comunque ancora discriminata nei diritti ed emarginata socialmente e culturalmente. Ne fu espressione lo scrittore e saggista William E.B. Du Bois (1868-1963), militante di punta di quei movimenti che, a partire dagli anni Venti del Novecento, diedero una spinta decisiva all'emancipazione del popolo afroamericano con una serie di indagini storico-sociologiche e di romanzi.