Americani a Parigi
Un ruolo importante fu svolto dagli americani a Parigi durante gli anni Venti: qui si veniva scoprendo una gioia di vivere al di fuori degli schemi moralistici e si poteva assimilare, a contatto con la ricca varietà della cultura francese, un senso di raffinatezza più specificamente "estetica", letteraria. Ambasciatrice di nuove tendenze in Europa e divulgatrice delle avanguardie in America, continuando una tradizione che aveva già visto coniugarsi in Whitman americanità e sperimentazione, fu Gertrude Stein.
Gertrude Stein
Gertrude Stein (1874-1946), nata ad Allegheny in Pennsylvania da una famiglia ebraica di origine tedesca, seguì corsi universitari di filosofia, di psicologia sperimentale e di medicina. Nel 1903 si recò con il fratello Leo a Parigi, dove divenne grande amica di Matisse, Braque e Picasso e fece della sua casa il punto di passaggio obbligato per tutti gli artisti americani che vivevano nella capitale francese.
La prima fase della sua produzione fu caratterizzata dall'influenza del positivismo, del realismo e dai modelli di G. Flaubert e H. James in opere come Quod erat demonstrandum (Come volevasi dimostrare, 1903), Three lives (Tre esistenze, 1906) e The making of the Americans (C'era una volta gli americani, 1906-11). Nel tentativo di ricreare il corrispettivo letterario dell'arte africana, che in quegli anni veniva presa a modello dalle avanguardie figurative, la Stein inaugurò la narrativa colloquiale americana, spianando la strada alle nuove generazioni di scrittori. L'incontro con Picasso e i cubisti (1906) segnò una nuova fase che si concluse nel 1933 con la prima autobiografia. Ne facevano parte Portraits and prayers (Ritratti e preghiere, 1934), le poesie di Tender buttons (Teneri bottoni, 1911-12) e le pièce teatrali. L'ultima fase si aprì con The autobiography of Alice Toklas (L'autobiografia di Alice Toklas, 1933), in cui la scrittrice costruisce con travolgente ironia un personaggio di donna bizzarra e mascolina, fornendo al tempo stesso un quadro assai vivace di quel periodo del Novecento. Le successive opere autobiografiche ruotavano attorno al tema dell'identità dell'artista. Nelle Lectures in America (Conferenze in America, 1935) la Stein illustrava le sue teorie sull'arte della scrittura, derivanti in parte dalle concezioni estetiche di W. James e in parte dalla nozione del tempo come durata elaborata dal filosofo H. Bergson, teorie che possono essere considerate una variante della modalità narrativa detta "flusso di coscienza". Famosa è rimasta la definizione di "generazione perduta" da lei data a Hemingway, Fitzgerald e agli altri autori di quegli anni. Peraltro, fu proprio lei ad approvare i primi racconti di Hemingway e a confermargli il talento di autentico scrittore.
Sherwood Anderson
Sherwood Anderson (1876-1941), nato nell'Ohio, irrequieto nell'esercizio precoce di vari mestieri (si arruolò anche per partecipare alla guerra di Cuba del 1898), si recò a Parigi, dove incontrò la Stein. Raggiunse una controversa ma solida notorietà con Winesburg, Ohio (Racconti dell'Ohio, 1919), raccolta di ventisei racconti ambientati nella grigia provincia del Middlewest, nei quali insisteva sugli aspetti più angosciosi della condizione umana: la solitudine, l'abbandono, l'alienazione. Benché i racconti costituiscano ventisei momenti differenti, tuttavia risultano organizzati in una trama unitaria ed equilibrata, perché collegati da un registro stilistico uniforme, da un tema unico e da un personaggio-chiave. La sua scrittura è una considerevole semplificazione del linguaggio, probabilmente dovuta alla lezione di G.Stein. Pur rielaborando materiali e tematiche tradizionali, la raccolta segnò una svolta in direzione sperimentale: la struttura del racconto viene costruita intorno all'alternarsi di crisi ed epifanie, dunque in rottura con la tradizione del canovaccio narrativo. Questa scoperta di nuove possibilità espressive interessò e influenzò un'intera generazione di narratori, primo fra tutti E. Hemingway. Seguirono i romanzi: Poor white (Povero bianco, 1920), Many marriages (Molti matrimoni, 1923), Dark laughter (Riso nero, 1925) e l'autobiografia Anderson story teller's story (Storia di me e dei miei racconti, 1924).