La Fontaine, Perrault, Boileau
- Introduzione
- Jean de La Fontaine
- Charles Perrault
- Nicolas Boileau
- Approfondimenti
- Riepilogando
Jean de La Fontaine
Jean de La Fontaine (1621-1695) fu uno dei maggiori esponenti del classicismo francese, creatore di un'opera poetica di inimitabile trasparenza.
La giovinezza e le prime opere
Nato a Château-Thierry, di estrazione borghese, intraprese gli studi di teologia, che abbandonò per seguire i corsi di diritto a Parigi. Nel 1647 si sposò; nel 1652 acquistò la carica di "Maître des eaux et des forêts" del ducato di Château-Thierry. Si diede a vastissime letture (autori francesi, anche medievali, italiani e latini) e frequentò gli ambienti artistici e letterari di Reims e Parigi, dove si stabilì nel 1658, separandosi dalla moglie. Presentato al ministro delle finanze Fouquet, gli dedicò il poema eroico Adonis (1658), ispirato a Ovidio, ottenendone in cambio una pensione. Nel 1661 Fouquet cadde in disgrazia e venne arrestato; La Fontaine sollecitò invano la grazia nell'Ode au roi (Ode al re, 1663). Alla fine del 1674 pubblicò i Contes et nouvelles en vers (Racconti e novelle in versi), ispirati a modelli italiani, soprattutto Ariosto e Boccaccio. I temi licenziosi (che gli procurarono la condanna reale nel 1675) erano ripresi con una certa freschezza, per quanto soffocata dalla regolarità del decasillabo e dell'ottonario. Tuttavia alcuni racconti sono pregevoli, come il celebre Joconde.
Le "Favole"
Nel 1668 uscirono i primi sei libri delle Fables choisies mises en vers (Favole scelte messe in versi), con le belle illustrazioni di Chaveau. Prendendo le mosse da Esopo, Fedro, da raccolte medievali e rinascimentali, il poeta superò tutti i suoi modelli toccando vertici di elegante brevità, gaiezza, varietà di toni e ritmi. Il successo del libro fu enorme. Mentre preparava la raccolta successiva, morì la duchessa di Orléans (1672), che lo aveva ospitato al suo seguito nel 1664, e La Fontaine si trovò di nuovo senza dimora e risorse. Venne accolto da Madame de la Sablière, che teneva un salotto aperto a scrittori e filosofi, presso la quale rimase fino al 1693. Furono anni tranquilli, privi di preoccupazioni economiche, nei quali pubblicò varie opere, tra cui si ricordano un poema didattico (La Quinquina, 1682), il Discours à Mme de la Sablière (Discorso a Mme de la Sablière, 1684), pronunciato in occasione dell'elezione all'Académie française, la Épître à Huet (Epistola a Huet, 1687), con cui intervenne nella "Querelle des anciens et des modernes" prendendo posizione a favore degli antichi, ma anche di un equilibrato eclettismo. Nel 1679 uscirono altri cinque libri delle Fables, per i quali attinse ad alcune raccolte di apologhi orientali (degli indiani Bidpai e Sâdi). Nel 1693 anche Mme de la Sablière morì e il poeta venne colpito da una grave malattia. Accolto dall'amico d'Hervart, poté completare l'ultima raccolta di Favole (1694) un anno prima di morire a Parigi.
La poetica e lo stile
Prima di La Fontaine la favola era un genere fortemente condizionato dall'intento didattico. Con lui la favola diventa occasione per rappresentare un universo brulicante, con i suoi vizi e le sue virtù, colto con fantasia, partecipazione e umorismo. Alieno dalle asprezze e dal sarcasmo, il poeta rappresenta con tocchi leggeri l'ipocrisia, la violenza, la prevaricazione, allude a temi sociali o all'attualità politica. Il suo moralismo non è sistematico o greve, scaturisce dalla narrazione, con straordinaria naturalezza. Prevalgono un disincanto pacato, una saggezza indulgente e un po' amara, una capacità di cogliere e abbracciare l'esistenza nella sua molteplicità. La sua arte può essere considerata il vertice del classicismo francese: il poeta colse il richiamo alla limpidezza dell'estetica classica, ma seppe mantenersi sovranamente indipendente rispetto alle sue rigide e soffocanti prescrizioni. La lingua è musicale, ricca di vocaboli quotidiani e concreti. La varietà di metri e ritmi, la libertà, l'irregolarità fanno del suo verso uno strumento duttile ed elegante. La sua poesia appare un prodigio di arte, tecnica, studio, portati a un tale livello da diventare invisibili, e scomparire dietro una semplicità raffinata e piacevole: cultura e lirica si compenetrano.