Tra barocco e classicismo
Introduzione
Anche se le tensioni politiche non sono del tutto terminate, basti ricordare le due Fronde (1648-1652), la fine del regno di Luigi XIII e l'età della reggenza di Anna d'Austria segnano l'inizio di un processo di stabilizzazione e di equilibrio. Lentamente si va affermando una nuova concezione della realtà in cui tutto è predeterminato e conoscibile e in cui l'uomo deve solo assecondare la necessità naturale (Descartes) o quella divina (Pascal). Si fanno avanti quella necessità di una riduzione all'essenziale e quel rifiuto di ogni decorazione e abbellimento che saranno peculiari del classicismo. La filosofia, come la letteratura e l'architettura, deve mirare alla verità, rimanendo sobrie, semplici e severe. In questa ricerca a metà Seicento si fronteggiano due correnti di pensiero religioso, la scuola dei gesuiti e quella giansenista.
I primi, in accordo con la politica ottimista della corte, sono favorevoli alla libertà e alla responsabilità umana di stampo umanistico; i giansenisti, invece, credono nella predestinazione della salvezza, in una visione tragica della vita in cui l'uomo peccatore può solo sperare nella grazia divina. All'avanzata delle nuove idee del classicismo non coincide, in poesia e nel romanzo, un altrettanto rapido adeguamento. Il barocco è ancora presente nella scrittura satirica e grottesca (Paul Scarron, Cyrano de Bergerac) e nel preziosismo narrativo (Madeleine de Scudéry) e poetico (Vincent Voiture).