Introduzione
Il Seicento, il Grand siècle, è epoca di contrasti, delimitata cronologicamente da due avvenimenti: l'editto di Nantes del 1598, con cui Enrico IV assicura un periodo di pace religiosa alla Francia, e la morte di Luigi XIV nel 1715, dopo mezzo secolo di regno. All'inizio la Francia è ancora divisa tra cattolici e protestanti, tra poteri feudali e monarchia. L'ascesa della classe borghese favorisce la composizione di queste divisioni nell'assolutismo monarchico, che si afferma dalla metà del secolo dopo aver definitivamente ridimensionato le pretese egemoniche dell'aristocrazia. La prima metà del secolo vede l'affermarsi della letteratura barocca, contraddistinta da una grande libertà espressiva frutto del pluralismo politico e religioso, mentre nella seconda metà il centralismo di Luigi XIV favorisce, mediante accademie, premi, pensioni, il consolidarsi del cosiddetto classicismo (Molière, Racine, La Fontaine, Bossuet) che fissa le norme retoriche nei singoli generi espressivi (orazioni, teatro, poesia), ma anche la lingua francese nelle strutture lessicali e sintattiche che la reggono ancor oggi. Alla fine della rovinosa guerra dei Trent'anni (1648) la Francia si afferma come la nazione più forte d'Europa; questo si traduce in nuove responsabilità politiche e morali che spiegano l'eccezionale fioritura di moralisti (La Rochefoucauld, La Bruyère) e memorialisti (Retz, Tallémant), osservatori attenti e impietosi della vita di corte e del diverso comportamento dei grandi in pubblico e in privato. Le nuove guerre volute da Luigi XIV per espandere il dominio francese e le ricorrenti tensioni interne, spesso mascherate da controversie religiose (giansenismo, quietismo), preparano la strada alla crisi della Reggenza e dell'illuminismo.