Il manierismo romano e la sua diaspora
A Roma, sotto il pontificato di papa Clemente VII (1523-34) furono gli allievi di quest'ultimo ed in particolare Giulio Romano, seguito da Polidoro Caldara da Caravaggio (1495/1500-1546), Perin del Vaga e Giovanni da Udine (1487-1564) a stravolgerne per altri versi la "maniera", in chiave di bizzarria e di estro fantastico, elaborando un tipo di decorazione elegante e gustosa (grottesche). Inoltre a Roma giunsero artisti toscani del calibro di Sansovino, Cellini, Rosso Fiorentino; emiliani come Parmigianino e veneti come Sebastiano del Piombo (1485-1547).
Ma il sacco di Roma del 1527, compiuto dalle truppe di Carlo V nel corso della guerra con la Francia per il dominio dell'Italia, ebbe come conseguenza la diaspora degli artisti, verso l'Italia settentrionale. Ma l'attività artistica non si arrestò; infatti nel 1534 (anno in cui Paolo III Farnese divenne papa) Michelangelo si trasferì definitivamente a Roma e diventò l'indiscusso protagonista della scena artistica.
Giulio Romano
Giulio Pippi, detto Giulio Romano (Roma ca 1499 - Mantova 1546), fu pittore e architetto a Roma tra i più originali allievi e aiuti di Raffaello. La sua mano è presente in numerose opere del maestro, nelle Stanze Vaticane (stanza dell'Incendio di Borgo), nella Farnesina, nelle Logge Vaticane, a Villa Madama, nella parte inferiore della Trasfigurazione (Pinacoteca Vaticana). Nelle opere successive alla morte di Raffaello (Sala di Costantino in Vaticano; Madonne del Prado e di Napoli) appare una sottile divergenza dagli schemi raffaelleschi, mentre contemporaneamente la prima attività architettonica romana (Villa Lante al Gianicolo; Palazzo Maccarani) rivela un analogo atteggiamento nei confronti dei modelli bramanteschi.
Ma con la diaspora degli artisti dopo il sacco di Roma i germi del manierismo si diffusero in tutt'Italia e a Mantova il soggiorno di Giulio lasciò un emblematico esempio di manierismo in architettura e decorazione. Nel Palazzo Tè (iniziato nel 1525) infatti si fondono architettura, decorazione e pittura in cui la corrosiva critica al classicismo si esprime in forme volutamente ironiche (affreschi della Sala di Psiche e della Sala dei Giganti). Gli stessi risultati di ambiguità formale si ritrovano nel cortile della Cavallerizza nel Palazzo ducale e nella ricostruzione del Duomo (iniziato nel 1545).
Parmigianino
Francesco Mazzola, detto il Parmigianino (Parma 1503 - Casalmaggiore 1540), è una figura tra le più originali del manierismo italiano. Partì da premesse stilistiche affini a quelle del Correggio come negli affreschi (1521-24) della Cappella di S. Giovanni Evangelista a Parma, negli affreschi con il Mito di Diana e Atteone (1523 ca, Fontanellato, Rocca Sanvitale). Giunto nel 1524 a Roma, si inserì rapidamente nella cultura raffaellesca e michelangiolesca, fino a giungere a un antinaturalismo tutto intellettuale, basato su forme ovali, allungate, raggelate dai freddi toni cangianti del colore. Le suggestioni romane (Madonna col Bambino e S. Giovannino, Napoli, Capodimonte; Visione di S. Gerolamo, 1527 ca, Londra, National Gallery) furono ulteriormente sviluppate nel periodo bolognese (1528-31), con opere fondamentali per il manierismo emiliano del Cinquecento: la Pala di S. Rocco per S. Petronio, la S. Margherita (1529, Bologna, Pinacoteca), la Madonna della rosa (1531, Dresda, Gemäldegalerie). Tra le ultime opere, la Madonna dal collo lungo (1535, Firenze, Uffizi) e l'Antea (Napoli, Capodimonte).
Perin del Vaga
Il pittore Pietro Bonaccorsi, detto Perin del Vaga (Firenze 1501 - Roma 1547), si formò a Firenze e nel 1515 ca si trasferì a Roma dove entrò nella cerchia di Raffaello, collaborando alla decorazione delle Logge Vaticane e rivelando fin dalle prime opere autonome (affreschi del salone di Palazzo Baldassini) una personalità estrosa e inquieta. Ebbe contatti con l'ambiente del primo manierismo fiorentino (nel 1522-23 a Firenze conobbe Rosso Fiorentino e il Pontormo). Nel 1527 a causa del sacco di Roma, si trasferì a Genova e per il principe Andrea Doria eseguì la decorazione di Palazzo Doria, con i Trionfi, Eroi e la Caduta dei Giganti caratterizzati da un'esecuzione antinaturalistica del tema e dei colori. Tornato a Roma nel 1538, Perin godette di notevole favore presso la corte papale per la quale realizzò gli affreschi della Sala Paolina in Castel S. Angelo.
Federico Barocci
Il pittore Federico Fiori, detto Barocci (Urbino forse 1535-1612), condusse studi sulle opere di Raffaello, Correggio e dei veneti. Operò stabilmente a Urbino. I suoi quadri, quasi tutti di soggetto religioso, sono caratterizzati dalla presenza di numerose figure, dall'abbondanza di particolari e da effetti di colore, fantasiosi e chiari come nella Deposizione dalla Croce (1569, Perugia, Duomo), nel Riposo nella fuga in Egitto (1573, Roma, Pinacoteca vaticana), nella Madonna del popolo (1579, Firenze, Uffizi) e nel Presepio notturno (Milano, Pinacoteca ambrosiana). Notevolissimi sono i suoi numerosi disegni a gessetti colorati, e i bozzetti, mentre l'acquaforte con l'Annunciazione e le incisioni in rame contribuirono all'evoluzione di queste tecniche.
Daniele da Volterra
Daniele Ricciarelli, detto Daniele da Volterra (Volterra 1509 - Roma 1566) fu allievo di Baldassarre Peruzzi e lavorò a Roma nell'orbita di Michelangelo, rimanendo profondamente colpito dal suo Giudizio Universale. Nell’affresco della Deposizione (1541, Roma, Trinità dei Monti) Daniele da Volterra mostra con evidenza la riflessione sulle questioni religiose e formali dell’opera michelangiolesca, oltre che una rilettura, soprattutto in chiave coloristica, di Rosso Fiorentino e del calligrafismo di Perin del Vaga, che si uniscono dando vita ad una interpretazione tesa e drammatica, costituendo un esempio eclatante dello stile della seconda fase della ‘maniera’.