Eugenio Montale: il Poeta disilluso
La vita, le opere e i riconoscimenti (tra cui il premio Nobel) di uno dei più grandi poeti italiani del Novecento.
Eugenio Montale è tra i massimi poeti italiani del Novecento. Con la sua prima raccolta, Ossi di seppia, ha fissato il canone della poetica del negativo. Vincitore del premio Nobel per la letteratura nel 1975, ha coniato l'espressione "male di vivere", diventata di uso comune e di profonda ispirazione lirica.
Chi era Eugenio Montale
Prima del poeta, viene l'uomo: Eugenio Montale riceve i natali da una famiglia della media borghesia genovese. Il suo interesse per la poesia si rivela però in seguito.
Origini
Nato a Genova il 12 ottobre 1896, Eugenio Montale è l'ultimo di sei figli di una famiglia della media borghesia. Il padre Domenico è comproprietario di una ditta di prodotti chimici, la G. G. Montale & C.
Formazione
Montale inizia gli studi presso l'istituto dei padri Barnabiti di "Vittorino Da Feltre". La sua salute precaria lo costringe a intraprendere studi tecnici, invece dei più lunghi classici. Si diploma in ragioneria, ma non smette di coltivare i suoi interessi letterari, attraverso le biblioteche cittadine e le lezioni private di filosofia della sorella Marianna.
Si appassiona a Dante, Petrarca, Boccaccio e D'Annunzio. Si fa influenzare anche dai luoghi, per la precisione le Cinque Terre, dove trascorre le vacanze in famiglia. Sono quelli gli anni di un'osservazione profonda e minuziosa, accostata a sentimenti privati.
Carriera
La carriera di Montale poeta inizia durante la Grande Guerra. Poi viene chiamato come redattore a Firenze, dirige il Gabinetto scientifico letterario G.P. Vieusseux. La sua vita è costellata di incertezze economiche e rapporti sentimentali complicati. Negli anni Cinquanta e fino alla sua morte vive a Milano. Scrive per il Corriere della Sera, occupandosi del Teatro alla Scala. Firma numerosi reportage culturali.
Gli esordi come poeta
Dopo quattro visite mediche, viene dichiarato idoneo al servizio militare. Ottiene il grado di sottotenente di fanteria e chiede di essere inviato al fronte. Sono questi gli anni in cui, nonostante la guerra, prende forma la raccolta Ossi di seppia, che vedrà la luce solo nel 1925. Il volume viene confezionato dopo un'attenta selezione da parte del poeta.
L'antifascimo
Negli anni Venti Montale prende le distanze dal fascismo, sottoscrivendo Il Manifesto degli intellettuali antifascisti di Benedetto Croce. Il suo antifascismo ha una dimensione non tanto politica quanto culturale: esso si nutre di un disagio esistenziale e di un sentimento di malessere nei confronti della civiltà moderna tout court.
Si rinchiude nella provincia ligure e dà sfogo a una sua visione molto negativa della sua vita. Il suo pessimismo, evidente ne La bufera e l'altro, resiste alla caduta del fascismo e si esplicita nel non riconoscersi nei due principali partiti di massa dell'epoca – Dc e Pci – e nella società dei consumi.
Il premio Nobel
Nel 1975 Eugenio Montale riceve il premio Nobel per la letteratura. La motivazione: «per la sua poetica distinta che, con grande sensibilità artistica, ha interpretato i valori umani sotto il simbolo di una visione della vita priva di illusioni».
La poetica di Montale
La poetica di Eugenio Montale sin dall'inizio è connotata dal male di vivere. A questa condizione pessimistica, costante, quasi leopardiana, estesa a ogni ambito della vita, si contrappongono figure di donne "angelicate e angelicanti". L'epifania e la rivelazione sono sempre a portata di mano, anche tra le più piccole cose.
Montale e le donne: "Mosca" e le altre
Le donne sono sempre molto presenti nell'opera di Eugenio Montale. I suoi rapporti complicati con il genere femminile lo portano a includere presenze ispiratrici nelle sue liriche. Leggendone i versi, si possono interpretare come occasioni di salvezza per il poeta.
Tra le figure da ricordare ci sono l'ebrea americana Irma Brandeis, indicata nelle opere con lo pseudonimo di Clizia. In molte poesie incarna la figura salvifica della "donna angelo", del "visiting angel". La si ritrova nelle liriche Le occasioni.
La donna più famosa è Mosca, soprannome usato per Drusilla Tanzi, conosciuta nel 1927 e dal 1962 moglie di Montale. A lei è dedicata la raccolta Xenia. "G.B.H.", misteriosa figura femminile, impiegata di un'agenzia di viaggi, è la protagonista della lirica Trascolorando. Infine c'è Diamantina, identificata in una ragazza che lavorava da un gioielliere romano. Queste figure femminili, nel Diario, sono presenti in poche poesie.
Nessuna di queste donne, tanto meno la domestica Gina, presente in diverse poesie del Diario, ha la forza per riscattare quella realtà negativa, che il poeta sente ovunque intorno a sé.
Le opere
Eugenio Montale ha scritto moltissime poesie, ma nelle sue raccolta ha operato sempre una feroce selezione. Sin dai suoi esordi ha centellinato ciò che riteneva più adatto alla pubblicazione, per esprimere al meglio i temi della sua poetica.
Ossi di seppia, 1925
Questa è la raccolta che segna l'esordio del Montale poeta. Il titolo si riferisce al periodo in cui sono nate le poesie, momento storico in cui la libertà di ogni uomo è stata annientata dalla Grande Guerra. Non rimangono che gli scarti, come gli ossi delle seppie dopo la loro pulizia. Si tratta di liriche che consegnano al lettore sprazzi degli elementi formativi del poeta, cristallizzati. Emerge la negatività contrapposta al miracolo di un'apparizione, spesso femminile.
Le occasioni, 1939
In questa raccolta di 50 poesie si trovano opere già pubblicate in varie riviste. Qui Montale voleva esprimere una nuova visione. Attraverso le occasioni è possibile ricevere un'epifania, una rivelazione che permetta di trovare un varco nella quotidianità.
La bufera e altro, 1956
La bufera e altro è una raccolta di poesie scritta da Eugenio Montale e pubblicata nel giugno 1956. Essa deriva il proprio titolo dalle aggiunte successive alla prima sezione, intitolata Finisterre, che fu pubblicata nel 1943 a Lugano. La novità è l'irruzione della politica nel suo mondo poetico. Anche la figura femminile conquista un ruolo di primo piano, come figura angelicata e angelicante di dantesca memoria.
Xenia, 1966
Questa raccolta, divisa in due sezioni da 14 liriche l'una, è dedicata al ricordo di Drusilla Tanzi, moglie del poeta, morta nel 1963. Nell'Antica Grecia "xenia" erano i doni fatti all'ospite.
Tra queste liriche il poeta inizia un dialogo affettuoso con la sua "Mosca", nomignolo dovuto alle spesse lenti dei suoi occhiali. Nonostante i tradimenti che avevano funestato il rapporto, le poesie celebrano con commozione i gesti quotidiani e il rispetto portato verso la sua compagna di vita.
Satura, 1971
Con Satura, Montale inizia un nuovo percorso poetico. Muta anche il tono delle liriche. L'evoluzione è legata alla necessità di dare una testimonianza nuova dei grandi sommovimenti che attraversano il Paese sul piano ideologico, sociale e politico. Con questo libro, Montale dà inizio a una poesia legata alle occasioni quotidiane, alla cronaca, sua e degli altri, ma indagata con un'ironia avversa alle "false mitologie" di massa.
Diario del '71 e del '72, 1973
Il Diario del '71 e del '72, quinta raccolta poetica di Eugenio Montale, fu pubblicato nel 1973 da Mondadori e contiene novanta componimenti. Il libro non è suddiviso in sezioni, e le poesie si susseguono senza un motivo continuativo determinato. In questa raccolta Montale riflette sulla poesia stessa, polemizza contro l'opportunismo dei suoi tempi. Inoltre, nel Diario ci sono pochissimi riferimenti alle figure femminili tanto care a Montale.
Le poesie più belle di Montale
Ecco alcune tra le liriche più interessanti della produzione di Eugenio Montale.
Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, nè più mi occorrono
le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.
Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
non già perché con quattr'occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.
Forse un mattino andando in un'aria di vetro
Forse un mattino andando in un'aria di vetro,
arida, rivolgendomi, vedrò compirsi il miracolo:
il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro
di me, con un terrore da ubriaco.
Poi, come s'uno schermo, s'accamperanno di gitto
alberi, case, colli per l'inganno consueto.
Ma sarà troppo tardi; ed io me n'andrò zitto
tra gli uomini che non si voltano, col mio segreto.
Non ho mai capito se io fossi
Non ho mai capito se io fossi
il tuo cane fedele e incimurrito
o tu lo fossi per me.
Per gli altri no, eri un insetto miope
smarrito nel blabla
dell’alta società. Erano ingenui
quei furbi e non sapevano
di essere loro il tuo zimbello:
di esser visti anche al buio e smascherati
da un tuo senso infallibile, dal tuo
radar di pipistrello.
Esitammo un istante
Esitammo un istante
e dopo poco riconoscemmo
di avere la stessa malattia.
Non vi è definizione
per questa mirabile tortura,
c’è chi la chiama spleen
e chi malinconia.
Ma se accettiamo il gioco
ai margini troviamo
un segno intelleggibile
che può dar senso al tutto.
Non chiederci la parola che squadri da ogni lato
Non chiederci la parola che squadri da ogni lato
l’animo nostro informe, e a lettere di fuoco
lo dichiari e risplenda come un croco
perduto in mezzo a un polveroso prato.
Ah l’uomo che se ne va sicuro,
agli altri ed a se stesso amico,
e l’ombra sua non cura che la canicola
stampa sopra uno scalcinato muro!
Non domandarci la formula che mondi possa aprirti,
sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.
Codesto solo oggi possiamo dirti,
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.
Spesso il male di vivere ho incontrato
Spesso il male di vivere ho incontrato
era il rivo strozzato che gorgoglia
era l’incartocciarsi della foglia
riarsa, era il cavallo stramazzato.
Bene non seppi, fuori del prodigio
che schiude la divina Indifferenza:
era la statua nella sonnolenza
del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.
Non recidere, forbice, quel volto
Non recidere, forbice, quel volto,
solo nella memoria che si sfolla,
non far del grande suo viso in ascolto
la mia nebbia di sempre.
Un freddo cala… Duro il colpo svetta.
E l’acacia ferita da sé scrolla
il guscio di cicala
nella prima belletta di Novembre.
Avevamo studiato per l’aldilà
Avevamo studiato per l’aldilà
un fischio, un segno di riconoscimento.
Mi provo a modularlo nella speranza
che tutti siamo già morti senza saperlo.
Felicità raggiunta
Felicità raggiunta, si cammina
per te sul fil di lama.
Agli occhi sei barlume che vacilla,
al piede, teso ghiaccio che s’incrina;
e dunque non ti tocchi chi più t’ama.
Se giungi sulle anime invase
di tristezza e le schiari, il tuo mattino
e’ dolce e turbatore come i nidi delle cimase.
Ma nulla paga il pianto del bambino
a cui fugge il pallone tra le case
Curiosità su Eugenio Montale
Nonostante i suoi rapporti complicati con le donne, il 23 luglio 1962 Montale sposa con rito religioso Drusilla Tanzi, di undici anni più anziana di lui. La coppia conviveva dal 1939. Il rito civile è formalizzato un anno dopo. Nello stesso anno Tanzi morirà per l'aggravarsi di una frattura del femore.
Stefania Leo