Eugenio Montale, vita, pensiero e opere del poeta
Da Ossi di Seppia a Satura: il poeta italiano più importante del Novecento spiegato attraverso la sua biografia e le sue opere più famose.
Eugenio Montale è forse il poeta italiano più grande del Novecento, fu il poeta della decenza e del rigore. La sua poesia, lontana da qualsiasi astrazione ideologica, riuscì a mostrare, nella complessità della sua ricerca espressiva, il senso di un'autenticità umana che sa resistere a tutto, a patto di rifiutare qualsiasi enfasi, qualsiasi facile gioco di vanità. Quasi tutta la poesia contemporanea non ha saputo prescindere dal suo straordinario e limpido insegnamento.
La vita e le opere
Il genovese Eugenio Montale (1896-1981), compiuti studi irregolari, dopo la prima guerra mondiale collaborò a varie riviste, entrando in contatto con l'ambiente culturale ligure (soprattutto C. Sbarbaro). Nel 1922 uscirono i primi versi sulla rivista "Primo tempo" di Torino, città nella quale conobbe G. Debenedetti e P. Gobetti, che gli pubblicò Ossi di seppia (1925). Nello stesso anno firmò il Manifesto degli intellettuali antifascisti e, con il saggio Omaggio a Italo Svevo, avviò la scoperta del grande scrittore triestino. Trasferitosi a Firenze nel 1927, assunse nel 1929 la direzione del Gabinetto Vieusseux, che mantenne fino al 1938, allorché fu allontanato perché non iscritto al Partito Fascista. In quel periodo, culminato nella pubblicazione delle Occasioni (1939), scrisse sulle maggiori riviste e conobbe Drusilla Tanzi, che più tardi divenne sua moglie. Nel 1945 si iscrisse al Partito d'Azione. Nel 1948 si trasferì a Milano, dove da allora visse fino alla morte e fu redattore del "Corriere della Sera". Intensa fu in quegli anni l'attività di traduttore (T.S. Eliot, E. Pound, C. Kavafis, W. Shakespeare, H. Melville e J. Steinbeck fra gli altri). Nel 1956 apparvero il terzo grande libro di versi, La bufera, le prose della Farfalla di Dinard, seguiti dai saggi di Auto da fé (1966), dalle interviste-confessioni di Nel nostro tempo (1972). Con Satura (1971) si aprì l'ultima, prolifica stagione poetica, che comprende anche Diario del '71 e del '72 (1973), Quaderno di quattro anni (1977) e Altri versi (1981). Nel 1975 vinse il premio Nobel per la letteratura.
La poetica
Il messaggio poetico di scabra razionalità, di ostinata resistenza e un destino segnato dalla sconfitta, che Montale ha lanciato nella letteratura italiana, è fondamentalmente affidato a solo quattro opere.
Ossi di seppia
Fin dal suo apparire, nel 1925, la critica vide in Ossi di seppia il frutto già maturo di una personalità compiuta. Erano forti i legami metrici e sintattici con la tradizione lirica (Dante, Leopardi, Pascoli, D'Annunzio e Gozzano), ma si innestavano in un tessuto lessicale nuovo, distante dagli esperimenti delle avanguardie come dalle teorizzazioni sulla cosiddetta poesia pura, e tuttavia ricchissimo di assonanze e onomatopee, di guizzi della parola improvvisi e inconsueti: soprattutto una lingua che esprimeva in toni composti e meditativi una visione negativa dell'esistenza. La vita è per l'uomo, inesorabilmente calato in un "lago d'indifferenza", un muro "che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia"; l'unica speranza, esigua e parziale, è nella contemplazione della natura, che si apre talora in brevi squarci di luminosa pienezza. E, in effetti, il paesaggio ligure, così "scabro ed essenziale", ha gran parte in queste liriche, con il suo minuzioso erbario mediterraneo, e Montale ne assorbe gli umori. L'uomo, prigioniero del proprio cielo senza sogni, può forse trovare qualche conforto nella scintilla accesa qua e là, quasi per caso, da oggetti, simulacri, eventi minimi nei quali esorcizza la propria sete di felicità.
Le occasioni
Le occasioni sono forse il libro più compiuto, quello in cui meglio la regola corregge l'emozione in un equilibrio perfetto, in un lirismo disteso, senza accensioni. In esso gli "amuleti" e una salvifica presenza femminile prendono il posto di pomari, ulivi e girasoli. Gli oggetti, analogamente a quanto accade nella pittura metafisica e nel realismo magico, acquistano, straniati dal loro contesto naturale, una "realtà" diversa da quella loro consueta.
La bufera
La bufera fissa con sguardo attonito e amaro il senso di un'immobilità fattasi rovina. Eppure, anche nel momento in cui "la lotta dei viventi / più infuria", balugina un lume di "decenza quotidiana (la più difficile delle virtù)", e il libro si conclude con l'indizio di un nuovo inizio, di vita che risorge e ricomincia. Ma nulla di consolatorio è in questa attesa; essa appare piuttosto un ostinato rifiuto ad arrendersi, il consapevole tentativo di opporsi a uno scetticismo ineluttabile che, a poco a poco, diventa estrosa facezia, gioco amaro.
Satura
La poesia dell'ultima stagione di Montale si apre con Satura e mostra un tono colloquiale, quasi gergale, mentre il verso cede alla prosa del tempo. Il poeta guarda il mondo dall'alto dell'esperienza e affida il suo dire all'ironia anche sarcastica, al paradosso, all'epigramma. Quel po' di elegia che rimane è per la memoria personale, per il colloquio con la moglie morta. In Quaderno di quattro anni (1977) la cadenza quasi quotidiana dell'appunto poetico registra toni di svagato disincanto: siamo quasi al nulla. Non a caso, il titolo del discorso che Montale pronunciò per il conferimento del Nobel fu: È ancora possibile la poesia? In un mondo sempre più votato al progresso, il poeta (e, in generale, l'artista) è un superstite paladino di civiltà.
La poetica | Il genovese Eugenio Montale (1896-1981), forse il più grande poeta italiano del Novecento, vince il premio Nobel nel 1975. La sua poesia negò qualsiasi astrazione ideologica, come qualsiasi facile ottimismo. Prova estrema di dignità umana e di rigore, riuscì a mostrare, nella complessità della sua ricerca espressiva, il senso di un'autenticità umana che sa resistere a tutto, a patto di rifiutare qualsiasi enfasi, qualsiasi facile gioco di vanità. |
Opere principali | Ossi di seppia (1925); Le occasioni (1939); La bufera (1956); Satura (1971) e Quaderno di quattro anni (1977). |