Disastri spaziali: dallo Space Shuttle Challenger al Columbia

I disastri spaziali americani del Challenger e del Columbia resteranno sempre nella memoria collettiva, ricordandoci il coraggio di uomini e donne pronti a sfidare le insidie dello spazio per ampliare i confini della conoscenza.
La corsa allo spazio ha portato l’umanità a realizzare imprese straordinarie, ma ha anche avuto il suo costo in termini di vite umane. Tra i più noti disastri spaziali americani, due tragedie hanno segnato profondamente la storia dell’esplorazione dell’universo: la distruzione dello Space Shuttle Challenger nel 1986 e quella del Columbia nel 2003. Questi due disastri legati agli Space Shuttle hanno evidenziato i rischi delle missioni e portato a importanti cambiamenti nella sicurezza aerospaziale.
Il disastro del Challenger (1986)
Il 28 gennaio 1986, il mondo assistette in diretta a una delle peggiori catastrofi nella storia dell’esplorazione spaziale: lo Space Shuttle Challenger esplose appena 73 secondi dopo il decollo, causando la morte dei sette membri dell’equipaggio, tra cui Christa McAuliffe, la prima insegnante addestrata per un volo spaziale, che avrebbe dovuto trasmettere di lì a poco la sua prima lezione dallo spazio.
Lo Space Shuttle Challenger era alla sua decima missione: erano le 11,38 quando decollò dal Kennedy Space Center di Cape Canaveral, in Florida, ma si disintegrò poco più di un minuto dopo. L’incidente fu causato da un cedimento strutturale: il malfunzionamento di una guarnizione nel razzo a propellente solido destro.
Gli ingegneri aerospaziali erano al corrente del potenziale rischio dovuto alle basse temperature di quei giorni, ed avevano sconsigliato il lancio, che comunque era già stato rinviato più volte. Le temperature sotto lo zero, in effetti, ne compromisero l’efficacia, causando la fuoriuscita di fiamme ed il cedimento del serbatoio esterno, pieno di ossigeno e idrogeno liquidi. Il disastro di questa missione spaziale, trasmesso in diretta televisiva mondiale, scosse l’opinione pubblica e portò a una revisione delle procedure di sicurezza della NASA.

Il disastro del Columbia (2003)
Il 1° febbraio 2003, per la seconda volta uno Space Shuttle venne perso durante una missione spaziale: il Columbia si disintegrò nei cieli del Texas durante il rientro nell’atmosfera, un quarto d’ora circa prima dell’atterraggio previsto, ad una altitudine di quasi 61 mila metri, mentre andava ad una velocità 18 volte superiore a quella del suono, provocando la morte di tutti e sette gli astronauti a bordo.
Lo Space Shuttle era partito 16 giorni prima per una missione scientifica: l’incidente fu causato da un danno alla protezione termica dell’ala sinistra, avvenuto al momento del lancio per un pezzo di schiuma isolante staccatosi dal serbatoio esterno. Questo danneggiamento, di cui ci si rese conto subito, in fase di lancio, ma che fu probabilmente sottovalutato, provocò l’ingresso di gas incandescenti durante il rientro, distruggendo la navetta.
Fu alle 8,59 che il capitano Husband inviò l’ultima comunicazione… qualche minuto dopo una rete televisiva mostrava un video in cui si vedevano i frammenti del Columbia che piovevano dal cielo. Dopo intere settimane la NASA riuscì a recuperare 84.000 pezzi dello shuttle, tra cui anche dei resti dei membri dell’equipaggio, che vennero identificati grazie all’esame del DNA. L’evento segnò la fine del programma Space Shuttle, portando al definitivo ritiro della flotta nel 2011, e spinse la NASA a concentrarsi su nuove tecnologie di trasporto spaziale.

Le conseguenze e l'eredità dei disastri spaziali
I disastri dello Space Shuttle hanno avuto un impatto profondo sull’esplorazione spaziale, portando a riforme cruciali nella sicurezza delle missioni, che vanno, tra le altre cose, da test più rigorosi per lo sviluppo di veicoli spaziali più sicuri, al maggior potere decisionale da parte degli ingegneri nelle fasi di lancio.
Nonostante le tragedie del Challenger e del Columbia, il programma Shuttle, attivo per 30 anni dal primo lancio del 12 aprile 1981 all’ultimo atterraggio del 21 luglio 2011, ha rappresentato una pietra miliare nella storia della NASA con 135 missioni all’attivo. Gli Space Shuttle hanno trasportato equipaggi, condotto esperimenti innovativi, lanciato, recuperato e riparato satelliti, contribuendo alla costruzione della Stazione Spaziale Internazionale (ISS). I due incidenti hanno evidenziato i pericoli dell’esplorazione spaziale, ma non hanno mai fermato la spinta dell’umanità verso il cosmo. Oggi, le nuove missioni dimostrano un’evoluzione tecnologica che pone la sicurezza al centro dello sviluppo aerospaziale.
Paola Greco
Foto di apertura: Bill Ingalls, Public domain, via Wikimedia Commons