spettroscopìa
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sf. [sec. XIX; spettro+-scopia]. In generale, in fisica, studio, condotto con tecniche diverse, dell'insieme delle frequenze della radiazione elettromagnetica emessa o assorbita da nuclei, atomi o molecole eccitati in vario modo. In particolare, in fisica nucleare, è detta spettroscopia di massa un metodo di studio e di analisi della distribuzione dell'abbondanza di particelle presenti in un fascio di raggi positivi mediante deflessione delle particelle del fascio nel passaggio attraverso un campo elettrico e un campo magnetico, oppure attraverso un semplice campo magnetico.
Fisica: storia
Fin dalla metà del XIX secolo la spettroscopia assunse un'importanza fondamentale per l'analisi degli elementi fino a diventare una scienza a sé. Inizialmente tale scienza fu eminentemente empirica e fu così ottenuto un gran cumulo di informazioni che aveva bisogno però di un'interpretazione teorica che potesse mettere ordine nella materia. Per primi J. Balmer, J. Rydberg e W. Ritz indagarono sulla regolarità degli spettri dello stesso elemento e sui rapporti qualitativi e quantitativi fra vari spettri, deducendo leggi empiriche quale quella, detta di Balmer, per le righe emesse dall'idrogeno nella gamma del visibile:
dove $, inverso della lunghezza d'onda della riga considerata, è detta numero d'onda, R è una costante, detta di Rydberg, e n è un numero intero maggiore di 2, e quella generale: ν=ν₁±ν₂, dove risulta che spesso una frequenza è somma o differenza di due frequenze dello stesso spettro (principio di combinazione di Ritz, o di Rydberg-Ritz). In seguito N. Bohr, con l'ausilio del modello dell'atomo di E. Rutherford e della teoria dei quanti, formulò una teoria per gli spettri di emissione, nell'ambito della teoria più generale dell'atomo. Affinandosi le tecniche della spettroscopia, gli spettri risultarono però molto più complessi di quanto creduto inizialmente e molti nuovi fenomeni si offrirono all'indagine sperimentale. Se lo spettro è di emissione e si presenta nella banda del visibile, l'analisi della radiazione con uno spettrografo dà della fenditura dello strumento un'immagine colorata dal rosso al violetto che si può presentare sotto forma di sottili linee distanziate fra loro, quando la radiazione è costituita di poche componenti con lunghezze d'onda molto diverse fra loro, o sotto forma di strati variamente estesi e colorati costituiti da radiazioni con lunghezze d'onda molto prossime; è da questa immagine che si deduce lo schema detto. In generale, qualunque sia la gamma di frequenze d'interesse e qualunque sia lo strumento usato per l'indagine sperimentale, si può fare una prima distinzione tra spettri a righe, spettri a bande e spettri continui.
Fisica: spettri a righe
Gli spettri a righe sono composti da un numero relativamente limitato di frequenze con valori discreti; sono originati da atomi o nuclei eccitati. Se si tratta di spettri atomici si distinguono gli spettri primi o di fiamma, dovuti all'atomo naturale, e gli spettri secondi o di scintilla, terzi e così via, dovuti ad atomi semplicemente ionizzati o doppiamente, triplamente ecc. ionizzati. In generale, qualunque sia la tecnica usata per analizzare uno spettro, questa porta alla costruzione di uno schema in cui a ciascuna lunghezza d'onda λ corrisponde una riga e a questa riga si può far corrispondere in grafico un picco centrato su un valore di ascissa uguale alla lunghezza d'onda considerata e la cui ordinata è una misura dell'intensità della radiazione corrispondente. La larghezza della riga è legata alla differenza fra le lunghezze d'onda corrispondenti alle estremità del picco misurate a una certa altezza del picco stesso. Secondo la teoria classica dell'elettromagnetismo, la larghezza è in relazione con la costante di tempo dell'oscillazione degli atomi emettenti. Secondo la meccanica quantistica, essa è proporzionale alla vita media dello stato di eccitazione dell'atomo.
Fisica: spettri a bande
Gli spettri a bande sono formati da gruppi di righe, in genere più addensate, che si raggruppano verso una frequenza limite; sono dovuti a molecole eccitate.
Fisica: spettri continui
Gli spettri continui sono costituiti da un insieme continuo di frequenze come lo spettro del corpo nero o quello dei raggi X. Si distingue poi tra spettri di emissione e spettri di assorbimento.
Fisica: spettri di assorbimento e di emissione
Gli spettri di assorbimento si ottengono dall'interazione di radiazione elettromagnetica con nuclei, atomi, molecole. Questi sottraggono energia alla radiazione, passando in uno stato eccitato loro consentito, così che l'analisi della radiazione residua rivela l'attenuazione o addirittura la scomparsa della componente assorbita. La frequenza dell'onda assorbita è uguale a quella dell'onda che l'atomo, il nucleo o la molecola emetteranno nel passaggio inverso dallo stato a energia maggiore allo stato a energia minore. Pertanto, gli spettri di assorbimento, costituiti dall'insieme delle frequenze assorbite, coincidono con gli spettri di emissione e sono come questi ultimi caratteristici dell'elemento assorbente o emettitore.
Fisica: l'analisi spettrale
È importante notare che in spettroscopia si deve individuare sempre una radiazione tramite la sua lunghezza d'onda piuttosto che con la corrispondente frequenza. Infatti, sperimentalmente, si individua λ, mentre la frequenza ν è data da ν=c/λ ed è nota con minor precisione di λ, essendo influenzata dall'errore sia sulla misura di λ, sia sulla misura della velocità della luce c. In generale, per ragioni di semplicità della struttura delle formule, al posto di λ viene usato il numero d'onda $=1/λ. La corrispondenza perfetta fra l'emettitore e il suo spettro è la ragione dell'enorme importanza data allo studio degli spettri atomici. In particolare la spettroscopia atomica permise la scoperta di elementi chimici ancora sconosciuti, come il cesio, il rubidio, il gallio e l'elio, individuato nel 1868 osservando lo spettro delle protuberanze solari. L'analisi spettrale ha permesso di riconoscere l'unità della composizione dell'Universo, mentre l'osservazione di uno spostamento costante per tutte le frequenze dell'intero spettro di un dato elemento, presente in un oggetto celeste (effetto Doppler), consente di dedurre la velocità con cui questo si sposta rispetto al sistema solare. Gli spettri sono generalmente raggruppati in gruppi di righe, dette serie, in cui le righe presentano caratteri fisici simili (peresempio l'influenza di un campo magnetico separa ogni riga della stessa serie in più righe in modo uguale). Lo spettro dell'idrogeno, il primo studiato, consiste in serie in ciascuna delle quali le righe soddisfano una relazione del tipo dove n₁ e n₂ sono numeri interi; per n₁=1, n₂=2, 3, 4,..., si hanno le righe della serie nell'ultravioletto di T. Lyman; per n₁=2, n₂=3, 4, 5,..., si hanno le righe della serie del visibile di Balmer, per n₁=3, n₂=4, 5, 6,..., si hanno le righe della serie nell'infrarosso di L. Paschen; per n₁=4, n₂=5, 6, 7,..., si hanno le righe della serie infrarossa di F. Brackett; per n₁=5, n₂=6, 7, 8,..., si hanno le righe della serie infrarossa di Pfund. La semplicità della relazione e la precisione con cui venivano rappresentate le righe indussero i ricercatori a considerare la possibilità che per lo spettro di qualunque elemento si potessero costruire analoghe relazioni e che questa regolarità corrispondesse a proprietà generali di struttura dell'atomo comuni a tutti gli elementi. La certezza delle connessioni con le proprietà strutturali atomiche portò a considerare strettamente analoghi a quello dell'idrogeno gli spettri degli elementi più leggeri quando questi sono ionizzati al punto da aver conservato un unico elettrone (per esempio, He+, Li++, Be+++); la differenza consiste solo nel possedere Z cariche nucleari. Alla formula data sopra corrisponde allora la seguente
che è in buon accordo con i dati sperimentali. In generale il numero d'onda ν di una riga di qualunque spettro atomico è esprimibile come differenza fra due termini in cui il primo resta costante in una data serie dello spettro, mentre il secondo assume valori diversi per ciascuna riga della serie. Precisamente nella ν=τ-τ i termini τ sono ben rappresentati dalla formula di J. Rydberg dove R è la costante di Rydberg. In generale, la formula che rappresenta le righe entro una serie è del tipo
Spesso, però, non si possono esprimere i τ con formule semplici, tuttavia è sempre possibile raggruppare numerose righe facendole dipendere da un numero limitato di termini. La complessità dei τ è in relazione con la complessità dell'atomo emettitore. L'interpretazione teorica degli spettri fu intrapresa da Bohr e A. Sommerfeld introducendo ipotesi di lavoro sulla struttura dell'atomo (come la quantizzazione dei livelli energetici) e fu ripresa poi nell'ambito della meccanica quantistica da E. Schrödinger fino a P. Dirac; in questa sede trovarono inquadramento teorico le ipotesi ad hoc e le regole più o meno empiriche introdotte nella teoria di Bohr per rendere conto dei risultati sperimentali. La teoria insegna che ai termini spettrali corrispondono le energie dei livelli energetici fra cui avviene il salto quantico dell'elettrone a causa dell'emissione o dell'assorbimento di radiazione elettromagnetica. I termini spettrali, come le energie degli stati quantici, dipendono dal gruppo di numeri quantici che caratterizzano lo stesso. Questi numeri sono: il numero quantico totale n e quello azimutale
che caratterizzano il moto degli elettroni intorno al nucleo e il numero quanticoJ[(l+s), (l+(s-1))...(l-s)] che tiene conto dello spin degli elettroni s. In presenza di un campo magnetico le righe spettrali dipendono da un quarto numero quantico, il numero quantico magnetico m(-J, -J+1,...+J), che descrive le possibili orientazioni nello spazio dell'orbita elettronica. Non sono possibili tutte le transizioni fra livelli energetici, ma solo quelle per cui i numeri quantici l, J, m restano invariati o cambiano di ±1 e cioè Δl=0, ±1, ΔJ=0, ±1, Δm=0, ±1. Eccezioni a queste regole, dette regole di selezione, introdotte empiricamente da Bohr tramite il principio di corrispondenza e giustificate poi in meccanica quantistica, si possono osservare in atomi fortemente perturbati da intensi campi elettromagnetici esterni. Quando appaiono, le righe corrispondenti, dette righe proibite, sono poco intense. Sono comunque di fondamentale importanza in astronomia e in astrofisica perché la loro osservazione fornisce informazioni sugli oggetti emettenti non ottenibili in altro modo.
Fisica: spettri atomici
Gli spettri atomici di alta frequenza, cioè nella gamma dei raggi X, sono caratterizzati da grande semplicità strutturale e da regolarità delle loro variazioni in dipendenza dal numero atomico (H. Moseley, 1913-14). Il fatto che non si osservino cambiamenti periodici dello spettro X passando da un elemento all'altro indica che la loro origine è nelle regioni centrali dell'atomo. Nello spettro X si riconoscono diverse serie indicate con K, L, M, N. I raggi della serie K sono emessi da un e-, che cade da un livello superiore nel livello più interno, le serie L e M sono generate quando la caduta si arresta rispettivamente sul secondo e terzo livello e così via. All'interno di una serie le diverse righe (α, β, γ) dipendono dal livello superiore di provenienza dell'e-; la riga Kα è da attribuire alla transizione dal secondo al primo livello. Per qualunque elemento la frequenza della riga Kα è data da:
con ν0 costante e Z numero atomico, mentre la frequenza della riga Lα è:
Lo studio dei raggi X emessi da atomi ha consentito la valutazione di Z.
Fisica: spettri molecolari
Le molecole danno origine agli spettri a bande costituite da insiemi di fitte righe che scompaiono quando il gas è riscaldato al punto che le molecole si dissociano in atomi. Si hanno spettri a bande di 2 tipi: quelli nella gamma del visibile e dell'ultravioletto consistono in raggruppamenti di righe che si addensano verso la cosiddetta testa di banda; nella gamma dell'infrarosso si hanno bande costituite da raggruppamenti di righe aventi fra loro differenza costante di frequenza. Come per gli spettri atomici, gli spettri molecolari derivano dall'esistenza di livelli energetici molecolari. Per una molecola biatomica l'energia molecolare risulta dall'energia We di moto degli elettroni rispetto ai nuclei fissi, dall'energia relativa al moto di oscillazione dei nuclei e dall'energia del moto di rotazione di questi intorno all'asse che li congiunge; ciascuna energia soddisfa una relazione di quantizzazione. L'energia totale molecolare è
con ν0 frequenza fondamentale di oscillazione; n, m interi=0, 1, 2,...; I momento di inerzia molecolare. Le frequenze emesse in salti quantici sono:
nel rispetto della regola di selezione . È importante notare che il momento di inerzia I dipende dal peso atomico degli atomi. La presenza di diversi isotopi nelle diverse molecole dà origine alla struttura fine degli spettri molecolari.
Fisica: spettro della radiazione elettromagnetica
Lo studio dello spettro della radiazione elettromagnetica di frequenza superiore a quella dei raggi X, cioè della radiazione gamma, rientra nell'ambito della spettroscopia nucleare, così detta in quanto le radiazioni di frequenza tanto elevata vengono emesse da nuclei eccitati. Come nel caso dell'atomo e della molecola, così pure l'emissione di radiazione elettromagnetica viene associata all'esistenza di livelli energetici nucleari e a salti quantici indotti fra essi. Informazioni preziose sugli stati nucleari si ottengono dall'indagine dei γ emessi con metodi particolari quale lo studio degli elettroni emessi per conversione interna (un effetto fotoelettrico prodotto sugli elettroni atomici dai γ emergenti dal nucleo). Le transizioni possono avvenire fra livelli eccitati di energia decrescente o fra questi e il livello fondamentale. La radiazione emessa da un nucleo è distinta in componenti dette radiazioni di multipolo. Questa suddivisione seleziona i raggi γ per ogni valore dell'energia in base all'ammontare L di momento angolare trasportato da ogni fotone; L è un numero intero maggiore di 0 (L=1, 2, 3,...). Il termine deriva dal fatto che vi è una stretta analogia fra il tipo di radiazione elettromagnetica emessa dai nuclei e quella emessa da multipoli elettrici e magnetici. Più precisamente per ogni L ci sono 2 classi di radiazioni dette di multipolo elettrico e magnetico che differiscono nel valore della parità p (+1 pari, -1 dispari) associata ai fotoni e calcolata in modo che sia costante la parità della funzione d'onda del sistema prima e dopo il decadimento γ. L'ordine di multipolo elettrico e magnetico è dato da 2L. Si noti però che i vari tipi di onde elettromagnetiche da nuclei non contribuiscono in uguale misura alla composizione del fascio γ, in quanto la maggior parte dei raggi γ è radiazione di dipolo elettrico. In generale, per gli spettri elettromagnetici è importante notare che se questi consistessero di frequenze aventi un valore noto con precisione infinita, le righe corrispondenti dovrebbero avere ampiezza nulla. In realtà ciascuna riga ha un limite inferiore per l'ampiezza, corrispondente alla precisione massima con cui è misurabile l'energia della radiazione relativa. Tale valore limite è inversamente proporzionale alla vita media del livello eccitato ed è calcolabile applicando il principio di indeterminazione. Ma l'ampiezza delle righe spettrali è in pratica notevolmente superiore a tale limite perché i moti di agitazione termica dei gas determinano movimenti disordinati degli atomi con velocità in tutte le direzioni. Per effetto Doppler si ha allora un omogeneo allargamento della riga spettrale. All'allargamento della riga contribuiscono anche gli urti fra gli atomi. Successivi metodi di indagine, quali lo studio degli spettri ottici con fasci laser, hanno consentito la determinazione delle frequenze con precisione superiore a 1 parte su 109. Il metodo consiste nel fare interagire un fascio laser di energia opportuna con molecole in grado di assorbire la radiazione laser (molecole risonanti) e analizzare poi l'intensità del fascio trasmesso in funzione della frequenza. In spettroscopia nucleare trovano anche impiego le reazioni (n, γ), infatti dallo studio della distribuzione energetica dei neutroni, dopo l'interazione, si possono ricavare i livelli nucleari .
Fisica nucleare: le teorie e gli esperimenti di Thompson
Le moderne misure spettroscopiche di massa sono basate sulla tecnica del doppietto di massa. Con questo metodo viene determinata la differenza in massa fra due ioni con lo stesso numero di massa, ma con una piccola differenza della massa stessa. I più recenti apparecchi per la spettroscopia di massa, detti spettrometri di massa, o spettrografi di massa, danno una grande dispersione e sono in grado di apprezzare minime differenze di massa. La massa di uno dei membri del doppietto deve essere però nota con grande precisione. Gli spettri di massa sono stati analizzati in dettaglio per dedurre la composizione isotopica degli elementi e trarre da questa quelle informazioni qualitative che costituiscono il primo passo nello studio delle forze nucleari. Il fisico J. Thomson nel 1912 si occupò per primo dell'identificazione degli isotopi naturali dopo che la loro esistenza era stata provata per gli elementi radioattivi. Egli allestì esperienze di deflessione di raggi, costituiti da ioni positivi degli elementi naturali, in un opportuno campo di forze realizzato dall'accoppiamento di un campo elettrico e di un campo magnetico con linee di forza parallele fra loro. Nell'apparecchio di Thomson i diversi isotopi danno luogo alla formazione di varie tracce a forma di parabola su uno schermo fluorescente (e pur trattandosi di osservazione visuale si usa spesso il termine spettrografia), o su una lastra fotografica opportunamente disposta (e qui più rigorosamente si dovrebbe parlare di spettrografia). Con i suoi primi apparecchi Thomson distingueva fra loro parabole corrispondenti a differenze in massa del 10% della massa stessa. Il primo elemento naturale non radioattivo per cui furono trovati isotopi fu il neon nel 1912. Thomson, analizzando le parabole formatesi usando il neon come sorgente di ioni positivi, trovò due tracce, l'una intensa nella posizione corrispondente al peso atomico 20, l'altra meno intensa localizzata in corrispondenza al peso atomico 22. La loro collocazione veniva individuata per confronto con le posizioni di riferimento di parabole dovute a ioni di peso atomico noto. Poiché non era conosciuto alcun elemento di peso atomico 22, Thomson concluse che i fatti sperimentali suggerivano che il neon esiste in due forme non distinguibili chimicamente ma di diverso peso atomico e calcolò le percentuali dell'una e dell'altra in modo da giustificare il peso atomico “chimico” pari a 20,20. Il fisico F. Aston cercò di provare la conclusione di Thomson separando con il metodo della diffusione gassosa attraverso diaframmi porosi i due costituenti del neon (i gas più leggeri diffondono più rapidamente dei più pesanti). Dopo la separazione, i due gas analizzati col metodo di Thomson dovevano mostrare variazione nell'intensità relativa delle due tracce, in dipendenza dal grado di arricchimento di ciascun componente. Benché la prova non arrivasse a giustificare le abbondanze relative dei due isotopi ipotizzate da Thomson, a causa della difficoltà di collegare le intensità relative delle tracce con le abbondanze relative, tuttavia non si poté mettere più in dubbio che il neon in natura presenta due isotopi di massa 20 e 22.
Fisica nucleare: le teorie e gli esperimenti di Aston e Dempster
Successivamente Aston riprese ed estese il lavoro di Thomson sviluppando un nuovo tipo di apparecchiatura che egli chiamò spettrografo di massa. Il metodo delle parabole di Thomson per l'analisi dei raggi positivi era adatto a fornire informazioni più qualitative che quantitative sulla massa degli isotopi e sulle loro abbondanze. Lo studio quantitativo della costituzione degli elementi richiede la determinazione della massa isotopica con una precisione almeno dell'uno per cento. Il metodo di Aston consente di ottenere una maggiore dispersione rispetto a quello di Thomson, cioè una maggiore separazione di ioni di masse diverse; inoltre con il metodo di Aston tutti gli ioni di una data massa vengono concentrati in uno stesso fuoco, a forma di riga, invece che distribuiti su una parabola. Per questa via si ottennero grande sensibilità e precisione e poiché si finiva per analizzare una serie di linee, cogliendo un'analogia con gli spettri ottici, fu deciso di chiamare spettro di massa questa serie di linee e spettrografo di massa lo strumento che le forniva. Col suo secondo strumento, Aston, portando opportune modifiche, poté determinare le masse isotopiche con la precisione dell'uno per mille. Per determinare le abbondanze relative degli isotopi, Aston e A. Dempster misero a punto un altro strumento, che chiamarono spettrometro di massa. In esso il fascio di ioni è soggetto a misurazione elettrica, cioè viene misurata l'intensità di corrente raccolta in corrispondenza a ciascun fascio di isotopi che viaggi nella camera a vuoto dello strumento. I vari isotopi sono selezionati, accelerati e convogliati da un opportuno campo elettromagnetico. L'intensità di corrente misurata è proporzionale al numero di ioni positivi raccolti per unità di tempo e, poiché, per ogni potenziale elettrostatico acceleratore degli ioni, vengono raccolte particelle di un solo definitivo valore di massa, l'intensità di corrente misurata può essere posta in grafico rispetto ai pesi (o masse) atomici. Una curva tipica ottenuta da Dempster nel 1922 per il potassio (K) mostra che il rapporto fra le abbondanze di 39K e 41K è 18/1. Successivamente, con il miglioramento della tecnica del vuoto e dei metodi di misurazione elettrica, gli spettrometri di massa raggiunsero grande potere risolutivo e sensibilità. Notevole fu lo spettrometro costruito dal fisico A. O. Nier nel 1935.