scrìba

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sm. (pl. -i) [sec. XIV; dal latino scriba, da scribĕre, scrivere].

1) Anticamente, scrivano, amanuense.

2) Titolo conferito a chi, nell'Egitto faraonico, sapeva leggere e scrivere. Per la complessità inerente a tale operazione, egli era reputato depositario della cultura e appartenente alla classe amministrativa. Nel Medio e nel Nuovo Regno questa professione entrò anche nella storia letteraria, come attestano la Satira dei Mestieri o le Miscellanee ramessidi. Protettore degli scribi e degli strumenti grafici era il dio Thot. L'esistenza di una scuola importante per scribi è rivelata dai reperti di Deir el-Medina.Nell'Antico Testamento lo scriba era un alto funzionario regio oppure l'esperto nella Tôrāh (Legge), cioè un predicatore, un maestro della legge. Nel Nuovo Testamento essi erano gli scrivani che copiavano e diffondevano la scrittura e la studiavano: in questo senso erano “dottori della legge” (legisti, giuristi). Nei Vangeli sono associati ai Farisei, in quanto appartenevano in maggioranza al loro partito, con i quali non vanno però confusi. Gli scribi svolgevano la propria attività, mentre i Farisei appartenevano a una corrente teologica. Violenta fu la polemica di Gesù nei riguardi dell'ipocrisia degli scribi che egli associava ai Farisei. Va tuttavia ricordato che le accuse di Gesù e dei suoi seguaci vanno collocate nell'antitesi tra le due fedi. Gli scribi infatti ebbero il merito di preservare il giudaismo dalle infiltrazioni ellenistiche.

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