provenzale
IndiceLessico
agg. e sm. Della Provenza, relativo alla Provenza; abitante o nativo della Provenza; lingua parlata in Provenza.
Provenzale. Particolare della cappella delle Anime del Purgatorio nella chiesa di St. Etienne a Vallouisse (Costa Azzurra).
De Agostini Picture Library/C. Sappa
Linguistica
Il provenzale (provençale dal latino Provinciales in opposizione a Francigenae che erano gli abitanti più settentrionali del Paese), o lingua d'oc od occitanico, fu la lingua della grande lirica trobadorica. L'area linguistica provenzale, che copre la Francia meridionale, è andata sempre più riducendosi per effetto della spinta espansionistica del francese da nord, anche se conta ancora una decina di milioni di parlanti quasi esclusivamente nelle campagne. Vi si possono distinguere i seguenti dialetti principali: il limosino, l'alverniate, il guiennese, il linguadocico, il delfinatese e il provenzale propriamente detto. A est l'area provenzale presenta sconfinamenti in territorio italiano, soprattutto in val Pellice e in altri comuni del versante alpino italiano che si trovano sempre più esposti all'influsso esercitato dai dialetti piemontesi. Tratti caratteristici dei dialetti provenzali sono: conservazione di a tonica (palatz, francese palais, palazzo), conservazione del dittongo au (tezaur, francese trésor, tesoro), mancata dittongazione di ĕ e ŏ se non sono seguiti da i (mel, francese miel, miele; obra, francese oeuvre, opera), conservazione di c e g velari davanti ad a almeno nei dialetti più meridionali (caval, francese cheval, cavallo; gauzir, francese jouir, godere), conservazione delle sonore formate da sorde intervocaliche (pagar, francese payer, pagare; seda, francese soie, seta; riba, francese rive, riva), buona conservazione delle originarie desinenze (l'imperfetto indicativo del verbo cantár, cantare è: cantáva, cantávas, cantáva, cantavám, cantavátz, cantávan).
Letteratura
Le prime manifestazioni letterarie consistono principalmente in un poemetto allegorico-didattico, Boecis (sec. X), e nella Chanson de S. Fides de Agen (sec. XI). Tali opere annunciano la fioritura della prima compiuta espressione artistica delle letterature volgari romanze, rappresentata dal movimento trobadorico che accompagnò la nascita e lo sviluppo di una società di corte raffinata e portatrice di un nuovo ideale di vita. Un grande signore è il primo trobadore indicato dai canzonieri dell'epoca, Guglielmo IX di Aquitania, 7º conte di Poitiers (1071-1127). Nella sua poesia già si esprime organicamente la dottrina dell'amore cortese, precisata dai poeti successivi e accolta in tutto il mondo colto e raffinato dell'Europa, insieme con la nozione dell'alta funzione dell'arte, intesa come culto della forma perfetta e severo esercizio. Ai due principali indirizzi di contenuto, quello lirico-cortese e quello politico-morale corrispondono spesso nel movimento trobadorico due differenti principi estetici: il trobar clus o arte ermetica e il trobar lèu o poetare agevole e piano, salva restando l'unità spirituale che ne cementa la straordinaria vitalità. Quest'arte si espresse attraverso vari generi (la canzone, il sirventese, la tenzone, il compianto, l'alba, il partimen, il discordo) e alcuni grandi nomi: nel sec. XII, oltre a Guglielmo IX, Marcabruno, Bernard de Ventadorn, Jaufré Rudel, Beatrice de Dia, Raimbaut d'Aurenga, Peire d'Alvernha, Guiraut de Bornelh, Arnaut Daniel (Arnaldo Daniello) e Bertran de Born. Nel sec. XIII tese a chiudersi nel convenzionalismo scolastico, dando quasi sempre vita a scialbi verseggiatori: Gaucelm Faidit, Arnaut de Maroill, Guilhelm de Cabestaing, Ramon de Miraval, Guiraut Riquier. L'eco tragica della crociata contro gli albigesi, che segnò la decadenza del mondo cortese e della sua arte, è presente soprattutto nell'opera di Peire Cardenal. Quell'evento non poté però arrestare la diffusione del modello cortese nel resto dell'Europa e principalmente in Italia, dove operarono Peire Vidal, Aimeric de Pegulhan, Rimbaut de Vaqueiras e dove poetarono in lingua d'oc Sordello, Lanfranco Cigala, Percivalle Doria e Rambertino Buvalelli. Prevalentemente poetica, la letteratura provenzale medievale ebbe anche uno sviluppo narrativo (in versi), mutuato dalla tradizione francese e rappresentato da canzoni di gesta (Girard de Rossilhon, 1150-80; Daurel et Beton, fine del sec. XII; Fierabras, 1230-40), romanzi di materia arturiana (Jaufre, Blandin de Cornoalla) o più propriamente novellistica: Flamenca (ca. 1280). Dopo la crociata fiorì una letteratura di carattere enciclopedico, didascalico e religioso, i cui esempi più significativi sono il Breviari d'amor di Matfre Ermengaut, un Tesoro di P. de Corbian e un Donatz Proensals di Uc Faidit, nonché numerose agiografie ed Ensenhaments. Nei sec. XIV e XV si ebbero lo sviluppo dell'estetica trobadorica in Catalogna e nelle province limitrofe dell'Occitania e un completo rinnovamento dell'ispirazione, rivolto alla creazione drammatica, storica (Crónica di Ramón Muntaner), agiografica e morale. In difesa della poesia in crisi accorsero i sette trobadori tolosani fondatori del Consistori del Gai Saber (1323), del quale il cancelliere Guilhelm Molinier redasse, con Las Leys d'Amor, il manifesto, codificando rigidamente la materia cortese in accordo con la più ortodossa morale religiosa. In presenza della colonizzazione del territorio occitanico a opera della Francia (1299: spoliazione dei conti di Tolosa; 1449: annessione di Montpellier; 1453 della Guyenne; 1481 della Provenza) e dell'attrazione esercitata dalla sua cultura, a nulla valsero gli sforzi contro il progressivo abbandono della lingua materna da parte dei poeti occitanici, sicché fin dal 1513 il Consistori prese a premiare solo la musa francese. All'epoca delle guerre di religione e di Enrico IV si delinearono i primi segni di una rinascita nazionalistica e linguistica che aveva come massimo centro culturale Tolosa, dove si svilupparono il classicismo e il barocco nel genere religioso, popolare, burlesco e teatrale. I nomi di rilievo dei sec. XVI e XVII sono Pey de Garros, Auger Gilhard, Bellaud, Guilhaume Ader (Le gentilòme gascon), Peire Godolin (Lo Ramelet mondin), J. G. d'Astros, Cortète de Prades, autore di commedie di costume. Il Settecento annovera i nomi del poeta burlesco, drammaturgo e polemista Jean-Baptiste Favre, autore anche di un felice romanzo picaresco (Istòria de Joan l'an près). Il movimento di rinascita abbozzatosi con la Rivoluzione si affidò fino al 1830 a letterati e filologi (Fabre d'Olivet e Raynouard), poi ad artisti come Jacques-Boé Jasmin e numerosi poeti popolari e realistici (Victor Gélu). Il romanticismo, con la riscoperta dei caratteri nazionali delle letterature, offrì alla letteratura provenzale la possibilità di ergersi a letteratura nazionale; i suoi poeti operai le garantirono l'udienza di un vasto pubblico popolare; e infine l'esumazione dei trobadori diede al nuovo movimento radici storiche. Tutte le province si risvegliarono: dalla scuola di Avignone uscì il felibrismo a opera di un gruppo di sette poeti (Mistral, Aubanel, Roumanille, Brunet, Mathieu, Tavan, Giéra); quelle di Tolosa e Marsiglia si inserirono a loro volta nelle vicende culturali e politiche del movimento felibrista con le riviste La Lauseta e L'Armanac marsilhès e i nomi di Félix Gras, Valere Bernard, Roumieux. Gli effetti della rinascita felibrista, pur non portando a una definitiva ripresa dell'occitanico rispetto al francese, hanno tuttavia prodotto nuovi significativi fermenti, soprattutto con l'opera di Antonin Perbosc, fondatore della rivista Oc (1923), e più recentemente di René Nelli, di Max Roqueta, Denis Saurat. Lingua prevalentemente di poesia, l'occitanico ha però prodotto a partire dal felibrismo anche opere di prosa, con Félix Gras, V. Bernard, Joseph d'Arbaud. Si è anche assistito al rilancio del teatro nei festival di Carcassonne e Saint-Rémy, attraverso i quali un vasto pubblico si è riavvicinato a una lingua che i fermenti autonomistici degli ultimi decenni del sec. XX hanno investito di nuova dignità etnica e culturale.
Arte
È nota come scuola provenzale la fioritura pittorica avvenuta in Provenza tra il 1440 e l'inizio del sec. XVI grazie al mecenatismo di Renato d'Angiò, che pose ad Aix la propria capitale, e alla prosperità economica della borghesia, che richiamò numerosi artisti europei, analogamente a quanto era avvenuto un secolo prima alla corte papale di Avignone. La pittura di questo periodo però, a differenza di quella avignonese strettamente legata ai modi del gotico senese, fu sensibile all'influsso nordico, particolarmente fiammingo, cui si deve l'impostazione più ampia e solida della composizione, nonché la comparsa del ritratto e del quadro da cavalletto. Tra le maggiori testimonianze della scuola provenzale sono il polittico dell'Annunciazione di Aix (Aix-en-Provence, chiesa della Maddalena), di maestro anonimo (1442-45), di chiara derivazione fiamminga, la celebre Pietà di Avignone (1460 ca., Parigi, Louvre); le opere di Enguerrand Charonton (al quale è stata attribuita la Pietà sopra citata) e quelle di N. Froment, pittore di corte di Renato d'Angiò; nelle opere di quest'ultimo tuttavia accanto agli influssi fiamminghi e tedeschi si nota la conoscenza di modelli italiani, nonché il carattere toscano di alcuni dati prospettici.
Per la linguistica
P. Bec, La langue occitane, Parigi, 1963; A. Roncaglia, La lingua dei trovatori. Profilo di grammatica storica del provenzale antico, Roma, 1965; F. R. Hamlin, P. T. Ricketts, Introduction à l'étude de l'ancien provençal, Ginevra, 1967; C. Schmitt, Lexicon der Romanistischen Linguistic, Tubinga, 1991.
Per la letteratura
E. Ripert, La Renaissance Provençale, Parigi, 1954; A. Jeanroy, La poesie occitane des origines à la fin du XVIIIe siècle, Tolosa, 1955; H. Davenson, Les Troubadours, Parigi, 1961; A. P. Lafont, Anthologie de la poésie occitane 1900-1962, Parigi, 1962; A. Viscardi, Le letterature d'oc e l'oil, Firenze, 1967; M. Careri, Il Canzoniere provenzale, Modena, 1990.