potere
IndiceLessico
sm. [sec. XIV; da potere].
1) Capacità, facoltà, possibilità concreta di fare o non fare qualche cosa: l'uomo non ha il potere di volare; è in mio (tuo, suo)potere, dipende da me (da te, da lui), dalla mia (tua, sua) volontà; farò ogni mio potere, tutto ciò che potrò fare.
2) Forza, potenza, virtù particolare: avere poteri soprannaturali; un amuleto dotato di un magico potere. Per estensione, capacità di produrre determinati effetti: il potere distruttivo della bomba atomica; il potere di un veleno, di un medicamento;potere d'acquisto della moneta; poterepotere liberatorio della moneta. In particolare, capacità di influire sulla volontà, sul modo di agire di qualcuno: le tue parole non hanno alcun potere su di me; il suo viso ha un grande potere di seduzione.
3) Dominio, balia, potestà, possesso: ridurre il nemico in proprio potere; ormai la ditta è in suo potere.
4) In diritto, facoltà di agire e disporre in determinati campi privati o pubblici; esercizio di un'autorità, di una potestà autoritaria: il potere di disporre dei propri beni; il potere discrezionale del giudice; il potere legislativo, esecutivo, giudiziario; quasi aggiunto a questi: il quarto potere, la stampa in quanto capace di formare e condizionare l'opinione pubblica; potere spirituale, autorità nel campo religioso; il potere temporale dei papi, quello politico esercitato su un preciso ambito territoriale. Per estensione, autorità inerente a una determinata carica, a un determinato ufficio: godere di un potere illimitato; il padre ha il potere di controllare la condotta dei figli; questo non rientra nei poteri del sindaco; pieni poteri, possibilità di esercitare un'autorità completa e incontrollata. In senso assol., la guida politica, il dominio supremo di uno Stato, il governo; anche le persone, le istituzioni che dirigono lo Stato: ha conquistato il potere con un colpo di stato; le colpe del potere;potere centrale, periferico, l'amministrazione centrale o quella degli enti periferici locali.
5) Nel linguaggio scientifico, termine indicante una proprietà, generalmente specificata quantitativamente, di un corpo o di un sistema. Talvolta, tuttavia, la proprietà non corrisponde a nessuna grandezza misurabile. In particolare: A) in elettrotecnica, potere d'interruzione di un interruttore, il valore massimo dell'intensità di corrente che deve essere interrotta. B) In fisica nucleare, potere frenante o potere di assorbimento, la perdita di energia subita da una particella ionizzante entro la materia per ogni unità di lunghezza del suo percorso (vedi radiazione). C) In termologia, potere calorifico di un combustibile, la quantità di calore, misurata in chilocalorie, che un chilogrammo di tale combustibile sviluppa bruciando completamente. Per potere assorbente, potere riflettente e potere emissivo, vedi irraggiamento.
Diritto pubblico
Nel campo del diritto pubblico, questo termine appare come sinonimo di sovranità, di quel potere superiorem non recognoscens che si esprime in riferimento alle tre distinte funzioni dello Stato: legislativa, esecutiva, giurisdizionale; la prima rivolta a porre in essere le leggi; la seconda rivolta alla loro attuazione concreta, attraverso vari organi amministrativi; la terza rivolta a sanzionare le trasgressioni alle regole stabilite dalla legge. Tra tutti gli studiosi che, in riferimento al diritto pubblico, hanno meditato sul problema del potere, si deve ricordare, nel sec. XVIII, Charles-Louis de Secondat, barone di Montesquieu (1689-1755) che pubblicò, nel 1748, un'opera intitolata L'esprit des lois (Lo spirito delle leggi). Secondo questo studioso è un'eterna esperienza che ogni uomo, il quale ha del potere, è portato ad abusarne, e si spinge sino dove trova dei limiti; perché non si possa abusare del potere è necessario che, per disposizione delle cose, il potere arresti il potere. In ogni Stato vi sono tre sorte (cioè tre tipi) di potere: il potere legislativo; il potere esecutivo; il potere di giudicare. La libertà di un cittadino è quella tranquillità di spirito la quale proviene dall'opinione che ciascuno ha della propria sicurezza; e perché si abbia questa libertà, bisogna che il governo sia tale che un cittadino non possa temere un altro cittadino. Quando, nella persona medesima o nello stesso organo, il potere legislativo è congiunto al potere esecutivo non esiste libertà. Non esiste libertà neppure quando il potere di giudicare non è separato dal potere legislativo e da quello esecutivo. Tutto sarebbe perduto – continua Montesquieu – se lo stesso uomo, o lo stesso gruppo, dei nobili o del popolo, esercitassero questi tre poteri: quello di fare le leggi, quello di eseguire le pubbliche deliberazioni e quello di giudicare i debiti o le vertenze dei privati. In conseguenza, secondo questa teoria, detta della “separazione dei poteri”, i tre poteri fondamentali dello Stato, legislativo, esecutivo, giurisdizionale, devono essere separati e svolti da distinti organi, ciascuno dei quali compie, rispettivamente, la funzione predetta. Questa teoria politica ha avuto molto rilievo e importanza anche sino ai nostri giorni. Se si considera la vigente Costituzione repubblicana, si può notare che nella parte II, intitolata “Ordinamento della Repubblica”, il Titolo I è “Il Parlamento” e che (art. 70) “la funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere”; il Titolo III è “Il Governo”; il Titolo IV è “la Magistratura”, che (art. 104) “costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere”. Da ciò deriva che questa teoria politica è stata recepita nell'ordinamento vigente, pur se con taluni contemperamenti. Infatti, nel sistema costituzionale italiano, oltre ai tre poteri propriamente detti abbiamo un Titolo II, dedicato al “presidente della Repubblica”, che (art. 87) “è il capo dello Stato e rappresenta l'unità nazionale” e nel Titolo VI, Sezione I, è prevista la Corte Costituzionale, che giudica, tra l'altro (art. 134), sui conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato. Oltre a ciò vi sono alcune interferenze nelle funzioni dei poteri dello Stato. Per esempio, il governo può legiferare, su delegazione delle Camere (art. 76); in caso di urgenza, può emanare provvedimenti con forza di legge, salva successiva conversione in legge delle Camere (art. 77). Il presidente della Repubblica può concedere la grazia e commutare le pene (art. 87). Da quanto esposto deriva la misura in cui nell'ordinamento vigente è stata recepita questa importante teoria politica, che si basa tutta sull'incisiva e pregnante affermazione: Il faut que le pouvoir arrête le pouvoir. Il potere disciplinare è il potere di applicare sanzioni contro coloro che contravvengono alla disciplina vigente nella pubblica amministrazione, in un'azienda privata, negli ordini professionali, nelle assemblee. Nella pubblica amministrazione il potere disciplinare compete al superiore gerarchico; nell'azienda privata all'imprenditore (che lo può delegare a dirigenti, capiufficio, ecc.); negli ordini professionali agli organi dirigenti; nelle assemblee il potere rimane negli stessi componenti dell'assemblea o è prerogativa del suo presidente.
Diritto internazionale
Nel diritto internazionale, per pieni poteri si intendono quelli riconosciuti a uno o più diplomatici (detti appunto plenipotenziari) di trattare con potere decisivo un affare con uno o più Stati stranieri. Costituendo una delega straordinaria di poteri che abitualmente risiedono nel potere esecutivo, tale delega si restringe solo ad alcuni casi importanti come la stipulazione di accordi bilaterali o multilaterali con altri Stati. Gli atti compiuti dai plenipotenziari tuttavia non hanno capacità vincolativa fino a quando non sono ratificati dal capo dello Stato o dal Parlamento. Unica eccezione a questa regola è la firma di accordi stipulati da plenipotenziari per una tregua che abbia effetto immediato.
Diritto canonico
Due sono le tesi sostenute dai canonisti riguardo al potere temporale dei papi: la prima definisce tale potere un'“istituzione giuridica di sovranità sui generis” (cioè diversa dagli altri poteri civili per il potere religioso che coesiste nella stessa persona che detiene la sovranità); l'altra tesi invece considera il potere temporale un “vero e proprio potere civile”, necessario al papa per godere di una completa indipendenza nell'ambito internazionale. Caratteristiche del potere temporale sono: l'autorità sovrana personale (cioè inseparabile dalla persona del papa); un territorio e dei sudditi su cui poter attuare ed esercitare la sovranità. Il potere temporale dei papi sorse sullo sfacelo dell'Impero romano e si venne consolidando nel Medioevo, resistendo anche nelle molteplici traversie dell'età moderna fino al 1870. Contro le aspre critiche mosse al potere temporale durante il Risorgimento italiano i canonisti cattolici avevano elaborato una difesa nella quale si affermava che il potere temporale era solo “accessorio” a quello spirituale, ma necessario per assicurare al papa l'immunità piena nell'esercizio della sua giurisdizione spirituale: il potere temporale cioè non era un fine ma un mezzo per esprimere il potere spirituale. Questa dottrina fu sostenuta dai pontefici Pio IX, Leone XIII e Pio XI. Questi, nel 1929, metteva fine alla Questione Romana relativa al potere temporale con i Patti Lateranensi, nei quali di tutto il territorio dell'ex Stato pontificio rivendicava solo 44 km², quel tanto sufficiente ad affermare la sovranità del papa e a godere dell'immunità nell'ambito religioso.
Fotografia
Potere risolvente o potere risolutivo, capacità di un sistema fotografico di registrare i dettagli più fini di un soggetto. Il potere risolvente si misura fotografando un test a barre bianche e nere via via più sottili e determinando dopo lo sviluppo fino a che punto queste siano ancora risolte; viene espresso in linee per millimetro, indicando con ciò il numero di coppie di linee risolte in un millimetro di emulsione. La risoluzione di un'immagine fotografica dipende dalle caratteristiche dell'obiettivo e da quelle dell'emulsione. Il potere risolvente del solo obiettivo si può misurare analizzando con un microscopio l'immagine proiettata sul piano focale. Esso è massimo al centro dell'immagine e decresce progressivamente verso i bordi, dove può anche dimezzarsi; dipende inoltre dall'apertura del diaframma, ossia aumenta fino a un certo punto con la chiusura del diaframma, per poi tornare a diminuire a causa della diffrazione sul diaframma stesso. Il potere risolvente della sola emulsione viene invece determinato impiegando un obiettivo con risoluzione estremamente elevata e standardizzando le condizioni di esposizione e sviluppo: infatti dipende dal tipo di sviluppo e in ogni caso è massimo solo quando l'esposizione è corretta. Il potere risolvente non è sufficiente per stabilire la qualità di un'immagine fotografica, in quanto essa dipende anche dal contrasto con cui vengono risolti i dettagli. Infatti un'immagine ad alto potere risolvente e basso contrasto può risultare peggiore di una con potere risolvente inferiore ma con contrasto elevato. Siccome la linea di separazione tra due zone di diversa densità risulta sempre sfumata a causa delle aberrazioni dell'obiettivo, della granulosità dell'emulsione e della diffusione della luce all'interno dell'emulsione stessa, si è presa come indice della nitidezza la velocità di variazione della densità in queste zone di separazione, denominandola acutanza. Un più completo criterio per la valutazione della qualità di un'immagine fotografica deriva dagli studi fatti per determinare quantitativamente il decadimento subito da un'immagine trasmessa per televisione. Si considera l'immagine suddivisa in una serie di zone di diversa luminanza e dimensioni. L'informazione (da trasmettere via radio o da registrare fotograficamente) è costituita dalla differenza di luminanza tra zone adiacenti. Il soggetto da riprodurre viene quindi considerato come una distribuzione nello spazio di zone di diversa luminanza: si può quindi ridurre il problema dello studio della qualità dell'immagine alla valutazione di come venga riprodotta una modulazione spaziale standard, costituita da una successione di linee bianche e nere di frequenza variabile. Poiché le linee di separazione tra due zone di diversa densità sono sempre sfumate, si ha una progressiva diminuzione del contrasto all'aumentare della frequenza. Si può quindi riportare in grafico l'andamento del contrasto in funzione della frequenza spaziale, ottenendo la cosiddetta funzione di trasporto del contrasto. Questa funzione tende al valore zero in corrispondenza del limite del potere risolvente e quindi non fornisce solamente l'indicazione del potere risolvente, ma anche informazioni sul contrasto con cui vengono riprodotti i dettagli al di sotto di questa frequenza limite. Queste indicazioni sono particolarmente importanti poiché la nitidezza di un'immagine non dipende tanto dalla sua risolvenza quanto dal contrasto con cui sono riprodotti i dettagli più immediatamente visibili.
Ottica
Potere diottrico, sinonimo di convergenza. Potere disperdente o dispersivo, carattere di un mezzo ottico per il quale l'indice di rifrazione varia in misura minore o maggiore con la lunghezza d'onda della radiazione che lo attraversa. È misurato dal numero di numero di Abbe. Potere risolutivo, grandezza fisica definita sia in spettrometria, sia nel campo degli strumenti ottici di osservazione. In spettrometria è l'attitudine di uno spettrometro a separare due righe di lunghezze d'onda più o meno vicine misurata dal rapporto R=λ/Δλ fra la lunghezza d'onda media λ fra le due lunghezze d'onda più vicine separabili e la differenza Δλ fra dette due lunghezze d'onda. Per effetto di fenomeni di diffrazione, in un prisma di spettrometro, R non può superare il valore:
dove s è lo spessore della base del prisma e n è l'indice di rifrazione del mezzo che costituisce il prisma funzione nota di λ. Nel caso degli strumenti ottici da osservazione, il potere risolutivo, o potere separatore, è l'attitudine dello strumento a consentire la visione distinta di due punti più o meno vicini, crescente con il crescere di tale distanza minima. Se lo strumento è atto all'osservazione da vicino (microscopio, obiettivo fotografico) e φ è l'apertura del fascio uscente dall'oggetto che investe l'obiettivo (in entrambi i casi), la distanza fra due punti nitidamente distinguibili non può, per fenomeni di diffrazione, superare il valore dove λ è la lunghezza d'onda della radiazione usata ed n è l'indice di rifrazione del mezzo in cui è immerso l'oggetto in osservazione. Come grandezza fisica che misuri il potere risolutivo può essere assunta l'espressione 1/Δx.Nel caso degli strumenti ottici per osservazione da lontano (cannocchiali, telescopi) il potere risolutivo va riferito al minimo angolo sotto il quale possono essere distinti due punti luminosi vicini, angolo costituito dalle due congiungenti i due punti con il centro dello strumento. In relazione a fenomeni di diffrazione, tale angolo non può essere inferiore a α=1,22 λ/D dove D è il diametro dell'o-biettivo. Come misura quantitativa del potere risolutivo può essere assunto 1/α. Nel caso dell'occhio umano, considerato come strumento di osservazione da lontano, l'angolo α minimo corrisponde a ca. 1´; tale valore è legato sia a fenomeni di diffrazione, sia al fatto che il globo oculare durante l'osservazione è in continuo movimento. Potere rotatorio, proprietà, naturale o acquisita, di alcune sostanze di far ruotare il piano di polarizzazione della luce polarizzata che le attraversa. Nelle sostanze, solide o liquide, dotate di potere rotatorio naturale l'angolo di cui vien fatto ruotare tale piano è funzione delle dimensioni e della natura della sostanza, nonché della lunghezza d'onda della radiazione. Sono chiamate levogire le sostanze per cui la rotazione del piano di polarizzazione è nel senso antiorario per un osservatore che riceve il fascio luminoso frontalmente, destrogire nel caso opposto. Fra i solidi ha, per esempio, potere rotatorio il quarzo; fra i liquidi l'essenza di trementina e le soluzioni di zucchero. Dal punto di vista quantitativo, il potere rotatorio è misurato dal rapporto α/l fra l'angolo α di rotazione e la lunghezza l del provino, con il segno positivo per sostanze destrogire, negativo per sostanze levogire. Si chiama potere rotatorio specifico il rapporto tra potere rotatorio e massa volumica della sostanza. § Potere rotatorio magnetico, la rotazione del piano di polarizzazione analoga al caso precedente che si verifica in corpi trasparenti isotropi disposti in un campo magnetico avente componente non nulla nella direzione del raggio luminoso. Il fenomeno corrispondente è detto effetto Faraday.
Sociologia
Tema assolutamente centrale per l'analisi sociologica, il potere può essere generalmente definito come capacità di assumere decisioni che determinino comportamenti di altri, entro una relazione sociale che coinvolge gruppi o singoli individui. Il potere implica, perciò, la possibilità di ricorrere a strumenti in grado di imporre la decisione presa a soggetti che non la condividano. In questa prospettiva, il potere si manifesta come esercizio possibile di mezzi che spaziano dall'influenza personale (compresa la seduzione) al più brutale impiego della violenza fisica. Deriva da questa obiettiva pregnanza del concetto di potere la ormai antica controversia definitoria che oppone i sostenitori di una nozione più restrittiva (differenziando così precisamente il potere dall'influenza, dall'autorità, dalla potenza e dalla leadership) ai fautori di un'interpretazione più elastica ed estensiva, affidata a una prevalente connotazione storiografica (tipi di potere concretamente esercitato). Così, R. Dahla sostanzialmente ricondotto la categoria di potere a quella di influenza, come relazione in cui un attore sociale induce altri attori a comportarsi come non avrebbero altrimenti fatto. Ma questa capacità di esercitare influenza implica una sostanziale diseguaglianza fra le parti (A, imponendo il proprio volere, è più potente di B). E la nozione di diseguaglianza, a sua volta, introduce il principio di legittimazione dell'influenza-potenza: si può avere una relazione di potere per effetto di una norma giuridica (B è gerarchicamente subordinato ad A), ma il potere di A può manifestarsi anche in una situazione di eguaglianza di diritto, come espressione di una leadership dotata di influenza (o di specifiche capacità, o di abilità persuasiva, o di fascino), esattamente come si può avere il rifiuto di B di riconoscere la subordinazione di diritto ad A. Si pone, insomma, la fondamentale questione della legittimità del potere e delle sue forme (R. Dahl ne individua circa 14.000). Anche H. Lasswell e A. Kaplan distinguono il potere dall'influenza, considerandolo come un “caso particolare” di questa, caratterizzato dalla possibilità di ricorrere a sanzioni. Altri studiosi, come M. Duverger, contestano l'equazione potere-coercizione e si rifanno piuttosto all'accettazione del potere che è indotta dalla forza del diritto. In altre parole, per M. Duverger (che riprende un celebre argomento di T. Parsons) la coercizione sta al potere come l'oro sta alla moneta: in un sistema economico efficiente il credito si basa sulla fiducia e non sull'uso del metallo, al quale si fa ricorso solo quando si incrini la fiducia dei cittadini. Così il potere ricorre solo eccezionalmente alla coercizione, affidandosi piuttosto alla legittimazione che gli deriva dal diritto formale, ma anche dal sistema di norme, valori, credenze e consuetudini di una società. Il potere finisce, così, per identificarsi con l'autorità, in quanto influenza riconosciuta come legittima. Il criterio che conferisce la legittimazione del potere è però desumibile soltanto dalla configurazione storico-sociale della comunità. M. Weber ha individuato tre fondamentali tipi di potere corrispondenti a tre diversi principi di legittimazione: il potere carismatico, basato sul riconoscimento intuitivo e personale delle qualità straordinarie del leader (è il caso dei profeti dotati di “investitura”, dei grandi capi mistici o di alcuni protagonisti di rivoluzioni politiche, anche se M. Weber adotta la tipologia estensivamente, applicandola per esempio a uno statista democratico come Gladstone); il potere tradizionale, ispirato alla continuità dell'ordine politico e alla sua supposta sacralità (è il potere che si trasmette per via dinastica); il potere legal-razionale, fondato sul principio di legalità e di impersonalità, come nel caso delle cariche elettive in una democrazia rappresentativa. Il potere, inoltre, può essere rappresentato in maniere molto diverse: per la scuola struttural-funzionalista, esso è una risorsa circolante nel sistema sociale e funzionale all'equilibrio del sistema stesso. È l'immagine di un potere diffuso, politicamente neutro e indispensabile alla preservazione dell'ordine, che si contrappone alla visione conflittualistica ed elitistica, per cui il potere è in realtà un bene scarso, fortemente concentrato e oggetto di una costante lotta per spostarne porzioni da uno all'altro dei soggetti in competizione (classi, partiti, singoli individui, secondo l'idea di potere a somma zero). Uno studioso come R. Dahrendorf, infine, sottolinea come il problema sociologico centrale sia costituito dal riconoscimento sociale dell'autorità e dalla sua visibilità in un sistema postindustriale, chiamando in causa empiricamente ruoli e posizioni di status più che astratti principi di legittimità del potere formalisticamente inteso.