papirologìa

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Definizione

sf. [sec. XX; papiro+-logia]. La papirologia studia le antiche scritture latine e greche su papiro: non rientrano quindi nel campo specifico della papirologia, nella comune accezione del termine (che fu coniato dal filologo G. Vitelli nel 1901), altre scritture per quanto anch'esse tracciate su papiro , quali le geroglifiche (e le altre scritture egiziane come per esempio il demotico), le arabe, le ebraiche, le copte; vi rientrano al contrario le scritture (greche) tracciate su taluni materiali, diversi dal papiro, quali gli ostraca.

Storia della disciplina

Il primo, lontano e indiretto precedente degli studi papirologici moderni fu la scoperta e lo studio da parte del grecista G. B. Grimeo (1540-1617) di due papiri greci da lui portati in Europa (e ora conservati a Basilea). Più legittimamente l'origine della papirologia si può individuare nel ritrovamento dei papiri ercolanensi di Filodemo nella villa di Lucio Calpurnio Cesonino in occasione degli scavi eseguiti nel 1752-54 per iniziativa di Carlo III di Borbone. Qui furono scoperti poco meno di 2000 rotoli papiracei carbonizzati, alcuni dei quali furono svolti in modo da consentirne la lettura da A. Piaggio; l'Accademia Ercolanense (fondata nel 1756) ne intraprese lo studio pubblicandoli negli 11 volumi della Collectanea prima (1793-1855). Nel 1778 un mercante italiano in Egitto entrò casualmente in possesso di un papiro (12 colonne di scrittura con un elenco di nomi di persone, datato al 192 d. C.) che donò al cardinale Stefano Borgia per il suo museo di Velletri: il papiro (ora al Museo Nazionale di Napoli) fu pubblicato nel 1788. Nel 1805 monsignor G. Marini pubblicava in I papiri diplomatici tutto quanto era allora noto in materia di papiri. Dopo lo sbarco di Napoleone in Egitto, e dopo il conseguente inizio di varie campagne di ricerca archeologica, si ebbero notevoli ritrovamenti di papiri che giunsero in Europa in quantità apprezzabili a partire dal 1820, consentendo l'inizio di studi papirologici sistematici in molti dei maggiori centri culturali europei, e quindi la pubblicazione di notevoli raccolte, a cominciare da quella del Museo Egizio di Torino (papiri Drovetti) curata da A. Peyron nel 1826-27, che oltre a offrire agli storici una documentazione eccezionale costituì un esempio fondamentale di metodo per la nuova scienza. Nel 1831-36 il cardinale A. Mai pubblicava i papiri Vaticani corredandoli di studi sulla provenienza loro e di altre raccolte; seguirono le edizioni dei papiri del British Museum di Londra a opera del Forshall (1839) e di A. Peyron (1841), del Museo di Leida curata da C. Leemans (1843); interrotto dalla morte il lavoro di J. A. Letronne sui papiri parigini, veniva compiuto da altri studiosi nel 1865. Una svolta decisiva si ebbe nell'ultimo quarto del secolo: nel 1877 si costituiva l'eccezionale raccolta viennese dell'arciduca Ranieri, di alcune centinaia di papiri; nel 1883 incominciarono le campagne di scavo e di ricerca di F. Petrie nel Delta del Nilo e nel decennio successivo gli si affiancarono F. C. Kenyon e H. I. Bell per conto del British Museum, B. P. Grenfell e A. S. Hunt per conto di Oxford; nel 1897-98 si arrivò alla scoperta grandiosa delle migliaia di papiri, di vario genere, età, provenienza, di Ossirinco. Al lavoro di edizione dei testi andò contemporaneamente affiancandosi un ampio ventaglio di studi collaterali (paleografici, linguistici, storici, storico-diplomatici, ecc.), finché nel 1903 la fondazione dell'Archiv für Papyrusforschungen di U. Wilcken consentì l'aprirsi di un sistematico confronto sui metodi e sui risultati delle indagini sui papiri.

A. Calderini, Papyri, Milano, 1962; L. Malerba, Storia della pianta del papiro in Sicilia e la produzione della carta in Siracusa, Bologna, 1968; O. Montevecchi, La papirologia, Milano, 1988.

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