immortalità
IndiceLessico
sf. [sec. XIII; dal latino immortalítas-ātis]. L'essere immortale, condizione di chi, di ciò che è immortale. Per estensione, fama, gloria eterna, imperitura.
Filosofia
Sopravvivenza dell'anima dell'uomo dopo la morte, affermata e dimostrata in base a un principio religioso o postulata e derivata dal carattere etico proprio della vita umana. Entrambe queste concezioni, inoltre, possono affermare tanto l'immortalità individuale e personale, quanto l'immortalità sopraindividuale, l'immortalità dello spirito umano. Esempi dell'immortalità in senso religioso sono: la filosofia di Plotino, la filosofia cristiana in generale, entrambe schierate per l'esistenza di un'immortalità individuale. La filosofia araba, invece, una parte del romanticismo e tutte le forme di panteismo sostengono l'esistenza di un'immortalità sopraindividuale. Le prove che si adducono a dimostrazione dell'immortalità sono: nel caso dell'immortalità individuale, la presenza nell'anima di un principio divino e, nel caso d'immortalità sopraindividuale, la partecipazione e la risoluzione di ogni singolo essere nell'assoluto. Professano l'immortalità per il carattere etico dell'uomo: la filosofia di Platone e di Aristotele, l'etica di Kant (l'immortalità è infatti un postulato, la cui ammissione è necessaria dal punto di vista dell'etica) e l'ateismo di Feuerbach, il quale, pur negando qualsiasi forma d'immortalità religiosa, mantiene tuttavia il carattere immortale della specie umana.
Religioni
L'immortalità è un concetto che in storia delle religioni va distinto da quello di sopravvivenza alla morte e pertanto va inteso come assenza dell'esperienza di morte. In tal senso, l'immortalità costituisce una qualità esistenziale attribuita a esseri extraumani o sovrumani, mentre proprio l'esperienza della morte, o la mortalità, caratterizza l'esistenza umana, a tal punto che varie culture, tra cui quella greca, per dire “uomini” dicono “mortali”, come se la mortalità fosse propria dell'uomo e non anche degli animali. La condizione umana, nella maggior parte delle mitologie, è fondata da un mito di perdita dell'immortalità, dovuta a errori o a colpe dei primi uomini, ma anche a incidenti privi di responsabilità umana: per esempio un noto mito dei Boscimani racconta come Luna avesse affidato a Lepre un messaggio per gli uomini nel quale si diceva che essi sarebbero stati immortali; ma Lepre dimenticò il messaggio e riferì tutto il contrario. Oltre ai miti di perdita dell'immortalità vanno considerati i miti di immortalazione mancata, che in certo qual modo ribadiscono la condizione mortale degli uomini, ma aprono anche la vita a prospettive diverse. I miti di Achille e Sigfrido, per citare i più noti, in cui l'immortalità equivale a invulnerabilità, se vanificano l'immortalità stessa, fondano tuttavia la condizione “eroica”, superiore a quella umana. Un caso più specifico della cultura greca: Demetra vorrebbe immortalare Demofonte per mezzo del fuoco, ma la madre di Demofonte impaurita interrompe l'azione della dea; ebbene, questa immortalazione mancata fonda la mistica eleusina per la quale l'esperienza della morte diventava un fatto positivo anziché negativo dell'esistenza umana. L'immortalità di esseri extraumani o sovrumani, oltre a essere intesa come una caratteristica naturale, viene concepita in molte religioni in modo vitalistico, come l'effetto di particolari cibi o bevande di cui quegli esseri dispongono a differenza degli uomini. Questa idea, variamente realizzata (l'ambrosia dei Greci, l'amrta degli Indiani, per esempio, entrambe le quali significano etimologicamente “immortalità”), può introdurre la speranza di una conquista di quei cibi e bevande intesi come mezzi di salvezza. Anche in tal caso ne risultano prospettive mistiche, ossia di rifiuto del mondano come rifiuto della condizione umana.
Cristianesimo
A differenza di altre concezioni, e in particolare di quella elaborata dalla tradizione filosofica greca, manca nel pensiero biblico l'idea dell'immortalità dell'anima. Nell'Antico Testamento il termine stesso di immortalità è assente – tranne che in alcuni luoghi dei libri deuterocanonici –, mentre nel Nuovo Testamento la si dichiara attributo esclusivo di Dio (I Timoteo, 6, 16), o se ne parla in stretta connessione con l'idea di resurrezione (I Corinzi, 15, 53), che costituisce, dal tardo giudaismo in poi, il centro della fede ebraico-cristiana nel superamento della morte. Infatti, né l'antropologia biblica, per la quale l'uomo è un essere unitario, né la concezione biblica della morte, vista come “salario del peccato” (Romani, 6, 23) e non come salutare liberazione dell'anima dal corpo, possono dar luogo all'idea dell'immortalità dell'anima, che si è poi affermata nella tradizione della Chiesa, sin dai primi secoli del cristianesimo, per effetto dell'influenza determinante del pensiero greco.