frollatura
sf. [sec. XIV; da frollare]. Modificazione delle caratteristiche fisiche e chimiche delle carni in corso di conservazione dalla quale dipendono, in gran parte, bontà, tenerezza e maggior pregio dietetico e commerciale dell'alimento. La frollatura è un fenomeno di natura enzimatica che comincia subito dopo che si è risolto il rigor mortis: l'acido lattico presente nel tessuto connettivo muscolare favorisce l'attacco degli enzimi proteolitici che portano alla lisi delle proteine; nel muscolo aumenta così il potere di assorbire acqua e le fibre connettivali si fanno più molli per cui la carne diventa tenera. La lisi delle proteine libera gruppi amminici che tendono a far risalire il pH; quando il pH giunge a 6-6,2 (il che avviene, a temperatura di 18-20 ºC, entro 48 ore in media) la frollatura si può considerare ultimata: aspettare oltre significa andare incontro a putrefazione. Importante nella frollatura è la temperatura di conservazione delle carcasse, in quanto la lisi proteica è direttamente proporzionale alla temperatura e alla durata della conservazione: allo scopo, per ottenere una buona frollatura si mantengono le carni macellate a temperature comprese fra 0 e 3,5 ºC fino a un massimo di 15 giorni per quelle di vitello e suino e di 30 giorni per quelle di bovino adulto.