conciliarismo

sm. [da conciliare (aggettivo e sostantivo)]. Dottrina, detta anche episcopalismo, secondo la quale il Concilio ecumenico, in quanto rappresentanza dell'intera Chiesa, ne costituisce l'autorità massima, superiore a quella dello stesso pontefice. Il conciliarismo fu elaborato teoricamente nella prima metà del sec. XIV da G. Occam, Giovanni di Gianduno e Marsilio da Padova (nel Defensor pacis), dando quindi luogo, nella seconda metà dello stesso secolo e nella prima di quello seguente, a un vasto movimento d'opinione che ebbe nell'Università di Parigi il proprio centro propulsore e che, attraverso i suoi maggiori rappresentanti (tra cui Pierre d'Ailly e Jean Gerson), si propose di risolvere appunto per la via conciliaristica la crisi della Chiesa culminata nello scisma d'Occidente (1378-1415). Il Concilio di Costanza, cui Pierre d'Ailly e Gerson erano presenti, vide l'affermazione della teoria conciliarista, definita dottrina ufficiale della Chiesa nei Decreti del marzo e dell'aprile 1415, riconfermati poi dal Concilio di Basilea (cui partecipò anche, quale sostenitore del conciliarismo, Nicola Cusano). La dottrina fu rigettata da Pio II nel 1460 con la bolla Execrabilis, e, nel 1516, da Leone X, che riaffermò la supremazia del pontefice sopra tutti i concili.

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