coercizióne

sf. [sec. XIX; dal latino coërcitío-ōnis]. Costrizione, pressione violenta esercitata su qualcuno; coazione. § Nella Roma repubblicana, la coërcitio era il potere spettante al magistrato al fine di mantenere e assicurare l'ordine. In virtù di tale potere il magistrato applicava sanzioni corporali (pena di morte, fustigazione) o patrimoniali (multe) nei confronti di chiunque avesse contravvenuto ai suoi ordini o impedito l'esercizio delle sue funzioni (potere disciplinare, di polizia), ovvero di chi avesse commesso fatti che egli riteneva punibili, stabilendone al tempo stesso la sanzione (repressione criminale). Originariamente illimitata, la coercizione venne man mano ristretta e, con l'avvento del principato, spettò al princeps. § Nel diritto militare, coercizione diretta, esercizio di uno speciale e gravissimo potere che il Codice Penale Militare di guerra (art. 241) attribuisce al comandante di un corpo, di una nave o di un aeromobile il quale, nella flagranza di un reato di disobbedienza, insubordinazione, ammutinamento, rivolta, può immediatamente passare o far passare per le armi coloro che risultino manifestamente colpevoli, qualora per effetto del reato vi sia pericolo imminente di compromettere la sicurezza del corpo, della nave o dell'aeromobile o la loro efficienza bellica. La fattispecie delittuosa è stata cancellata dal codice penale militare di guerra dalla legge 13 ottobre 1994, n. 589.

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