antivitamina

sf. [anti-2+vitamina]. Sostanza naturale o sintetica che interferisce nelle normali funzioni biologiche o nella biosintesi delle vitamine. Molte antivitamine agiscono con meccanismo tipico degli antimetaboliti: infatti, date le loro strette analogie strutturali con i corrispondenti fattori vitaminici, si comportano nell'organismo come “pseudo-vitamine” o “pseudo-provitamine”, inserendosi, con effetti bloccanti, nei processi metabolici cellulari deputati alla sintesi o all'utilizzazione delle vitamine. Da ciò risultano alterazioni del biochimismo cellulare riproducenti il quadro patologico delle specifiche carenze vitaminiche. Esempi di antivitamine attive con meccanismo antimetabolico sono le antiriboflavine, le antitiamine, la desossipiridossina (antivitamina B₆), i composti dicumarolici (antivitamine K), l'acido glucoascorbico (antivitamina C). Tra i fattori antivitaminici che agiscono con altri meccanismi si possono ricordare l'avidina, proteina dell'albume d'uovo che si lega stabilmente con la tiamina inattivandola; l'acido fitico, dotato di azione rachitogena (antivitamina D); il fosfato e il succinato di tri-o-cresile, i quali riducono le concentrazioni tessutali di vitamina E, producendo negli animali di laboratorio i tipici effetti della carenza di α-tocoferolo; l'enzima tiaminasi presente nei muscoli dei pesci di acqua dolce e il flavonoide isoquercitina che provocano la biodegradazione della tiamina. Alcune antivitamine hanno grande importanza dal punto di vista terapeutico; si possono citare, per esempio, le applicazioni delle antivitamine K nella terapia anticoagulante e l'impiego degli antagonisti dell'acido folico e dell'acido p-amminobenzoico rispettivamente nella chemioterapia antineoplastica e antibatterica. Le antivitamine costituiscono inoltre un mezzo prezioso per produrre avitaminosi sperimentali e per indagare sul significato delle vitamine nell'ambito dei meccanismi biochimici della cellula.