Turandot
Eroina di una novella persiana destinata a notevole fortuna nelle letterature e nella musica occidentali. Turandot è una principessa che sottopone i pretendenti alla sua mano a una serie d'indovinelli, punendo con la morte chi non riesce a risolverli e decidendosi infine, pur con molta riluttanza, a impalmare chi sa dare le risposte esatte. Alla radice della sua fortuna teatrale è l'omonima fiaba di C. Gozzi, che fu tradotta in tedesco da F. Schiller nel 1801 con musiche di scena di C. M. von Weber. Importanti sono soprattutto, nella storia del teatro in musica, le opere che ne ricavarono, sempre col titolo Turandot, F. Busoni e G. Puccini. Su questo tema B. Brecht scrisse il dramma Turandot o il congresso degli imbiancatori, rappresentato postumo a Zurigo nel 1969. La fiaba teatrale in cinque atti di C. Gozzi, rappresentata al Teatro San Samuele di Venezia il 22 gennaio 1762, punta, più che sugli incantesimi e le magie, su una solida costruzione drammatica, sull'affascinante ed enigmatico personaggio della protagonista, su alcune scene di sicuro effetto spettacolare e sulle risorse comiche ricavate dal trapianto delle maschere veneziane in un ambiente esotico quale la corte, tutta inventata, dell'imperatore di Cina. Ha avuto nel corso dei secoli alcune edizioni teatrali di rilievo, da quella di J. W. Goethe a Weimar nel 1801 (nella traduzione di F. Schiller) a quella celeberrima di E. B. Vachtangov, presentata a Mosca nel 1922. In Italia si ricordano gli spettacoli allestiti da G. Salvini a Vicenza nel 1952 e da V. Puecher a Torino nel 1973. § L'opera in tre atti di G. Puccini, su libretto di G. Adami e R. Simoni, tratto dall'omonima fiaba teatrale di C. Gozzi, fu rappresentata postuma al Teatro alla Scala di Milano il 25 aprile 1926, diretta da A. Toscanini. Lasciata incompiuta da Puccini, che si era arrestato al duetto conclusivo del terzo atto, la Turandot fu completata da F. Alfano sugli appunti rimasti. È l'opera in cui la vigile attenzione di Puccini ai fatti contemporanei, la sua ricerca di rinnovarsi si manifestano più compiutamente: lo stesso argomento fiabesco (pur umanizzato nella figura squisitamente pucciniana di Liù) e in particolare il ritratto della gelida protagonista rappresentano fatti e stimoli non familiari alla poetica del compositore. Tra le pagine più celebri sono Signore, ascolta; Non piangere, Liù; In questa reggia; Nessun dorma; Tu che di gel sei cinta. Lo stesso soggetto, in chiave più decisamente ironico fiabesca, fu musicato da F. Busoni, su libretto proprio. L'opera, tra le più significative del compositore, fu rappresentata al Teatro Municipale di Zurigo l'11 maggio 1917.