Sabàudo, Stato
"Per la cartina storica vedi il lemma del 17° volume." Stato la cui formazione "La cartina storica relativa allo Stato sabaudo è a pag. 393 del 19° volume." risale a Umberto I Biancamano (m. 1048), feudatario della Borgogna, che ampliò i suoi possessi con le concessioni dell'imperatore Corrado II. Lo Stato sabaudo era costituito grosso modo da una fascia di territori che da Vienne sul Rodano giungeva, per la Savoia, fino ad Aosta, limitata da confini piuttosto frastagliati e non facili da precisare. In seguito al matrimonio di Oddone con Adelaide (1046), erede del marchese di Torino, si estese a gran parte del Piemonte e raggiunse la Liguria ad Albenga e a Ventimiglia, ma tale ampiezza durò quanto la vita di Adelaide perché l'età infantile dell'erede causò lotte che lasciarono ai Savoia soltanto i territori d'Oltralpe, le valli d'Aosta e di Susa e alcuni lembi della marca di Torino. Tuttavia, se avevano perso le terre più fertili e ricche ed era loro rimasto un dominio così disperso da non sembrare durevole, avevano conservato i punti chiave del passaggio delle Alpi Occidentali, quelli che avrebbero fatto del piccolo Stato un transito obbligato per i commerci tra la Francia e l'Italia e un ambito alleato nelle lotte tra Impero e Chiesa, tra Impero e Comuni. La posizione geografica non permise l'estraneità dalle vicende che agitavano tre grandi Paesi in formazione: Francia, Germania e Italia. Gli indubbi aspetti negativi della situazione potevano mutarsi in positivi con una politica abile e duttile, che permettesse di sfruttare le contese e le necessità di passaggio. Tale politica, già attuata da Adelaide, fu la norma dei Savoia e l'origine dei loro successi. Destrezza diplomatica, matrimoni, conquiste, cambi, omaggi di feudatari minori furono gli strumenti delle loro ambizioni. Pur attraversando periodi di sfortuna, un poco alla volta estesero, collegarono e consolidarono il loro territorio al di qua e al di là delle Alpi, dimostrando fin dall'inizio un particolare interesse per il versante cisalpino. Nel sec. XIII lo Stato ricevette confini abbastanza compatti e giunse a nord oltre il lago di Ginevra con l'acquisto del Vaud (1240), comprese, lungo la Saona, buona parte del Bresse (1272) e, verso il Delfinato, Chambéry, che fu capitale ufficiale dal 1232 al 1562; a sud penetrò nel cuore del Piemonte, dove l'imperatore Federico II aveva concesso diritti (1248) su Torino, il Canavese e altre terre. Nel secolo seguente furono sottomesse, oltre al Canavese, Ivrea, Santhià, Biella, Cuneo e la contea di Nizza (1388), importante per lo sbocco verso il mare. Il governo di Amedeo VIII promosse uno dei periodi migliori. Egli fece compilare gli Statuta Sabaudiae (1416) non tanto per mutare le istituzioni, quanto per riorganizzarle e imprimere un ordine rigorosamente gerarchico a uno Stato dai caratteri molteplici per stirpi, costumi ed economia, giacché si estendeva dalle vallate alpine, eminentemente rurali e povere di grandi nuclei abitati, alle zone di pianura, dove la popolazione si raccoglieva in centri urbani fervidi di iniziative mercantili. Feudatari e comuni dovettero riconoscere l'autorità del principe, ma ebbero il modo di far sentire la loro voce in organi collegiali, quali i Consigli residenti e itineranti, che lo assistevano nelle sue funzioni ed erano riservati alla nobiltà o ad alti magistrati, e le Congregazioni degli Stati, aperte al ceto borghese. La politica estera, saggia e fortunata, con l'abile gioco diplomatico tra la Francia, l'Impero, il Monferrato, Milano, Venezia e Firenze, fruttò l'allargamento di territori, tra cui Vercelli (1427), e di prestigio, accresciuto dall'erezione del comitato in ducato concessagli (1416) dall'imperatore Sigismondo che, esaltando i legami d'amicizia, suonò ammonimento per la Francia, troppo sollecita a cogliere le occasioni di ingerenza in quella zona, dove lo sfaldamento del regno di Borgogna e la frantumazione dei feudi, tra cui stavano emergendo i cantoni svizzeri, le offrivano buon gioco. Tali intenti travolsero ogni difesa durante le guerre tra Francesco I e Carlo V. Di queste approfittarono anche i Bernesi per strappare il Vaud e Losanna e Ginevra per conquistare l'autonomia mentre il re di Francia invadeva la Savoia (1536) e quasi tutto lo Stato sabaudo, tranne la Valle d'Aosta, Nizza e qualche lembo orientale del Piemonte. Con la Pace di Cateau-Cambrésis (1559) il ducato ritornò ai Savoia, sebbene con qualche mutilazione (specialmente Oltralpe, dove fu limitato al versante sud del lago di Ginevra, esclusa la città) e con presidi francesi e spagnoli in alcune piazzeforti piemontesi, eliminati però nel 1562 e nel 1575. Lo resse Emanuele Filiberto, che provvide a rinsaldare l'unità territoriale, a rianimare l'economia, a rafforzare la difesa con milizie cittadine e una marina e soprattutto a trasformare le strutture politiche, amministrative e sociali. Il suo governo divenne assoluto, tuttavia rimasero alcune limitazioni specialmente nel settore giudiziario coi Seriati di Chambéry e di Torino e in quello finanziario con le due Corti dei Conti. La capitale fu trasferita stabilmente a Torino, quasi a segnare il definitivo orientamento verso l'Italia, orientamento che continuò con la conquista del marchesato di Saluzzo (1588), sancita dalla Pace di Lione (1601) in cambio della cessione alla Francia di alcune terre tra Lione e Ginevra, e con le guerre del Monferrato (1612-31), condotte però con scarsa fortuna e concluse col vassallaggio alla Francia. Tuttavia nelle competizioni politiche della penisola il peso del ducato non poté più essere ignorato e crebbe con le guerre di successione (prima metà sec. XVIII), durante le quali i Savoia tentarono di annettersi tutta la Lombardia. Se le truppe imperiali e francesi corsero e devastarono lo Stato, se a volte fu quasi completamente perduto per i Savoia, il prestigio e il territorio ne uscirono ingranditi. I duchi, seguendo la consueta politica di equilibrio, oltre a riprendere Pinerolo alla Francia (1693), ottennero il Monferrato e la corona reale di Sicilia (Trattato di Utrecht, 1713), cambiata poi con quella di Sardegna (Trattato di Londra, 1718), inoltre Novara, Tortona (Pace di Vienna, 1738), Voghera, Vigevano e l'alto Novarese (Pace di Aquisgrana, 1748), spostando il confine al Ticino e formando uno dei più forti Stati italiani anche per le istituzioni, rinnovate da Vittorio Amedeo II (m. 1732) che mirò a dare impulso alle strutture economico-finanziarie, ponendo alla base l'efficienza del catasto e dell'amministrazione. La Francia ritornò all'attacco con le guerre della Rivoluzione. La Savoia fu occupata dall'esercito del generale Montesquiou (1792), il Piemonte da quello del generale Bonaparte (1796) e inclusi, l'uno e l'altra, nei confini francesi. Il Congresso di Vienna (1815) ricostituì il regno con l'aggiunta della Liguria, richiamando sul trono i Savoia. Nel 1860 i territori transalpini e Nizza furono ceduti alla Francia in cambio dell'aiuto di Napoleone III durante la seconda guerra d'indipendenza, mentre il Piemonte e la Liguria entrarono a far parte del Regno d'Italia.