L'Oriente bizantino
Giustiniano
Nel 527 a Giustino succedette il nipote Giustiniano. Egli ebbe tra i suoi collaboratori più influenti i generali Belisario e Narsete e la moglie Teodora. I primi furono determinanti per la politica di “riconquista”, la seconda in alcuni affari di politica interna (nel 532 spinse il marito, che già aveva pensato alla fuga, a reprimere con un sanguinoso massacro la rivolta della popolazione di Costantinopoli pressata dalle imposte fiscali). Giustiniano ebbe l'ambizione di ricostituire l'Impero romano nella sua integrità politica e spirituale: proclamandosi “legge vivente e rappresentante di Dio in terra”, riportò in auge il modello orientale di integrazione fra le due sfere religiosa e politica. Nel contempo, fermati i Persiani a Oriente (“pace perpetua” del 532) e repressa la rivolta a Costantinopoli nel 532, poté rivolgersi a Occidente per ripristinare l'unità dell'Impero spezzata dalle invasioni barbariche.
Le guerre di riconquista. Belisario rovesciò in breve tempo (533-534) il Regno dei Vandali in Africa. Si accinse poi alla guerra in Italia contro i Goti (535-553), lotta complicata dalle contemporanee incursioni degli Unni da Oriente e dal rinfocolarsi del conflitto (540-545) con i Persiani (la guerra così estesa fu detta greco-gotica). L'esercito bizantino guidato da Belisario entrò prima a Napoli, occupò Roma nel 536 e nel 540 Ravenna; la conquista dell'Italia sembrava compiuta e Belisario fu richiamato in Oriente. Una potente azione del re ostrogoto Totila portò gli Ostrogoti alla riconquista dell'Italia centrale, di Roma e di Napoli, ma ebbe breve durata: il generale Narsete, con una grande armata comprendente anche gruppi di Longobardi, vinse definitivamente nelle decisive battaglie di Tadino (Umbria) e del Monte Lattaro (Napoli). Nel 553 la riconquista dell'Italia era terminata. Nel 559 un'invasione bulgara arrivò alle porte di Costantinopoli, salvata da Belisario e dall'alleanza di Giustiniano con gli Avari (popolazione nomade di stirpe mongolica), mentre una nuova pace con i Persiani (562) stabilizzò la situazione dell'Impero a Oriente.
Le riforme giuridiche e amministrative. Di grande portata fu l'opera di sistemazione e rielaborazione della giurisprudenza romana, condotta da una commissione di giureconsulti coordinata da Triboniano a partire dal 528, che portò all'edizione del Corpus Iuris Civilis, per secoli punto di riferimento della scienza giuridica. Le riforme amministrative, ispirate da Giovanni di Cappadocia (prefetto del pretorio dal 531 al 541) mirarono alla moralizzazione della vita pubblica, al rafforzamento dei governi delle province e alla certezza del gettito fiscale, all'origine di un sistema tributario sempre più opprimente che suscitò un lungo elenco di rivolte interne.
La politica religiosa. Erede della tradizione cesaropapista degli imperatori orientali, in un primo tempo Giustiniano si inserì nelle vicende della Chiesa combattendo le eresie monofisita e ariana così come il paganesimo (chiusura della scuola filosofica di Atene nel 529) e il Giudaismo (abbattimento delle sinagoghe). Di fronte all'ampio seguito di monofisiti in Siria ed Egitto, cercò di forzare papa Vigilio a un compromesso, rigettando la formula dell'ortodossia del Concilio di Nicea (convocato da Costantino nel 325, in cui venne condannata l'eresia ariana ed elaborata la professione di fede ortodossa, detta “simbolo niceno”, il Credo tuttora in uso) che fu però riconfermata nel 553 dal Concilio di Costantinopoli. Con la Prammatica sanzione (554), emessa su istanza di papa Vigilio, concesse ai vescovi il protettorato sul popolo, la giurisdizione civile ordinaria sul clero e la vigilanza sui magistrati.