La scienza dell'educazione nel Novecento
Nel Novecento la pedagogia si configura definitivamente come scienza dell'educazione. I grandi conflitti sociali e politici del secolo si riflettono sulle concezioni dell'educazione. Fascismo e nazismo, identificano l'educazione nella formazione del cittadino-soldato, convinto della superiorità della nazione e della razza. Il marxismo sottolinea il legame tra scuola e mondo del lavoro e produce una pedagogia fondata sul valore del collettivo e dell'impegno politico. Sul versante democratico, Dewey formula una pedagogia progressista basata sull'identificazione di conoscere e agire con un metodo strutturato per “progetti”; Neill e la scuola di Summerhill formulano pedagogie dello sviluppo spontaneo del bambino, che deve autoregolarsi. La pedagogia umanistica di Hessen sottolinea il ruolo dei valori e della capacità del bambino di passare dall'anomia all'autonomia. Il rapporto interdisciplinare con la psicologia è alla base delle concezioni pedagogiche di Maria Montessori (nella cui Casa dei Bambini, vero laboratorio di psicologia infantile, il bambino si confronta con l'apprendimento strutturato dalla prima età) e di Jean Piaget (che sulla base dello studio degli stadi di sviluppo mentale del bambino propone una pedagogia che punta sullo “sforzo” del bambino per acquisire forme di pensiero complesse). Alle soglie del Duemila Bruner vede il bambino come socialmente competente, capace di elaborare strategie volte a organizzare il reale e il conosciuto.