L'umanesimo pedagogico in Europa
Data la molteplicità di espressioni dell'umanesimo europeo, ci limiteremo a presentare il pensiero pedagogico che si evince dal pensiero e dalle opere di alcune personalità di eccezione. Un tratto comune al pensiero umanistico in Europa rispetto a quello italiano è comunque il maggior accento dato agli aspetti religiosi e morali piuttosto che a quelli puramente letterari e filologici. Insieme ai classici greci e latini, il testo di riferimento è la Bibbia.
Senza dubbio una delle più importanti figure dell'umanesimo europeo è Erasmo da Rotterdam (1467-1526). Le sue esperienze cosmopolite (visse e lavorò in Inghilterra, in Francia e in Italia) furono espressione concreta, in un'epoca di accesi nazionalismi e guerre religiose, dell'aspirazione alla creazione di una cultura universale tramite la sintesi delle lettere classiche e di un rinnovato cristianesimo. Dal punto di vista degli ideali educativi, Erasmo ritiene, come tutti gli umanisti, che le lettere classiche siano lo strumento più valido nella formazione dell'uomo, ma nelle sue opere (in primo luogo l'Elogio della follia e il De ratione studii) smaschera e mette in guardia dagli atteggiamenti più accademici, aridi e pedanti di un approccio ai classici puramente linguistico e grammaticale, tipici di un umanesimo ormai in declino. Lo studio, che avviene sia sui testi classici sia sui tesi sacri, deve mirare in primo luogo all'educazione morale, privilegiando quindi autori scelti sì in base a modelli di stile, ma anche e soprattutto per i contenuti di humanitas e per i valori cristiani. Inoltre l'educazione etico-religiosa auspicata da Erasmo non è proiettata su un piano di pura individualità e interiorità, ma è volta a una dimensione sociale e deve mirare, in ultimo, alla creazione di una comune civiltà europea attraverso l'universalità di una lingua (il latino) e di un'etica (cristiana).
In Francia, invece, l'umanesimo tardò a diffondersi in quanto il sistema culturale rimase a lungo sotto l'influsso dell'Università di Parigi, che era a sua volta legata a ideologie culturali e educative proprie del periodo medievale.
Bisognerà aspettare la fine del Quattrocento per vedere l'inizio del movimento umanista, nella figura di Guillaume Budé (1468-1540), che nel 1530 fonderà il Collegio di Francia, sul cui modello nasceranno i nuovi collegi umanistici. Il piano studi di questi collegi comprendeva materie quali il latino, il greco, l'ebraico e la matematica e la metodologia didattica, in accordo con l'impostazione culturale dell'umanesimo francese, era caratterizzata da un forte spirito critico e dal tentativo di ricercare sempre il rapporto tra quanto si studia e la realtà. Un altro contributo verso la definizione e lo sviluppo dell'umanesimo francese è data dall'opera di François Rabelais (1495-1533) che presentò la sua visone della cultura e dell'educazione sotto la forma del romanzo satirico-pedagogico Gargantua e Pantagruel. Attraverso la satira l'autore si propone di colpire la vuotezza e la futilità della cultura medievale proponendo invece l'idea di una cultura enciclopedica, che si basi non unicamente sullo studio dei testi ma che poggi anche sull'esperienza diretta e quindi sullo studio e l'osservazione diretta dell'uomo e della natura. In questo interesse naturalistico sta il grande merito di Rabelais, che però non esclude dalla sua pedagogia il tema religioso continuando ad associare in maniera forte la sapienza al servizio di Dio.
Ancora più innovativa e decisamente moderna, staccandosi dal concetto che pur permaneva in Rabelais di erudizione come base del sapere, la posizione di Michel de Montaigne (1535-1592). Per lui, infatti, l'erudizione ha come unico fine l'apprendere quanto altri hanno precedentemente detto o pensato, ma non insegna a utilizzare il proprio intelletto. Montaigne, che con questa sua nuova prospettiva si faceva promotore di una cultura più problematizzata, sottolineava anche l'inutilità di andare a individuare un metodo principe per l'insegnamento, cosa resa del tutto inutile dalle forti differenze intellettuali e personali dei diversi studenti. Di conseguenza egli idealizza la lezione come occasione per acquisire non solo nozioni, ma per mettere alla prova il proprio giudizio. Per Montaigne – che si contrappone così a quello che era tradizionalmente il curriculum umanistico, fondato sullo studio dei testi più vari e disparati – il sapere nasce più facilmente dai viaggi che dai libri, tanto che giungerà ad augurarsi di avere il mondo come libro di scuola.