L'idea pedagogica nell'umanesimo italiano
È difficile tracciare un quadro generale e complessivo dell'idea pedagogica affermatasi in età umanistica e centrata sulla riscoperta dell'individualità e della creatività personale, che è un tratto culturale distintivo di questo periodo. Occorre parlare di una pluralità di voci e di modelli, che nel loro insieme rendono conto della ricchezza del movimento culturale di cui sono espressione.
Coluccio Salutati (1331-1406) è considerato il fondatore del movimento umanistico in Italia. L'importanza storica della sua opera risiede soprattutto nel contributo all'affermazione della cultura classica, anche se con giustificazioni per molti versi ancora tipiche del pensiero medievale. Salutati ritenne, infatti, che lo studio delle humanae litterae sia fondamentale nell'educazione di una persona da un lato perché utile alla comprensione delle Sacre Scritture, dall'altro, e qui con un pensiero più prettamente umanistico, perché vedeva una forte continuità tra i valori morali cristiani e classici (virtus latina e paideia greca).
L'opera che si può considerare il primo trattato organico di educazione in età umanistica e il De ingenius et liberalibus studiis adulescentiae di Pier Paolo Vergerio (1370-1444). In essa sono descritte le caratteristiche fondamentali della formazione del principe, sotto i due aspetti dell'uomo di governo e del guerriero. Nella formazione del principe sono fondamentali gli studi liberali, intesi nel senso degli studi che si convengono a un uomo libero, tramite i quali si coltivano la virtù e la sapienza e si raggiungono gloria e onore. Gli studi liberali non hanno più valore solo in funzione dell'educazione religiosa, bensì hanno un valore formativo intrinseco, nell'ambito di un'educazione sempre più incentrata sull'uomo. Tramite essi l'uomo di governo deve sviluppare una propria autonomia di giudizio all'interno della corte ed essere sempre disponibile all'ascolto della verità. Accanto all'educazione liberale il principe è chiamato altresì a una severa educazione fisica, secondo l'esempio di Sparta, per prepararsi ai disagi della vita militare e abituarsi al disprezzo delle difficoltà. Vergerio, oltre a fissare il curriculum degli studi, in cui alla filosofia, alla storia e alla retorica si accostano la geometria, l'astronomia e il diritto, tratta anche problemi psico-didattici, raccomandando il rispetto dell'indole e del temperamento dei singoli alunni e insistendo sul criterio della gradualità nell'insegnamento delle varie discipline, due idee comuni a tutti gli umanisti.
Con Maffeo Vegio (1406-1448) vengono riprese le idee di Salutati, ma in un contesto più prettamente umanistico. Egli considera come soggetto educativo privilegiato non più il cristiano dotto come Salutati, o il principe come Vergerio, bensì il cittadino. La sua idea educativa mira alla formazione di un uomo con l'apporto equilibrato di elementi umanistici (ricavati da Cicerone, Virgilio, Orazio, Platone) e cristiani (fondamentale la lezione di sant'Agostino, che si nota soprattutto in una spinta più verso l'interiorità che verso l'attività esterna). Il perno dell'educazione è per Vegio la verecondia, concetto dai vari risvolti, ma che essenzialmente vuol dire compostezza, autocontrollo interiore e legge morale di rispetto verso se stessi e gli altri. Anche Vegio non si occupa solo del curriculum degli studi, ma affronta problemi di metodo. In particolare si discosta da Vergerio nell'affermare che, proprio in virtù del rispetto delle attitudini dei singoli soggetti, devono essere consentiti e incoraggiati non solo gli studi liberali ma anche l'avviamento al mondo degli affari (attività commerciale, agricola, ecc.). Altro tratto distintivo dell'ideale formativo di Vegio è il favorire l'educazione pubblica rispetto a quella privata ai fini di una migliore e più solida formazione sociale.
Ideali già tipicamente rinascimentali si trovano nel pensiero di Leon Battista Alberti (1404-1472). Nel proemio del suo trattato in volgare Della famiglia appare la figura di un uomo nuovo, che confidando nella propria “virtù”, nel proprio lavoro e nella propria creatività riesce a essere completamente artefice del proprio destino. Dal punto di vista pedagogico Alberti dà molto valore al lavoro, all'attività e all'esercizio, sia in ambito individuale sia in ambito sociale. La sede privilegiata in cui attuare il processo educativo è, secondo Alberti, la famiglia, non solo in forza del modello educativo del padre di famiglia ma degli aspetti complessivi della vita in comune. I suggerimenti didattici di Alberti non si discostano da quelli tipici del suo tempo sopra accennati; in più egli sottolinea con forza l'importanza di una formazione equilibrata in cui l'esercizio fisico è accostato allo studio intellettuale, nell'ottica, tipicamente rinascimentale, di uno sviluppo integrale della personalità.
Gli ideali pedagogici umanistici, oltre alle enunciazioni teoriche, trovano espressione concreta in alcune scuole, tra le quali sono esemplari quella di Guarino Veronese (1374-1460) e quella di Vittorino da Feltre (1378-1447). Anche se in entrambe la base educativa è costituita dallo studio dei classici greci e latini, la scuola di Guarino è orientata professionalmente alla formazione di insegnanti e ecclesiastici, e quindi più incentrata su uno studio filologico, mentre quella di Vittorino ha intenti formativi più ampi e da essa usciranno, infatti, uomini di stato e d'arme, magistrati e teologi.
A Guarino si deve l'aver approntato un piano di studi articolato in più corsi e un metodo di studio che servirà anche nei secoli successivi da modello negli studi classici. La sua formazione insiste certamente molto sugli aspetti filologici, ma è anche attenta al pensiero e ai valori morali espressi da ciascun autore.
La scuola di Vittorino promuove una formazione più ad ampio spettro, con una forte impronta morale come tratto di fondo. Da questa scuola sono usciti insigni personaggi dell'epoca, come i due figli del marchese Gian Francesco Gonzaga, che si segnaleranno per le doti di rettitudine e buongoverno, Federico da Montefeltro, che trasformò Urbino in una delle città più splendide del periodo, Cecilia Gonzaga e Barbara da Brandeburgo. Anche in questo caso il fondamento dell'educazione è fornito dallo studio degli autori classici, ma, a differenza che nella scuola di Guarino, vengono accentuati i momenti etico-religiosi, si recuperano le arti del trivio e del quadrivio e si allargano le attività educative per comprendere anche l'educazione fisica e il gioco.