Letteratura e politica
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Prima e dopo i conflitti ideologici: la prosa di Christa Wolf
Cittadina della Germania comunista, nel 1945 la narratrice Christa Wolf (Landsberg/Warthe, oggi Gorzów Wielkopolski, 1929) sfollò con la famiglia a Gemmelin nel Meclemburgo, ove s'iscrisse al partito comunista (1949). Studiò quindi germanistica a Jena e Lipsia, laureandosi con una tesi su H. Fallada (1953). Il romanzo che la rese celebre, Il cielo diviso (Der geteilte Himmel, 1963), racconta, non senza qualche eccesso sentimentale, la storia di un amore segnato dall'esistenza del Muro di Berlino. L'opera suscitò vivaci discussioni nella Germania Est, così come la successiva, Riflessioni su Christa T. (Nachdenken über Christa T., 1968), imperniata sulla vicenda di una donna malata di leucemia. Seguì il lavoro forse più impegnativo della Wolf, Trama d'infanzia (Kindheitsmuster, 1975), narrazione tecnicamente complicata, con avanzamenti e regressioni temporali, prevalentemente incentrata su un'infanzia trascorsa fra il nazismo e la guerra. Seguirono: Nessun luogo. Da nessuna parte (Kein Ort. Nirgends, 1979), immaginario colloquio tra H. von Kleist e K. Günderode, due grandi suicidi della letteratura tedesca; Kassandra (1983), in forma di monologo poetico-politico sulla veggente figlia di Priamo, simbolo del destino delle donne in un mondo governato dagli uomini, e dunque quale figura per interrogare la storia umana da una prospettiva femminista; infine Quel che resta (Was bleibt, 1990), prima opera della scrittrice dopo la caduta del comunismo, che suscitò un aspro dibattito sulla funzione dello scrittore nei regimi totalitari.