Letteratura e nazionalsocialismo
Nazionalsocialismo e razzismo
Il nazionalsocialismo, o detto in forma abbreviata, il nazismo, fu il movimento politico tedesco fondato da A. Hitler nel 1920 e organizzato nel Partito Nazionalsocialista dei Lavoratori tedeschi. Il programma di questo partito faceva perno su un radicalismo populista e sull'antisemitismo. Soppresso dopo il fallito Putsch di Monaco (8-9.XI.1923), venne rifondato nel 1925 da Hitler stesso, una volta uscito dal carcere dove era stato arrestato con gli altri capi nazisti. Negli anni successivi il Partito Nazionalsocialista percorse la strada della legalità, sviluppandosi lentamente al di fuori della Baviera fino alla grande depressione economica seguita alla crisi del 1929, che permise al nazionalsocialismo di incrementare notevolmente la sua presa sull'opinione pubblica. Contemporaneamente, però, Hitler rafforzava le sue strutture paramilitari creando le SS. Vinte le elezioni del 1932, conquistato il potere (1933) come unico partito, creata la terribile polizia politica della Gestapo, Hitler realizzò l'identificazione della Germania con il nazionalsocialismo. Il nucleo centrale dell'ideologia nazista era la tesi della superiorità della razza ariana, che avrebbe dovuto dominare il mondo, asservendo gli appartenenti ad altre razze. Basato sugli scritti di autori quali H.S. Chamberlain, A. Rosenberg, G. Feder, il razzismo si tradusse in leggi che riducevano i diritti civili e avviavano la persecuzione degli ebrei, fino al loro sterminio durante la II guerra mondiale. Particolare attenzione fu riservata all'indottrinamento dei giovani, realizzato mediante la “Gioventù Hitleriana”. Anche la cultura fu asservita al potere e moltissimi intellettuali e scienziati, perché ebrei o perché non in linea con le direttive del partito, dovettero abbandonare la Germania per mettere in salvo la vita.