Approfondimenti
- Due sonetti di Gryphius
Due sonetti di Gryphius
Tutto è vanità
Ovunque ti volga, vedi nel mondo soltanto vanità!
Quanto uno oggi innalza, l'altro doman discalza:
laddove città sorgono si stenderà un gran prato
su cui un giovane pastore col gregge si diletta.
Quello che oggi è in fiore, presto sarà sciupato;
quello che è forte e fiero, sarà cenere ed ossa.
Nulla dura in eterno, né ferro né granito.
A fortuna che arride seguono tonanti lamenti.
La fama d'alte gesta è un sogno destinato a svanire.
Ed opporsi non deve un fragile mortale alla ruota del tempo.
Ahi, qual è mai la cosa che stimiamo preziosa.
Se non un vuoto nulla, ombre, polvere, vento;
se non un fior di campo che puoi scorgere a stento.
Eppur sull'Eterno nessun sa meditare.
A Eugenia
Perché ti meraviglia, o rosa delle vergini,
questo gioco del tempo, la rosa tra le dita,
che d'ogni rosa è sfida, se d'incanto svanisce?
Questa è la vita, Eugenia, così tutto perisce.
Or ben presto la Morte mieterà questo corpo;
i tuoi occhi, la gola, la fronte, questo seno, questo pegno
d'amore non certo in sabbia pura troverai sepoltura
e chi adesso ti onora con amore avrà di te paura.
Il sospirare è vano! ché non v'è nulla al mondo
che mantenga immutati e sostanza e colore;
fin dal concepimento siam votati al declino.
Cosa c'è di più bello del fiore della rosa?
Eppure quand'è ancora profumata, sfiorisce e discolora;
al pari noi dal nascere andiamo verso il Nulla.
Da: Andreas Gryphius, Notte, lucente notte, a cura di Enrico De Angelis, Marsilio, Venezia 1993, pp. 43, 53.