Virgilio
Le Bucoliche
I Bucolica (sottinteso carmina, cioè canti di pastori) furono scritti tra il 42 e il 39 a.C., e rappresentano la prima opera sicuramente virgiliana. La datazione è confermata dai dati ricavabili dall'opera stessa. Sono 10 brevi componimenti o ecloghe (in greco "poesie scelte") in esametri, disposti secondo un criterio estetico e non cronologico, la maggior parte dei quali è in forma dialogica. Il termine bucolica, derivato dal greco, si richiama direttamente al modello alessandrino e precisamente agli idilli pastorali di Teocrito.
Arte e poesia delle Bucoliche
La maggior parte delle ecloghe è ambientata in Arcadia, la regione montuosa all'interno del Peloponneso, scelta da allora per secoli nella cultura occidentale come paesaggio emblematico della poesia pastorale, dell'amore, della pace, paesaggio senza tempo e senza storia, ai limiti dell'irreale. La lontananza (Teocrito aveva scelto la Sicilia a lui più familiare) consente al poeta di velare qualunque riferimento alla storia e alla cronaca, ogni notizia autobiografica, sino quasi a occultarli o renderli percepibili soltanto a pochi.
La I e la IX ecloga
Eppure, nel sapiente ordinamento che Virgilio scelse nel pubblicare l'opera, due ecloghe, la prima e l'ultima (la IX, se si consideri la X soltanto un "congedo"), non hanno niente a che vedere con l'Arcadia: vi si parla di Roma, Cremona, Mantova e del Mincio; i personaggi sono uomini altolocati oppure gli esuli espropriati del Mantovano; c'è chi, recatosi a Roma, ottiene "qualcosa" e chi non ha mai conosciuto le vie della capitale, ma soltanto quelle dell'esilio. Cammina per le strade del Mantovano chi deve portare il suo tributo di greggi al proprietario della terra che un tempo gli apparteneva e racconta di asprezze, soprusi, rischi mortali subiti. Compaiono inoltre i nomi di poeti romani contemporanei (Vario, Cinna), di importanti uomini politici (Alfeno Varo, colui che "gestì" le confische). Ma il residuo di Arcadia che in queste due ecloghe permane, ancorché molto tenue (i nomi greci dei personaggi, l'enfasi posta sull'attività pastorale, accenni all'amore e al canto), è decisivo e, grazie anche a sapienti ambiguità, a riferimenti solo accennati, impedisce ai moderni di ricostruire ad personam proprio gli eventi cui Virgilio si riferisce, le vicende che lo riguardarono. Sarebbe ingenuo e pericoloso utilizzare le due ecloghe come documenti storici; la sola realtà "biografica" che il poeta vuol fare intuire è la sua personale devozione verso uno iuvenis citato nella prima ecloga: l'unico iuvenis che potesse comportarsi come un divus e come tale essere ringraziato era Ottaviano.
Le altre ecloghe
L'ambiente dell'Arcadia torna a essere lo sfondo in cui si muovono i protagonisti della II, III, VII e VIII ecloga: queste, tranne la II, hanno in comune il tema della gara poetica. Nella VIII ha forte rilievo il tema del mare, un tema "perturbante" in Arcadia e non casualmente collegato alla volontà di suicidio di uno dei due personaggi. Enigmatica e grandiosa, intonata su note profetiche, è l'ecloga IV, che con l'annuncio di un "fanciullo prodigioso" (inteso poi come Cristo dagli autori cristiani) contribuì per secoli all'immagine di un Virgilio "cristiano". La III ecloga è dotta e anch'essa enigmatica in alcune parti: Sileno, ambigua divinità boschereccia, intona un carme cosmogonico seguito dalla rievocazione, apparentemente confusa, di miti primordiali, fra cui quelli di Deucalione, di Prometeo, di Pasifae e del suo folle amore, dell'età dell'oro. In posizione centrale, la V ecloga è un lamento a due voci (non in gara, ma in rispettosa solidarietà reciproca) sulla morte violenta di Dafni, il personaggio simbolo d'Arcadia. In questo caso non è forse arbitrario identificarlo con Giulio Cesare e la sua morte violenta.
Grandezza delle Bucoliche
La grandezza dell'opera risiede nell'intensa partecipazione di Virgilio alla propria materia. Egli esalta la serenità e la pace della vita bucolica, il senso profondo dell'amicizia, che però si scontrano con la realtà amara della vita e con l'amore inteso come passione sconvolgente. Da questo confronto scaturisce un senso di angoscia per l'infelicità degli uomini, di cui i personaggi sono simboli. Unico conforto all'infelicità è entrare nel mondo della poesia, che è piacere e serenità.
Per tutto questo le Bucoliche sono un'opera originale, che è lontana dai modelli di riferimento, pur avendo ben presenti sia Teocrito, in particolare, sia Lucrezio sia i poeti neòteroi, in quanto poesia dotta e raffinata. Virgilio usa un linguaggio semplice ma nello stesso tempo elegante, evita i termini ricercati; la costruzione sintattica procede con periodi brevi e paratattici: complessivamente ottiene un effetto di coerenza e di unità stilistica.