Orazio
Le Satire
Iniziate come gli Epodi in un momento di preoccupazioni finanziarie e di amarezza in seguito alla caduta degli ideali repubblicani a Filippi (42), le Satire (Saturae) furono composte tra il 41 e il 30 ca. Sono poesie di carattere satirico in esametri, ripartite in due libri, rispettivamente di 10 e di 8 componimenti. Il primo, dedicato a Mecenate, fu pubblicato tra il 35 e il 33, il secondo nel 30, insieme con gli Epodi.
La poesia delle Satire
L'autore stesso definì Sermones (discorsi) le sue Satire, quasi a sottolinearne l'andamento discorsivo e apparentemente dimesso. Definì anche pedestris (senza slancio) la propria ispirazione poetica e giunse al punto di negare al genere satirico la dignità di vera poesia, mentre invece i latini lo sentirono come proprio genere originale. Rivendicò però l'importanza del suo predecessore Lucilio, al quale attribuì l'invenzione del genere, di cui si sentì erede: da lui apprese l'aggressività dei toni e, soprattutto, l'intervento essenziale dell'esperienza personale, della testimonianza autobiografica, ma non nascose pure quanto c'era da eliminare e da limare nelle opere di Lucilio. La dichiarata modestia delle intenzioni del poeta è consapevolmente smentita dalla grande abilità stilistica con cui usa il verso esametro, che Orazio sa modulare con arte squisita, piegandolo a tutti gli effetti desiderati, passando dal tono colloquiale, a quello comico, a quello polemico.
I temiGli argomenti sono tratti dall'osservazione della vita quotidiana, nella quale si stigmatizzano i comportamenti, i vizi e le manie degli uomini: appunti di viaggio, cene, incontri più o meno graditi. Non sono trattati con lo sfogo passionale deiGiambi, ma con un misurato equilibrio: infatti il tutto è filtrato sempre attraverso una riflessione morale, che si caratterizza non tanto per l'amarezza o il sarcasmo della denuncia quanto per l'indulgenza della condivisione o, al massimo, per il distacco di un'ironia sorridente. Molti spunti sono tratti dalla filosofia epicurea, altri dalla polemica stoico-cinica; talvolta il poeta si scaglia direttamente contro l'astratto rigorismo degli stoici; in ogni caso, i temi filosofici sono proposti con la semplice naturalezza di un accostamento in prima persona. Nella VI satira del primo libro, come nella corrispondente del secondo, l'autore parla direttamente di sé, della propria modesta origine, della propria educazione, dei rapporti con Mecenate: ne emerge, oltre che il ritratto cordiale e insieme pudico nell'uomo, il senso della sua moralità, fondata sui valori della misura e dell'autosufficienza, la greca autàrkeia, cioè l'autosufficienza interiore.