Orazio
Contenuto delle Satire
Satira I È dedicata a Mecenate e, prendendo lo spunto dell'incontentabilità di cui è causa l'avarizia, tratta del "giusto mezzo", seguendo il quale l'uomo dovrebbe accontentarsi della propria sorte.
Satira II Si combattono gli eccessi amorosi, specialmente l'adulterio, che sono fonte di tormenti e di rischi, e si consiglia di non avere avventure con le si donne sposate di classe elevata.
Satira III Poiché tutti hanno difetti, il poeta invita a essere indulgenti verso i peccati degli altri, non applicando il rigorismo stoico secondo il quale tutte le colpe sono ugualmente gravi.
Satira IV È una difesa del genere satirico, che Orazio mutua dai poeti greci Eupoli, Aristofane e Cratino e dal latino Lucilio, che però ritiene "fangoso" e poco attento al "lavoro di lima". Contiene interessanti notizie autobiografiche riguardanti l'educazione ricevuta dal padre.
Satira V È una vivace descrizione del viaggio, di 15 giorni, da Roma a Brindisi, fatto nel 37 con Virgilio per accompagnare Mecenate, inviato da Ottaviano a Taranto, per siglare un accordo con Antonio. Spassosi e impensati incidenti accadono durante le varie tappe. Il modello è la satira del viaggio da Roma in Sicilia di Lucilio.
Satira VI Orazio ringrazia Mecenate per l'amicizia accordatagli nonostante le sue umili origini, mettendo in risalto la propria disinteressata devozione verso il suo protettore. È quasi un'autobiografia e anche qui ricorda l'educazione morale ricevuta dal padre.
Satira VII È la descrizione brillante e comica dello scontro in tribunale (43), davanti al propretore d'Asia Marco Bruto, tra il romano Publio Rupilio Re e il greco Persio, ricco levantino di Clazomene. Forse Orazio aveva veramente assistito all'episodio.
Satira VIII La statuetta del dio Priapo racconta in prima persona come egli stesso abbia messo fine, con uno sconcio rumore, alle repellenti pratiche magiche sull'Esquilino di due fattucchiere, Canidia e Sagana, già ricordate dal poeta negli Epodi.
Satira IX In forma dialogica il poeta racconta come sia stato importunato, lungo la pubblica via, da un seccatore, che chiedeva con insistenza una raccomandazione presso Mecenate. Nello stesso tempo, loda l'illustre amico che sa ben distinguere negli uomini i veri pregi.
Satira X È una polemica letteraria contro coloro che esaltavano Lucilio a suo danno e un'esposizione delle idee del poeta riguardo all'arte poetica. Il poeta attenua il duro giudizio pronunciato in precedenza su Lucilio.
Libro secondo
Satira I Il poeta difende il genere satirico, rispondendo al giureconsulto Gaio Trebazio Besta, suo amico, che lo metteva in guardia contro i rischi, in sede giudiziaria, derivanti dalle sue satire.
Satira II Orazio, tramite Ofello, modesto possidente terriero di Venosa, condannando i bagordi, esalta la vita semplice della campagna e la tradizionale temperanza del popolo latino.
Satira III È la più lunga, 326 versi; Orazio finge di ricevere la visita di un certo Damasippo che, economicamente rovinato e pronto al suicidio, era stato salvato dallo stoico Stettino con una dissertazione sulla pazzia universale. Il poeta prende lo spunto dalla sentenza stoica che ogni vizio è pazzia e tutti sono pazzi tranne il sapiente.
Satira IV Dialogo tra il poeta e un certo Cazio, che descrive una serie di raffinate e complicate ricette di cucina, apprese da un esperto, forse Cazio Milziade, liberto e scrittore di arte culinaria, ricordato da Cicerone.
Satira V È rivolta contro i cacciatori di testamenti. Il poeta immagina un incontro agli Inferi tra Ulisse e l'ombra dell'indovino Tiresia, che consiglia all'eroe, per rifarsi dalla rovina dei suoi beni sperperati dai Proci, di farsi nominare erede da un vecchio ricco e senza figli, non badando a scrupoli morali.
Satira VI È divisa in tre parti: nella prima il poeta esprime a Mecenate la sua gioia per il dono della villa e descrive con vivacità i fastidi della vita cittadina; nella seconda esalta la tranquilla vita di campagna; nella terza narra la favola del topo di città e del topo di campagna.
Satira VII In un giorno delle feste Saturnali di dicembre, in cui veniva concessa libertà agli schiavi, Davo, servo di Orazio, fa la predica al suo padrone. Gli rimprovera tutte le contraddizioni della sua vita, servendosi di precetti appresi dal portiere del filosofo stoico Crispino.
Satira VIII Il poeta Fundanio descrive a Orazio una cena offerta da Nasidieno Rufo, un volgare arricchito. Fra i convitati ci sono, fra gli altri, il poeta Vario e lo stesso Mecenate. L'ospite pretende di essere un raffinato signore, mentre non manifesta che rozzezza e maleducazione.