Orazio
La vita
La biografia di Quinto Orazio Flacco (Venosa 65-Roma 8 a.C.) è ricostruibile dai numerosi riferimenti personali sparsi nella sua opera e da notizie ricavabili da una Vita tramandata insieme ai suoi testi e risalente probabilmente al De poetis di Svetonio.
Gli anni di formazione
Orazio nacque in una colonia militare romana al confine tra Puglia e Lucania, vicino al fiume Ofanto, da un liberto proprietario di un piccolo podere, esattore nella vendita alle aste pubbliche, incarico redditizio, anche se socialmente poco stimato. Trasferitosi a Roma, il padre volle che Orazio avesse un'accurata istruzione, come i giovani di famiglie aristocratiche. Studiò con il grammatico Lucio Orbilio Pupillo, da lui definito nelle satire plagosus (manesco), a causa della bacchetta usata sugli allievi distratti. In seguito, non si sa se prima o dopo il viaggio in Grecia, frequentò a Napoli il circolo epicureo di Filodemo e di Sirone. Come i giovani dell'aristocrazia romana si recò ad Atene per approfondire le sue conoscenze filosofiche e retoriche, frequentando le lezioni di maestri come l'accademico Teomnesto e il peripatetico Cratippo di Pergamo. Incominciò a scrivere i primi versi in lingua greca.
Portato dai suoi studi a ideali di libertà repubblicana, come tanti altri giovani romani, nel 44 si arruolò nell'esercito che Marco Giunio Bruto stava raccogliendo in Grecia e in Macedonia per affrontare i triumviri Ottaviano, Lepido e Antonio; col grado di tribunus militum comandò una legione, ma fu travolto con l'uccisore di Cesare nella battaglia di Filippi (42). Il fatto che, costretto alla fuga, avesse vilmente gettato lo scudo, è forse più che un dato storico un topos letterario, ripreso dai greci Archiloco e Alceo.
La confisca del podere
Dopo il ritorno in Italia nel 41, godette di un'amnistia, ma si vide confiscare il podere in Puglia per la distribuzione delle terre ai veterani. Costretto dalle precarie condizioni economiche, trovò allora per vivere un impiego come archivista addetto ai questori (scriba quaestorius), con l'incarico di compilare i registri della pubblica contabilità. Iniziò a scrivere le prime satire e i primi epodi, composizioni di carattere polemico che lo fecero apprezzare da poeti famosi come Virgilio e Vario con cui strinse amicizia; furono proprio loro che lo presentarono nel 38 a Mecenate.
Nel circolo di Mecenate
Il potente collaboratore di Augusto, dopo un breve periodo di attesa e di prova, accolse Orazio nel suo circolo; una profonda amicizia, fondata su una affinità spirituale li unì per tutta la vita; con lui condivise gusti letterari e occupazioni di ogni giorno, scherzi e malinconie. Nel 37 accompagnò con Virgilio il suo protettore in un viaggio a Brindisi, in seguito al quale fu stipulata un'effimera intesa tra Ottaviano e Antonio: il viaggio è descritto in una famosa satira. Da Mecenate il poeta ebbe in dono nel 33 una villa con un piccolo podere in Sabina, nella cui quiete spesso trovò rifugio, proteggendo la propria autonomia e le aspirazioni alla tranquillità, che lo indussero persino a rifiutare, pur con devota gratitudine, l'importante incarico di segretario personale offertogli da Augusto. Nel 17 Augusto gli conferì l'incarico di comporre l'inno a Diana e Apollo per i ludi saecolares di Roma (il Carmen saeculare). Nessun avvenimento degno di nota, a eccezione della pubblicazione delle sue varie raccolte poetiche, segnò il resto della sua vita, che si chiuse, come profeticamente aveva cantato il poeta stesso, il 27 novembre dell'8 a.C., due mesi dopo quella di Mecenate. Fu sepolto sull'Esquilino, vicino alla tomba del grande amico. Come Virgilio non si sposò e non ebbe figli; era "piccolo di statura, incanutito precocemente, abbronzato dal sole", scrisse di se stesso il poeta nella ventesima Epistola del I libro.