Tacito
Le opere minori
Nulla è giunto dei suoi discorsi da avvocato che, a detta di Plinio il Giovane, erano eccellenti; forse non furono mai pubblicati. È rimasto però uno scritto teorico sull'oratoria, che è da attribuire a Tacito, anche se tuttora resta qualche dubbio, il Dialogus de oratoribus (Dialogo sull'oratoria), che la tradizione manoscritta ha conservato insieme al De vita et moribus Iulii Agricolae (Vita e costumi di Giulio Agricola), pubblicato nel 98, e al pressoché contemporaneo De origine et situ Germanorum (Origine e sede dei Germani). Seguono le opere maggiori: le Historiae (Storie), scritte tra il 100 e il 110, e gli Annales (Annali), pubblicati dopo il 115 e, probabilmente, interrotti per la morte dell'autore.
Il Dialogus de oratoribus
Il Dialogo sull'oraroria, dedicato a Fabio Giusto, si riallaccia alla tradizione ciceroniana, soprattutto al De oratore. Tacito immagina di aver assistito da giovane (74-75) a una discussione in casa di Curiazio Materno, un avvocato che si era dato interamente alla poesia, tra lo stesso Materno, Marco Apicio e Giulio Secondo, avvocati famosi, e Vipstanio Messalla, uomo di profonda cultura e autore di memorie sulla guerra civile.
Tre sono gli argomenti trattati: se per un uomo di ingegno sia più degno dedicarsi all'oratoria o alla poesia; se l'eloquenza moderna sia pari a quella ciceroniana, giungendo alla conclusione che quest'ultima è superiore; quali siano le ragioni della decadenza dell'oratoria, è questa la parte più interessante. Tacito ne ravvisa le cause non già nel declino della scuola e, più in generale, della cultura e nell'incompetenza dei maestri, fatti che sicuramente si erano verificati, bensì nella cessazione della funzione primaria per cui l'eloquenza era nata, quella cioè di sostenere il dibattito delle idee e il libero confronto politico, venuto meno con la fine dell'età repubblicana e l'avvento del principato: "la pace interna ha distrutto l'eloquenza". La lucidità dell'analisi e la concezione stessa del principato, che sarà più tardi ripresa nelle grandi opere storiche, sono bene attribuibili a Tacito.
Lo stile richiama la concinnitas di Cicerone, se pur filtrata attraverso la lezione di Quintiliano ed è lontano dall'inconcinnitas "tacitiana"delle opere storiografiche. La maggioranza degli studiosi considera il Dialogus opera di Tacito giovane, momento in cui il neociceronianesimo era la tendenza in uso nelle scuole di retorica e che sarebbe stata pubblicata molto più tardi, dopo la morte di Domiziano; altri, con maggior ragione, sostengono che il dialogo sia stato composto dopo l'Agricola e la Germania e che l'impronta ciceroniana debba unicamente attribuirsi all'argomento retorico del trattato.
De vita et moribus Iulii Agricola
Di genere biografico, con elementi derivati dagli elogi funebri, è la Vita e costumi di Giulio Agricola, suocero di Tacito, pubblicata nel 98. L'opera, in 46 capitoli, è contemporaneamente un panegirico, una monografia storica di tipo sallustiano e un manifesto politico. La Vita tende a delineare la personalità del generale, sottolineandone l'alta umanità la dirittura morale, le doti di funzionario integerrimo e di valente soldato. Dopo aver parlato della sua gioventù e degli studi, Tacito descrive la carriera militare, la campagna militare in Britannia e il suo governatorato: le operazioni di guerra di Agricola offrono l'occasione per digressioni geografiche e etnografiche della regione, che si fondano su ricordi e appunti di Agricola stesso e sui Commentarii di Cesare. L'autore narra poi il ritorno del generale a Roma, il trionfo decretatogli dal Senato e la fredda accoglienza dell'imperatore, geloso della sua gloria, il ritiro a vita privata e la morte (93) per cause non chiare, secondo alcuni per mano di Domiziano. La biografia dell'illustre personaggio dimostra come fosse preferibile alla sterile rinuncia di molti oppositori del regime, giunti fino al suicidio, l'atteggiamento di chi, come appunto Agricola, seppe assolvere fino in fondo al proprio compito, pur sotto la tirannide di Domiziano, cui Tacito sembra imputare la morte del suocero: il dovere verso Roma è più importante dei propri sentimenti di opposizione al principe. Ampi discorsi mettono a fuoco i personaggi, come quelli di Calcago, il capo dei ribelli, e di Agricola, che danno vivacità alla narrazione; lo stile non è ancora del tutto quello di Tacito, si sentono forti echi ciceroniani, sallustiani e liviani.
De origine et situ Germanorum
Sull'origine e sede dei Germani, opera in 46 capitoli più comunemente nota come Germania, nasce da interessi geografico-etnografici. Le fonti di Tacito furono sia letterarie, come Plinio il Vecchio e Cesare, sia orali, come le informazioni raccolte da prigionieri, soldati e commercianti. Nella prima parte dell'opera si illustrano i confini della Germania, l'origine, i caratteri fisici e morali, le armi, il sistema politico e religioso, l'educazione dei giovani, i costumi, i mezzi di vita, le occupazioni quotidiane dei germani. La seconda parte passa in rassegna tribù per tribù, con notizie particolari per ognuna.
La Germania è l'unico esempio pervenuto di opera prettamente etnografica dell'antichità; tuttavia non si deve dimenticare che, proprio nel periodo della pubblicazione (98), Traiano, appena proclamato imperatore, si trovava nella Germania Superiore, intento a rafforzare le frontiere sul Reno. Tacito, mettendo in forte rilievo la forza ancora incorrotta delle popolazioni situate tra il Reno e il Danubio, così lontana dalla raffinatezza decadente della contemporanea società romana, ne sottolinea il pericolo per Roma, ricordando tutte le vittorie e le sconfitte romane: "tanto tempo ci vuole per vincere la Germania". La narrazione non risulta mai monotona per la varietà degli argomenti per l'efficacia descrittiva, per l'incisività dello stile a periodi brevi con un certo colorito poetico.