Denis Diderot
- Introduzione
- La vita
- Le opere maggiori
- Riepilogando
Le opere maggiori
Scrittore infaticabile, esuberante, impulsivo, autore originale e brillante di opere filosofiche, politiche, estetiche, teatrali, narrative, Diderot spaziò in un campo vastissimo di interessi e si cimentò con generi di scrittura assai diversi. "Sbriglio la mente a tutti i libertinaggi", scrisse, sintetizzando acutamente la propria natura intellettuale. Gli scritti filosofici costituiscono la parte più ampia della sua produzione. Vanno menzionati almeno la già citata Promenade du sceptique (La passeggiata dello scettico, 1747); la Lettre sur les sourds et les muets (Lettera sui sordi e muti, 1751); il Rêve de d'Alembert (Sogno di d'Alembert, 1769, postumo 1830), punto d'approdo del materialismo di Diderot, l'esito più radicale della sua riflessione filosofica; la Réfutation d'Helvétius (Confutazione di Helvétius, 1774). Importante il suo contributo teorico al teatro (Discours de la poésie dramatique, Discorso sulla poesia drammatica, 1758; Paradoxe sur le comédien, Paradosso sull'attore, 1773): rompendo con gli argomenti nobili della tragedia classica, Diderot ritiene che il teatro debba rappresentare la condizione reale degli uomini del suo tempo, e insieme presentare agli spettatori una morale naturale. Le sue uniche opere teatrali (i drammi borghesi Le fils naturel, Il figlio naturale, 1757 e Le père de famille, Il padre di famiglia, 1758) non sono però convincenti e sulla scena risultano lente e impacciate. Le sue opere narrative, tranne il già citato primo romanzo libertino, furono pubblicate postume, benché fossero in varia forma comparse, negli anni 1770-80, sulla "Correspondance littéraire": il racconto Ceci n'est pas un conte (Questo non è un racconto), i romanzi La religieuse (La monaca, 1796) e Jacques le fataliste et son maître (Jacques il fatalista e il suo padrone, 1796). Quanto al dialogo Le neveu de Rameau (Il nipote di Rameau, 1821), appare addirittura come traduzione della versione tedesca di Goethe del 1805; il manoscritto autografo venne ritrovato nel 1891. Diderot fu anche critico d'arte: le sue recensioni al Salon biennale del Louvre per la "Correspondance littéraire" (1759-81) furono molto apprezzate da Baudelaire. Anche la Corrispondenza è di grande interesse, biografico, letterario e storico, e in particolare le bellissime Lettere a Sophie Volland.
Il "Sogno di d'Alembert"
Opera filosofica tra le più significative di Diderot, il Sogno di d'Alembert è interessante anche da un punto di vista specificamente letterario. Innanzitutto, per l'originale forma dialogica: il "delirio" di Diderot si intreccia con le domande di Mademoiselle d'Espinasse e con le spiegazioni scientifiche di d'Alembert. La finzione del sogno, poi, consente all'autore di esprimere gli esiti più audaci e radicali della sua filosofia e al tempo stesso di mantenere una certa vaghezza, di sfuggire a una formulazione rigida e lineare. I temi dominanti sono la concezione materialista della realtà, pensata come incessante divenire, e la sensibilità: per l'uomo, essere precario ed effimero, tutto è incerto tranne il prodigio della propria vita, che coincide con la sensibilità. La vita è dunque sensibilità da cogliere e apprezzare pienamente.
"La monaca" e "Il nipote di Rameau"
Il critico Herbert Dieckmann ha sottolineato l'importanza del dialogo nel pensiero di Diderot, espressione di un bisogno quasi fisiologico di rivolgersi a un interlocutore, di trasformare ogni scritto in un colloquio con il lettore. Il dialogo di Diderot è molto diverso dal tradizionale dialogo filosofico, è la forma naturale della sua verve brillante e dialettica. Il romanzo La monaca è l'unica opera che conservi un impianto tradizionale; in uno stile medio, la storia di una fanciulla monacata per forza è occasione per un'impietosa satira dei conventi e delle storture provocate dalla religione. Il dialogo invece è la forma del Nipote di Rameau, una satira che contrappone frontalmente due personaggi: Io è il filosofo, povero ma convinto dell'onestà della sua battaglia; Lui è un intellettuale asservito, umiliato dal bisogno, ipocrita ma lucido, capace di una cinica autocoscienza che gli fa cogliere la corruzione della società e la propria ambiguità con acutezza insuperabile. Il confronto tra Io e Lui, in apparenza svagato e incoerente, si concatena in una struttura serrata. Il dialogo rapido, brillante, ricco di spunti di riflessione non procede verso una sintesi e si conclude senza né vinto né vincitore.
"Jacques il fatalista": primo romanzo moderno
Il procedimento adottato sistematicamente in Jacques il fatalista e il suo padrone è l'interruzione, che allontana la conclusione e frammenta continuamente azione e dialoghi. La narrazione si collega esplicitamente al romanzo La vita e le opinioni di Tristram Shandy dello scrittore inglese L. Sterne e si articola su quattro piani: il dialogo tra Jacques e il padrone, il racconto degli amori di Jacques, il dialogo del narratore con il lettore, i racconti inseriti nella narrazione principale. I temi intorno a cui ruota l'opera sono: il dibattito sul fatalismo, la dialettica servo-padrone e la parodia del genere romanzesco. L'andamento spezzato non consente di abbandonarsi all'illusione narrativa; l'intervento dell'autore smaschera i meccanismi della finzione e delude volutamente l'aspettativa. Romanzo della discontinuità e della pluralità, Jacques il fatalista riflette un universo in cui non esiste ordine, in cui gli eventi si succedono senza logica, senza alcuna finalità. In questo universo governato dal caso non può esserci una fine, una conclusione. La vicenda non si conclude, i conflitti non si compongono, il lungo dibattito su libertà e necessità non perviene ad alcuna sintesi. "Vedo, lettore, che questo ti indispettisce; ebbene, riprendi il racconto dove Jacques l'ha lasciato e continualo a tuo piacere".
Complessità e fortuna di Diderot
La personalità ricca e mutevole, protesa verso l'unità della ragione e della sensibilità, l'ingegno rapido e profondo fanno di Diderot una delle figure più complesse e affascinanti del suo tempo. Diderot è un autore difficile da seguire: la sua scrittura predilige la digressione e la sua opera può far pensare a una fioritura scomposta e disordinata. Non è così, ma questo equivoco ha in parte condizionato la critica, sovente a disagio di fronte a un autore inclassificabile. Schiacciato tra i due colossi Voltaire e Rousseau, Diderot è stato a lungo incompreso. E invece, proprio quel particolare disordine, quel pensiero perennemente in contraddizione con se stesso, pronto a seguire una nuova idea, una nuova argomentazione, costituiscono oggi il fascino di Diderot. Scrive il critico Giovanni Macchia, paragonando la sua scrittura a un tronco solido e fermo intorno a cui vi è un intrecciarsi delirante di rami: "Proprio quei rami, quelle digressioni ci avrebbero reso caro e inimitabile Diderot, il più moderno degli scrittori francesi del Settecento". La sua influenza è stata enorme sui suoi contemporanei e nei secoli seguenti: le sue teorie e opere teatrali hanno orientato il dramma borghese francese; la critica letteraria e d'arte gli devono molto; le sue idee filosofiche hanno annunciato il moderno materialismo; soprattutto egli ha avuto il grande e ardito merito di comprendere l'enorme importanza della scienza.