L'epoca di Francesco I
Clément Marot
Clément Marot (1496-1544), fu poeta leggero e scherzoso nelle epistole, vigoroso e pieno di humour nei componimenti satirici, lirico nelle opere religiose.
La vita
Nato a Cahors, erede dei rhétoriqueurs, traduttore di Virgilio e di Luciano di Samosata, dedicò una ballata al figlio di Francesco I (1518) per ottenere una pensione, ma il re la "regalò" alla sorella Margherita d'Angoulême. Cronista durante la guerra contro gli Asburgo, nel 1526, per aver mangiato del lardo durante la quaresima, venne imprigionato. Liberato, fu nominato valletto di camera del re e visse alcuni anni a corte godendo di grande prestigio. In esilio per la vicenda dei placards, oltre che alla corte di Navarra, presso Margherita, fu a Ferrara presso la duchessa Renata, nel 1536 tornò in Francia dove, con alterne vicende, riprese il ruolo di poeta di corte. Di nuovo costretto a fuggire per la pubblicazione del veemente poema satirico L'Enfer, riparò a Ginevra e poi a Torino dove morì.
Le opere
Sia nei componimenti satirici sulla prigionia, L'Enfer (L'Inferno, 1542), come in quelli per chiedere denaro, l'Epître au roi (Epistola al re, 1531), o in quelli patriottici, Adieux à la ville de Lyon (Addio alla città di Lione) e Dieu gard la court (Dio salvi la corte, 1537), la poesia di Marot nasce sempre da circostanze occasionali. Anche nelle poesie d'amore (Adolescence clémentine, Adolescenza clementina, 1532), ispirate alla lirica petrarchesca, egli manifestò una leggerezza e un garbo lontani da ogni passionalità, così da essere considerato il tipico esponente della misura rinascimentale. La sua poesia vuole essere satirica e ricreativa, conformandosi in pieno alle esigenze dell'umanesimo di corte. Il suo capolavoro rimane la traduzione dei Salmi (1543), poco gradita alla Chiesa. Fu anche l'iniziatore di un genere, il contreblason, in cui ironicamente e spesso impudicamente si esaltavano le singole parti del corpo femminile.