Le emergenze sociali
- Le emergenze sociali
- La lotta contro la povertà
- Il problema di genere
- Il divario generazionale
- Le migrazioni internazionali
- I diritti umani
- Riepilogando
Le migrazioni internazionali
Con l'espressione movimenti migratori, s'intende l'abbandono da parte di un singolo o di un gruppo del territorio d'origine per insediarsi in modo permanente o temporaneo in un altro territorio. Tali movimenti possono essere interni, avvenire, cioè, entro i confini di un dato paese (per esempio, l'emigrazione dal Sud al Nord Italia) o, internazionali, avvenire, cioè, da un paese a un altro paese (dall'Italia alla Germania o dalla Senegal all'Italia).Le migrazioni internazionali hanno raggiunto oggi dimensioni senza precedenti, a cui hanno contribuito, tra l'altro, lo sviluppo dei mass media e dei sistemi di trasporto.La maggior parte dei movimenti migratori, compresi quelli dei profughi, riguardano i paesi del Terzo Mondo, tanto in uscita, quanto in entrata, con l'aggravante che tali paesi dispongono di limitate risorse per far fronte a quest'evenienza.
A fine '900, secondo una stima delle Nazioni Unite, gli emigrati (persone cioè che vivevano in paesi diversi da quelli d'origine) erano oltre 120 milioni e i rifugiati riconosciuti dall'Alto Commissariato (ACNUR) in base alla Convenzione di Ginevra del 1951 erano 22 milioni.
- Le migrazioni per lavoro e il problema dell'accoglienza
Per lo stesso periodo, l'Organizzazione Internazionale del
Lavoro (ILO) calcolava che le migrazioni per lavoro
interessassero sui 16-20 milioni di persone in
Africa, 6-9 milioni in Asia, 20 milioni in Europa (escluse ex URSS ed ex
Iugoslavia), 15-17 milioni nel Nordamerica, 7-12 milioni nell'America centrale e
meridionale e 6-7 milioni nell'Asia occidentale.
Di fronte all'entità del fenomeno, l'ONU ha aperto alla firma
fin 1990 una Convenzione
internazionale sulla protezione
dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie.
Le cause delle
migrazioni internazionali sono molteplici. Nel rapporto finale della citata
Conferenza del Cairo sulla popolazione del 1994, l'ONU individua i seguenti
"fattori d'espulsione" (push
factors), che costringono, cioè, le persone a migrare: "squilibri economici
internazionali, povertà e degrado ambientale insieme all'assenza di pace e
sicurezza, violazioni di diritti umani e livelli diversi dello sviluppo di
istituzioni giudiziarie e democratiche".
Rientrano invece tra i "fattori
d'attrazione" (pull factors) tutti quegli elementi
economici, sociali e culturali che concorrono a fare prevedere delle opportunità
maggiori e/o una qualità della vita migliore per sé da parte di chi emigra. Nei
paesi avanzati un decisivo fattore d'attrazione è il bisogno di manodopera, anche se spesso questo comporta che gli immigrati debbano
svolgere lavori pesanti, mal retribuiti e con minor protezione sociale,
rischiando, in periodi di difficoltà economiche, di essere i primi lavoratori a
venir espulsi dal processo produttivo.
Le migrazioni internazionali rappresentano spesso
una risorsa
tanto per i paesi di destinazione (
forza lavoro
flessibile), quanto per quelli d'origine
(rimesse degli emigranti). Esse comportano, tuttavia, anche complessi
problemi d'integrazione
sociale da parte sia degli
immigrati, sia dei paesi ospiti (difficoltà d'adattamento culturale, fenomeni di
rigetto accompagnati da manifestazioni xenofobe o razziste), che inducono questi
ultimi a limitare l'ingresso di stranieri mediante severe misure amministrative.
Ciò determina, a propria volta, flussi di immigrati illegali, arginati soltanto con un aumento dei controlli di
polizia e un inasprimento della normativa in materia d'immigrazione.
In una prospettiva globale, non c'è dubbio che il problema potrà essere avviato a soluzione soltanto sul lungo periodo, da un lato riducendo progressivamente i "fattori d'espulsione", elencati sopra, nei paesi d'emigrazione; dall'altro, facilitando l'inserimento sociale degli immigrati nei paesi di destinazione con politiche ispirate ai principi dell' accoglienza e della multiculturalità. Intanto, per la teoria dei vasi comunicanti suggerita dal demografo francese Alfred Sauvy, l'accumulo di popolazione nei paesi più poveri non può che continuare a riversarsi all'esterno, sottoponendo a incessanti pressioni migratorie le aree cerniera tra Terzo Mondo e paesi industrializzati : il Centroamerica, il Sudest asiatico e il bacino del Mediterraneo.