Le emergenze sociali
I diritti umani
Per diritti umani s'intendono tutti quei diritti di cui in linea di principio è titolare ciascuna persona , come individuo, indipendentemente dall'ordinamento giuridico d'appartenenza e da qualsiasi fattore discriminante (cittadinanza, sesso, religione, condizione sociale ecc.). Essi vanno di là dai diritti del cittadino, in quanto sono universali; inoltre sono diritti indisponibili, non potendo la persona cederli o rinunciarvi.In sede internazionale, il riconoscimento di tali diritti si basa su tre documenti promossi dall'ONU: la Dichiarazione universale dei diritti umani (DUDU), del 1948, il Patto sui diritti civili e politici (col relativo Protocollo facoltativo, PDCP), e il Patto sui diritti economici, sociali e culturali (PDESC), ambedue questi ultimi aperti alla firma nel 1966 ed entrati in vigore nel 1976. Su scala regionale, documenti analoghi sono stati adottati Consiglio d'Europa, (Convenzione per la salvaguardia dei diritti umani, entrata in vigore nel 1953, e Carta sociale europea, entrata in vigore nel 1965), dall'OSA (Convenzioni interamericane sui diritti umani del 1969-78) e, anche se sulla base di principi parzialmente divergenti rispetto alla DUDU, dall'OUA (Carta africana dei diritti umani e dei popoli, 1981). Per comodità espositiva, solitamente i diritti umani vengono distinti in tre categorie o "generazioni" .
- I diritti di prima generazione: le libertà
La prima generazione
riguarda i diritti civili e politici, tradizionalmente detti anche "
libertà": possono essere libertà positive, ossia di fare qualcosa (per esempio le libertà di
pensiero, coscienza, religione, associazione, riunione, movimento, stampa); o
libertà
negative, ossia d'essere esenti
da qualcosa (non dover subire tortura, schiavitù, arresto arbitrario,
discriminazione). I diritti di prima generazione sono quelli che più facilmente
possono tradursi in forme di tutela giudiziaria, ma che hanno anche alle spalle
una lunga e ricca tradizione d'impegno morale e civile.
Così per la libertà religiosa
, nonostante il frazionamento del pianeta grandi aree confessionali (tab.
3.2.8) e il manifestarsi di forme d'integralismo, da tempo è stato avviato un
dialogo
interreligioso, all'insegna
della tolleranza e della comprensione reciproca, promosso tanto dalla chiesa
cattolica, quanto da quelle
protestanti.
Importante è anche l'impegno di alcune organizzazioni non
governative internazionali nella lotta contro la
schiavitù, che interessa zone dell'Africa subsahariana e del
Vicino e Medio Oriente (Anty Slavery International, sito Internet: www.antislavery.org), e contro
la tortura, la pena di morte
e altre violazioni
delle libertà fondamentali: oltre ad Amnesty International, citata nella prima parte, occorre menzionare
l'Osservatorio sui Diritti Umani (Human Rights Watch, sito Internet: www.hrw.org).
- I diritti di seconda generazione: i diritti di eguaglianza
La seconda generazione di diritti umani riguarda i diritti economici, sociali e culturali. Tale categoria riguarda forme di eguaglianza sostanziale rimaste perlopiù allo stato di principi politici (per esempio, il diritto al lavoro, alla sicurezza sociale, alla tutela sindacale, alle cure mediche, all'educazione, o, più in generale, alla formazione) e che richiedono un intervento attivo dello Stato per la loro attuazione.
- I diritti di terza generazione: i diritti dei popoli
I diritti di terza generazione, detti anche "emergenti", sono i diritti di solidarietà. Questi ultimi si differenziano da quelli delle due categorie precedenti sia perché hanno come soggetto attivo non individui, ma comunità, popoli, o addirittura l'intera umanità, sia perché sono difficilmente "azionabili" sul piano giuridico.Rientrano in questo gruppo il diritto alla pace, all' autodeterminazione, al godimento delle risorse della terra e dello spazio, a un ambiente sano ed equilibrato, allo sviluppo economico e sociale, all' aiuto umanitario in caso di disastri, ma anche i diritti di ben definite categorie sociali (donne, bambini, rifugiati) che richiedono particolari forme di tutela e che formano l'oggetto, come abbiamo visto, di specifiche convenzioni internazionaI diritti di terza generazione formano una categoria aperta e in rapida evoluzione, di cui indichiamo due ambiti di sviluppo.
Un primo ambito è quello delle popolazioni indigene (tab. 3.2.9), definite dalla Commissione per i diritti umani dell'ONU come quelle "comunità, popoli e nazioni... che, avendo una continuità storica con società precoloniali che si svilupparono sui loro territori, si considerano distinti dagli altri settori delle società che ora sono predominanti su quei territori, o su parte di essi".Le popolazioni indigene ammontano a circa 300 milioni di persone, pari al 5% della popolazione mondiale, ma rappresentano il 90% della diversità culturale del pianeta. La loro conservazione è tanto più importante quando si consideri che nelle previsioni dei linguisti, in conseguenza dell'appiattimento linguistico dovuto all'affermarsi delle cosiddette lingue imperiali (inglese, francese, spagnolo, portoghese, arabo, russo, cinese), cioè di quelle lingue che vengono parlate ampiamente fuori dai confini della madrepatria. Dei 6.000 idiomi oggi esistenti, solo 600 sono destinati a sopravvivere.
Il problema, sostenuto in sede internazionale da diverse organizzazioni tra cui l'UNPO (citata nella prima sezione) e Survival International (con sede a Londra, sito Internet: www.survival-international.org), è stato recepito da alcuni Stati, tra i quali il Canada e l'Australia, che hanno varato apposite legislazioni, il primo per l'autonomia degli inuit (eschimesi), la secondo per la restituzione delle terre tribali agli aborigeni. Dal 1978 opera a Ginevra un gruppo di lavoro permanente, uno dei cui obbiettivi è quello di elaborare una Dichiarazione dei diritti dei popoli indigeni.Il secondo ambito di sviluppo dei diritti umani riguarda la giurisdizione universale in materia di crimini contro l'umanità, che dovrebbe essere attribuita al Tribunale Penale Permanente richiesto dalla conferenza diplomatica di Roma del 1998, sul modello dei tribunali a hoc già istituiti per l'ex Iugoslavia e il Ruanda.
milioni di confessanti | percentuale | |
Cristiani | 1.994 | 32,0 |
Musulmani | 1.079 | 17,8 |
Ind� | 800 | 13,2 |
Buddhisti | 364 | 6,0 |
Atei | 273 | 4,5 |
Ebrei | 18 | 0,3 |
Altro | 1.533 | 25,3 |
Totale mondiale | 6.061 | 100,0 |
denominazione | dove vivono | quanti sono |
Pigmei | Africa equatoriale, tra Camerun, Gabon e il bacino del Congo | Tra il 1938 e il 1950 erano circa 100 000. Oggi "puri" sarebbero poche migliaia |
Boscimani | Deserto del Kalahari (Botswana), Africa del Sud-Ovest e Angola | Circa 55 000 |
Eschimesi (Inuit) | Alaska, Canada settentrionale, Groenlandia e Siberia orientale | Poco pi� di 50 000 |
Indios | America Centrale e Meridionale | I soli brasiliani erano circa 2 milioni all'arrivo dei bianchi e 500 000 alla fine dell'800. Oggi sono circa 100 000. In Venezuela sono 31 000; Guyana 32 000; Suriname 30 000; Guayana francese, varie migliaia; Ecuador 50 000; Per� 100 000; Bolivia 87 000; Paraguay 35 000; Argentina 25 000; Cile 100 000 |
Fuegini | Terra del Fuoco | Pochi meticci e qualche individuo Yamana |
Toda | Monti Nilgiri del Tamizhagam (India meridionale) | Erano 630 nel 1941; sono in leggero aumento |
Vedda | Regione orientale di Ceylon | Pochi individui |
Sakai o Senoi e altri gruppi veddidi | Malaysia occidentale, India, A Indonesia occidentale e Filippine | alcune migliaia |
Andamanesi | Isole Andamane (India) | Piccolo numero imprecisato |
Semangidi (S�mang o Mendi, Pangan, ecc.) | Malaysia continentale e Thailandia | Nel 1952 erano circa 2000; oggi sono presumibilmente meno |
Pigmidi asiatici (Negritos) e melanesiani | Filippine, arcipelago indonesiano, Nuova Guinea e Melanesi | Alcune decine di migliaia |
Aborigeni australiani | Australia | Erano circa 300 000 nel 1788. Oggi sono 40 000; in aumento i "sanguemisti" |
Ainu | Isola di Hokkaido (Giappone), isole e Sahalin meridionale | Circa 15 000; ma solo 300 Curili relativamente "puri" |