La Scuola di Marburgo
Differenziate da tendenze e ambiti d’indagine diversi, le due Scuole del neokantismo hanno in comune un’ispirazione di fondo data da questi elementi: l’idea della filosofia come teoria della conoscenza che giunge a negare valore alla metafisica; la distinzione fra logica e psicologia, come ambiti e come metodi; una ricerca delle condizioni di possibilità della scienza e anche delle strutture della coscienza.
Il primo centro di elaborazione e diffusione del neokantismo si consolidò presso l’università di Marburgo. La Scuola neokantiana marburghese si caratterizza fondamentalmente per l’indagine accurata delle condizioni logiche, gnoseologiche ed epistemologiche della riflessione filosofica. Secondo quest’orientamento filosofico, tali condizioni possono venire garantite distinguendo la sfera logica da quella psicologica: il problema della genesi del sapere non coincide con quello della giustificazione della sua validità. Privilegiando le scienze matematiche, Hermann Cohen (Coswig 1842 - Berlino 1918), il fondatore stesso della Scuola di Marburgo, intese realizzare un’epistemologia dei modi di esperienza (La teoria kantiana dell’esperienza, 1871). In polemica con il positivismo, Cohen riprendeva la teoria kantiana delle condizioni di possibilità del conoscere, affermando che la scientificità del sapere consiste nella validità logica a priori delle sue funzioni conoscitive. Paul Natorp (Düsseldorf 1854 - Marburgo 1924) considerò la filosofia determinata dal rinvenimento dei principi che rendono possibile la metodologia scientifica, la costituzione delle scienze e la conoscenza del reale (I fondamenti logici delle scienze esatte, 1910). Negli anni più maturi, Natorp estese maggiormente l’ambito della propria indagine, non concentrandosi più soltanto sulla questione della fondazione a priori di un sapere scientificamente valido e volgendosi a una più ampia considerazione dei prodotti oggettivi e delle esperienze dello spirito.
Fra i maggiori esponenti del neokantismo, o “neocriticismo”, marburghese va poi annoverato Ernst Cassirer (Breslavia 1874 - New York 1945). Interessato alla filosofia della cultura umana nella sua ricchezza, Cassirer non si applicò esclusivamente all’ambito gnoseologico ed epistemologico: a suo giudizio, l’analisi delle funzioni conoscitive doveva rivolgersi a tutte le produzioni dello spirito. Per Cassirer il sapere ruota intorno al concetto di funzione, che esprime mediante simboli i rapporti tra le cose e che più tardi si allarga alla considerazione delle forme simboliche che governano la vita dello spirito. La sua “critica della cultura” muove infatti dall’attività di rappresentazione simbolica – esplicata nelle funzioni: espressiva, intuitiva e significante – quale attività costituente fondamentalmente umana (Filosofia delle forme simboliche, 3 voll.: 1923, ’25, ’29). Attraverso l’attività raffigurativa e schematizzante della simbolicità, l’uomo si struttura come l’“animale simbolico” capace di sottrarsi alla sfera dell’animalità per elevarsi al mondo spirituale della cultura.